domenica 10 novembre 2019

"DEMIAN" di HERMANN HESSE: RECENSIONE


UN CLASSICO CHE NARRA L'INDISSOLUBILE LEGAME TRA EVOLUZIONE INDIVIDUALE E CATARSI UNIVERSALE NELLA SFERA DELL'INCONSCIO COLLETTIVO.


FOTO 1: Hermann Hesse (scrittore e poeta tedesco, 1877-1962)

TRAMA E CONSIDERAZIONI

Un'opera fra le più intense, coinvolgenti e sconvolgenti di HERMANN HESSE, pubblicata per la prima volta nel 1919 ; l'autore, già quarantenne, usò uno pseudonimo per non condizionare il giudizio dei lettori. Narra le vicende di EMIL SINCLAIR, un giovane nato in una famiglia agiata, a cui non mancava nulla, in un atmosfera accogliente, amorevole e tollerante, nel candore di un'adolescenza immacolata e tranquilla, "in piena luce", dove le ombre crudeli e sgradevoli della strada e del mondo esterno sembravano essere altrettanto distanti ed irraggiungibili.

Ma EMIL SINCLAIR, nonostante nutrisse un gran rispetto per quel mondo ovattato, intriso di religiosità e devozione, coltivava nel suo intimo un'inquietudine, nutrendo in sè stesso il desiderio di sperimentare, di discendere in quella dimensione violenta, minacciosa, oscura che sfiorava i confini della sua dimora. Nutriva in fondo al cuore un'irrequietezza che faceva trapelare la falsità e l'artificialità di quella realtà apparentemente luminosa che aveva fino ad allora conosciuto.

Tutta quella sicurezza, pulizia e rispettabilità era respingente nei confronti delle istanze più profonde del suo essere, assumeva quasi l'aspetto di un teatro in cui ognuno recitava la sua parte come un burattino privo di sentimenti. Anche lui voleva camminare nel fango, mettere alla prova la propria autenticità. Fu allora che, all'età di dieci anni, incontrò FRANZ KROMER, figlio di un sarto alcolizzato, che lo sottopose ad un terribile ricatto, approfittando di una piccola bugia raccontata da EMIL allo scopo di sembrare un duro ed essere accettato dal gruppo di monelli del quale desiderava far parte.

EMIL raccontò di essersi intrufolato una volta nel frutteto di un tizio del posto e di averne rubato le mele, per cui FRANZ KROMER minacciò di raccontare tutto alla polizia se da quel giorno non avesse ubbidito a tutti i suoi comandi, che spesso si rivelavano umilianti e assurdi. Trascorse molto tempo in queste condizioni, succube di un individuo molto più astuto e forte di lui, avvezzo alla spietatezza della strada, vivendo nel terrore che il mondo luminoso e rassicurante dei suoi cari gli crollasse d'improvviso sulle spalle. In suo aiuto venne un nuovo amico di scuola, MAX DEMIAN, un ragazzo dalla personalità enigmatica, proveniente da una famiglia ancor più enigmatica, che non seguiva le tradizioni vigenti e la cui fede religiosa rimaneva un mistero per tutti, come anche la vera identità dei suoi componenti.

FOTO 2: nell'immagine una scultura dell'artista Kazumasa Mizokami, intitolata "La lucciola".

DEMIAN intuì le preoccupazioni che gravavano sul cuore di EMIL SINCLAIR, come se i suoi pensieri fossero un libro aperto; con lui, durante il tragitto in compagnia, si dilungava in complesse dissertazioni sullo scopo dell'esistenza e sul significato del racconto biblico di CAINO, spiegando come quest'ultimo non fosse in realtà un reietto e un'invidioso, ma il simbolo dell'irrequietezza interiore dell'uomo che sceglie il proprio cammino indipendente, rinunciando a false sicurezze e convenzioni, accingendosi perciò alla discesa negli oscuri meandri dell'ignoto, dove si avvia il processo alchemico dell'evoluzione.

Il nome stesso di CAINO in ebraico significa "acquisizione", "QAYIN", e l'uccisione di ABELE dev'essere interpretata come una rappresentazione simbolica del superamento, da parte dell'uomo, della componente interiore legata ad una sterile immobilità. EMIL SINCLAIR ascoltava rapito i discorsi di DEMIAN, della cui correttezza però dubitava, alla luce di ciò che a lui era capitato dal momento in cui decise di uscire dal suo mondo ovattato, e la sua mente opponeva resistenza alle conclusioni filosofiche dell'amico. Un giorno, DEMIAN sollevò dall'angoscia EMIL SINCLAIR, mediante un confronto misterioso con FRANZ KROMER, in seguito al quale quest'ultimo girò per sempre al largo dalla sua vittima, rifiutandosi perfino di guardare dalla sua parte.

Infatti, tutti nutrivano una specie di atavico timore nei confronti di DEMIAN, del suo atteggiamento sicuro e pacato, del suo sguardo ipnotico e inquietante. EMIL fu per sempre grato all'amico per averlo liberato dai ricatti del suo aguzzino: la sua via ricominciò ad irradiarsi di luce, con i suoi genitori non doveva più escogitare sotterfugi per nascondere la sua vergogna, era libero. Ma non dall'ossessione che cresceva dentro di lui, dalla sensazione di sentirsi incompiuto, da una pulsione di annullamento, dal desiderio di andare oltre le formalità, oltre quella luce accecante che tutto appiattisce sotto di sè. 

All'età di sedici anni, EMIL si separa dai genitori e dal suo intimo amico MAX DEMIAN per proseguire gli studi in collegio, in un'altra città (come al solito non nominata). Sempre dominato da una concezione dualistica della realtà, EMIL riflette sulle parole e sui concetti esposti da DEMIAN nei suoi lunghi discorsi, sul racconto biblico di CAINO e sul fatto che quest'ultimo non fosse da interpretare superficialmente come "malvagio", ma seguendone una concezione più profonda accessibile a pochi. E della cerchia di questi pochi faceva parte DEMIAN, la cui famiglia apparteneva ad un antichissima congrega, la più antica del mondo, custode di primordiali conoscenze a guida occulta dei destini dell'umanità.

Infatti, egli possedeva facoltà e poteri psichici che la gente comune era in grado di intuire sentendosene intimorita. Una volta, DEMIAN fece notare ad EMIL che proprio la chiave di volta del portone della sua dimora (di Emil) era scolpita con uno strano stemma, pressochè irriconoscibile per quanto fosse antico e ridipinto molte volte nei secoli. EMIL affermò di non averlo mai notato: "Non ne so nulla...è un uccello o un che di simile; si dice che la casa una volta appartenesse a un convento"; DEMIAN continuò: "Guarda un po' bene, perchè spesso queste cose sono molto interessanti; secondo me dev'essere uno sparviero". Ed EMIL rimase molto impressionato da questa nuova scoperta, ci ripensò più e più volte al significato dell'immagine, cercando di definirla nella sua mente.

Dopo un anno di liceo trascorso in maniera riflessiva e solitaria, EMIL SINCLAIR decide di arrendersi al desiderio di sperimentare, di lasciarsi andare a ciò che giaceva in potenza nel fondo del suo essere. Conosciuto ALFONS, un frivolo compagno di studi, iniziò a frequentare locali notturni e taverne, fino a divenire quasi un alcolizzato, immergendosi in quelle torbide acque dalle quali avrebbe dovuto emergere purificato dalle ombre oscure della sua anima, da quel fascino latente che la dura realtà mondana esercitava da sempre su di lui. Fu così che anch'egli divenne un reietto, sotto la minaccia di essere cacciato dall'istituto scolastico, il fango si fece strada nella sua vita ed egli decise di lasciarsene irretire, fino a che la situazione divenne per lui intollerabile, e dal profondo un appello all'inversione di rotta si faceva sentire sempre più incalzante.

Così decise di riconquistare quell'essenza immacolata e nobile che da tempo aveva abbandonato e, siccome il suo carattere necessitava di un punto di riferimento ideale per i suoi sforzi, di qualcuno a cui dedicare la propria passione ed energia, "decise" di avere un'infatuazione per una studentessa di cui non conosceva nemmeno il nome, ma che vedeva ogni giorno e che banalmente chiamò con il nome dantesco di BEATRICE. Stabilì che la sua redenzione sarebbe stata dedicata a lei, che lei fosse il suo faro verso l'uscita dal tunnel, in virtù del suo aspetto elegante ed androgino, che faceva trapelare un'indole nobile e spirituale.

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Iniziò così a delineare il suo volto con degli schizzi che regolarmente, la sera distruggeva perchè non erano mai abbastanza somiglianti a ciò che lui aveva in mente, fino a farsene un'ossessione: fogli su fogli, ogni giorno, venivano disegnati e scartati, finchè, ad un certo punto, da quei tratti iniziò ad emergere un altro volto, che lui non riusciva ad identificare e che non era nelle sue intenzioni; un volto che prova dopo prova iniziava a sembrare sempre di più a DEMIAN. Ma tuttavia non era il volto di DEMIAN, nè quello di BEATRICE...ma un volto androgino in cui entrambi si confondevano e si sublimavano in qualcosa di più intimo e profondo...in quell'opera egli aveva ritratto sè stesso...o meglio, non proprio il "sè stesso" che la sua mente cosciente gli faceva apparire, ma il sè stesso più autentico, impersonale, l'immagine che riassumeva la sua vocazione, la pienezza della sua realizzazione: il suo DAIMON. Ed era proprio ciò che non si sarebbe mai aspettato, ciò che non aveva "deciso", ma che pure guidava ogni suo passo. Tutto il resto era puerile artificio.

"Non appena osservai l'opera compiuta, mi fece una strana impressione. Mi sembrava una specie di figura divina o di maschera sacra, mezzo maschile e mezzo femminile, senza età, volitiva quanto sognante, rigida quanto segretamente viva. Quel viso mi diceva qualcosa, era mio, esprimeva qualcosa e assomigliava a qualcuno, ma non sapevo a chi". (Voce narrante di Emil Sinclair, a pag.463 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

"Il viso sfumò senza contorni, ma gli occhi cerchiati di rosso, lo splendore della fronte e le labbra d'un rosso violento emersero ardenti dalla superficie. Stetti a guardare a lungo anche quando la luce era già spenta. E a poco a poco mi accorsi che quello non era Beatrice, nè Demian, ma...io stesso. L'immagine non mi somigliava (capivo che non doveva neanche somigliare) ma era ciò che costituiva la mia vita, era il mio cuore, il mio destino, o il mio demone". (pag.464 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

Tuttavia la "discesa agli inferi" di EMIL SINCLAIR, nonostante la sua apparenza esteriore, non fu mai "incosciente", ma sempre guidata segretamente dalla sentinella interiore, mai abbandonata ad una cieca ottusità: era come se egli osservasse le sue traversie, la volgarità in cui era caduto, dal di fuori, come spettatore di sè stesso; qualcosa di molto più forte di qualsiasi realtà poneva una barriera fra lui e qualsiasi disumana scelleratezza: la sua guida interiore. La maggioranza degli individui che toccano il fondo, possono marcire nelle più ignobili circostanze, ma non gliene viene nulla, non c'è un presupposto, un punto d'unione che possa avviare in loro alcun  progresso o presa di coscienza. Egli era saturo di degrado, eppure il degrado rimaneva in superficie, non intaccava per nulla la profondità del suo essere:

"Ma, nonostante tutto, soffrire quei tormenti era quasi un piacere. Ero stato da tempo cieco e ottuso, il mio cuore immiserito in un angolo aveva taciuto tanto tempo che perfino quelle accuse contro me stesso, quell'orrore, quel senso di ribrezzo erano benvenuti. Questo era un sentimento, era un incendio, un palpito del cuore. Tutto confuso: nella mia miseria provavo un sentore di liberazione e di primavera. Intanto, visto dall'esterno, scendevo sempre più in basso...Ma nel cuore sentivo tutta la mia miseria. E se non fui mai uno con gli altri, se tra loro rimasi solitario e perciò capace di soffrire, tanto c'era la sua buona ragione. Ero beffardo e beone come i più volgari, dimostravo spirito e coraggio con le mie osservazioni...tenevo testa anche alle oscenità e io stesso ne inventavo qualcuna, ma non ero mai coi compagni quando andavano a donne; ero solo e ardevo dal desiderio di affetto, desiderio disperato, mentre a sentire i miei discorsi dovevo essere un gaudente incallito. Nessuno più vulnerabile, nessuno più pudico di me...Ora quanto più mi sentivo solitario e diverso dalla mia compagnia, tanto meno riuscivo a staccarmi da essa". (pag.458-459 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

FOTO 4: nell'immagine "Ayrton Senna Memorial".

EMIL dimostrava a sè stesso di essere conscio della propria solitudine, della fondamentale illusorietà di ogni vicissitudine, e di ogni sua apparente "caduta", poichè egli possedeva una qualità interiore che lo inseriva a pieno titolo fra coloro che possedevano "il marchio" impresso da Dio sulla fronte di CAINO a loro protezione: nulla avrebbe potuto spegnere quella scintilla divina garante del suo potere evolutivo. E DEMIAN molte volte cercò di farglielo capire. Anche lui, EMIL, apparteneva all'ancestrale congregazione di iniziati, ma avrebbe dovuto comprenderlo da solo, nel tempo.

Dopo aver riconosciuto la propria immagine interiore nel ritratto che aveva dipinto, EMIL provò una grande nostalgia di DEMIAN, si accorse di non aver nemmeno annotato sul diario il loro più recente incontro, che avvenne in un giorno di vacanza trascorso presso la sua città natale, mentre si trovava a passeggio osservando la gente in strada. DEMIAN gli andò incontro e si recarono in un'osteria; osservò l'amico e comprese il baratro in cui era precipitato mentre lo guardava vuotare il bicchiere. Gli chiese se frequentasse molto le osterie, ed EMIL annuì:

"Che altro si deve fare? In fin dei conti, è ancora l'unica cosa allegra". "Ti pare? Può anche darsi. Certo c'è del bello: l'ebbrezza, l'elemento bacchico! Ma mi pare che per la maggior parte di quelli che se ne stanno molto all'osteria, tutto ciò vada perduto...", rispose Demian. (pag.465 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

Si accomiatarono in fretta ed EMIL ripercorse con la mente quel breve incontro con molta nostalgia, ricordando soprattutto le ultime parole che DEMIAN gli aveva detto prima di andarsene:

"Fa tanto bene sapere che dentro di noi c'è uno che sa tutto". (pag.466 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

E ripensandoci osservò di nuovo il ritratto misterioso:

"Guardai il ritratto appeso alla finestra e ormai spento. Ne vidi ardere ancora gli occhi. Era lo sguardo di Demian. Oppure era colui che avevo dentro di me. Colui che sa tutto". (pag. 466 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

In seguito si accinse a dipingere su un altro foglio l'uccello araldico della chiave di volta del portone, cercando di ricostruirne l'aspetto originale. Ne risultò un enorme sparviero con metà del corpo sprofondato nella sfera del mondo come se stesse uscendo da un gigantesco uovo cosmico, e si rese conto che il disegno assomigliava moltissimo a come questo bassorilievo gli era apparso una notte in sogno. Durante una lezione, EMIL trovò casualmente fra le pagine di un libro un bigliettino scritto da DEMIAN molto tempo prima:

"L'uccello si sforza di uscire dall'uovo. L'uovo è il mondo. Chi vuol nascere deve distruggere un mondo. L'uccello vola a Dio. Il dio si chiama Abraxas". (pag.469 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

Si ricordò ciò che DEMIAN gli aveva detto durante una lezione:

"Ciò che si vuole con sufficiente forza riesce". (pag.470 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

In seguito EMIL si avvicinerà al rettore ed organista della chiesa locale, PISTORIUS, che all'inizio si dimostrerà freddo nei suoi confronti. Eppure anche questo nuovo amico sembrava riprendere il filo del discorso interrotto con DEMIAN, introducendolo alla conoscenza della psicoanalisi di JUNG (che egli seguiva) ed aiutandolo nel suo sforzo introspettivo, accompagnandolo verso una comprensione sempre più profonda dei meccanismi esoterici, psichici ed antropologici universali, fino alla rivelazione dell'essenza di un antichissimo archetipo: ABRAXAS.

"Noi leghiamo sempre troppo stretti i limiti della nostra personalità. Attribuiamo alla nostra persona soltanto ciò che ci appare individualmente diverso, differente. Ma noi, ognuno di noi, è tutto il complesso del mondo, e come il nostro corpo ha in sè le tavole genealogiche dello sviluppo su su fino al pesce e più indietro ancora, così abbiamo nell'anima tutto ciò che mai è vissuto in anime umane. Tutti gli dèi e i diavoli che sono esistiti sia fra i Greci e i Cinesi, sia fra gli Zulù, tutti sono dentro di noi come possibilità, come desiderio o vie d'uscita. Se l'umanità si estinguesse tutta, tranne un unico bambino di mediocre intelligenza che non avesse avuto alcuna istruzione, questo bambino ritroverebbe intera la via delle cose e saprebbe riprodurre tutto, dèi e demoni, paradisi, leggi e divieti, antichi e nuovi testamenti". (discorso di Pistorius a pag.479 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

In questo modo PISTORIUS espose ad EMIL la funzione dell'inconscio collettivo introdotto dalla psicologia di GUSTAV JUNG. EMIL rimase inizialmente sconcertato da questa visione del mondo, e si pose delle domande interrogando l'amico:

"Bene. Ma in che consiste allora il valore dell'individuo, a che scopo fare sforzi se abbiamo già tutto compiuto dentro di noi?" (Emil interroga così l'amico, a pag.479 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

PISTORIUS rispose così alla questione posta dal suo interlocutore:

"Un momento! C'è una bella differenza tra l'avere il mondo dentro di sè ed esserne anche consapevoli! Un pazzo può produrre pensieri che ricordino Platone, e lo scolaretto devoto di un istituto religioso può concepire nessi mitologici che troviamo negli gnostici e in Zoroastro. Ma non lo sa, e finchè non lo sa è un albero o un sasso, nel migliore dei casi è un animale. Quando poi gli balena la prima scintilla di questa conoscenza diventa uomo. NON VORRA' MICA CONSIDERARE UOMINI TUTTI I BIPEDI CHE PASSANO PER LA STRADA SOLTANTO PERCHE' CAMMINANO RITTI E LA GESTAZIONE DEI LORO FIGLI DURA NOVE MESI! LEI CAPISCE CHE MOLTI DI LORO SONO PESCI O PECORE, VERMI O SANGUISUGHE! E QUANTI SONO FORMICHE! QUANTI API! CERTO IN OGNUNO DI LORO CI SONO POSSIBILITA' DI DIVENTARE UOMINI, MA SOLO QUANDO LO INTUISCONO E IMPARANO A RENDERSENE CONTO QUESTE POSSIBILITA' APPARTENGONO A LORO". (a pag.479 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988 - il maiuscolo per le frasi più importanti è mio)

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Nei lunghi dialoghi con PISTORIUS, EMIL spesso confidava i propri sogni, affidandosi all'interpretazione dell'amico, come quando poteva volare ed, anzi, veniva sollevato da una forza irresistibile. PISTORIUS così interpretò il sogno:

"Lo slancio che la fa volare è il nostro grande potere umano. E' il senso di collegamento con le radici di ogni forza, ma ben presto ci terrorizza. E' maledettamente pericoloso. Perciò la maggior parte rinuncia volentieri al volo e preferisce camminare seguendo le regole date sui marciapiedi cittadini. Lei no, invece, lei continua a volare come si addice a un bravo giovane. Ed ecco, le vien fatto di scoprire con meraviglia che può diventar padrone, che alla grande forza universale che la trascina si unisce una piccola forza propria, un organo, un timone. Questo è stupendo. Senza di ciò si navigherebbe senza volontà nell'aria come fanno, ad esempio, i pazzi. Essi hanno intuizioni più profonde di coloro che passano per il marciapiede, ma non ne possiedono nè la chiave nè il timone, e precipitano nel baratro. Lei, invece, Sinclair, lei riesce. Ma come? Forse non lo sa nemmeno. Lei lo fa con un nuovo organo, un regolatore del respiro. E QUI PUO' VEDERE QUANTO POCO SIA PERSONALE LA SUA ANIMA NEL PROFONDO. Essa, infatti, non inventa questo regolatore. Non è nuovo, ma preso a prestito, esiste da millenni". (da pag.480 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988 - il maiuscolo per la frase più importante è mio)

In questo modo, PISTORIUS introdusse EMIL ad una nuova visione del mondo, più profonda e aliena da qualsiasi interpretazione convenzionale. In sostanza, lo introdusse all'accettazione della propria solitudine, in una realtà attraversata per la maggior parte da ombre, da pochissimi esseri umani compiuti. Gli fece comprendere quanto questa consapevolezza, questo risveglio alla realtà, possa essere duro e difficile all'inizio, ma è la radice di ogni sostegno, della fede in sè stessi, l'unica barriera contro la sofferenza, che ci permette di camminare sotto la tempesta senza bagnarci mai davvero, di essere nel mondo ma superiori al mondo. EMIL stesso si meravigliò di come le parole di PISTORIUS concordassero con i discorsi precedenti di DEMIAN, come se un unico filo conduttore li guidasse:

"Essi non sapevano l'uno dell'altro, e tutti e due mi dicevano la stessa cosa". (da pag.484 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

Una mano invisibile lo accompagnava lungo il sentiero della propria realizzazione, all'uscita dal tunnel. Ogni voce, benevola o ostile, che incontrava sul suo cammino faceva parte di un piano, seguiva le orme di una predestinazione.

"Le stesse cose che vediamo, sono le cose che abbiamo dentro di noi. Non esiste realtà tranne quella che è in noi. PERCIO' GLI UOMINI VIVONO PER LO PIU' IN UN MODO COSI' IRREALE, ESSI PRENDONO PER REALTA' LE IMMAGINI ESTERNE E NON LASCIANO PARLARE IL LORO PROPRIO MONDO. In tal modo si può essere felici, ma quando si viene a saper l'altra verità, non si ha più la scelta di mettersi per la via. Ecco, Sinclair, la via dei più è facile. La nostra difficile". (discorso di Pistorius, da pag.484 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988 - il maiuscolo per la frase più importante è mio)

In questo modo PISTORIUS pose EMIL SINCLAIR davanti alla grande responsabilità che implica la conoscenza del proprio vero percorso, e la consapevolezza dello scopo universale; gli fece comprendere come la realtà non possieda una propria esistenza indipendente dalla nostra percezione e dal nostro grado di sviluppo spirituale. L'acquisizione di questa consapevolezza implica la definitiva rinuncia al libero arbitrio: la scelta appartiene al mediocre; l'illuminato obbedisce ad un ordine di coscienza superiore. Col tempo anche EMIL iniziò a sviluppare un abbozzo di poteri psichici, meravigliandosi spesso del contatto telepatico che sembrava intercorrere fra lui e PISTORIUS. Ma non mancavano le volte in cui si venivano a noia:

"Altre volte mi dava noia e lo mandavo via bruscamente, ma non senza intuire che anche lui mi era stato mandato, che anche da lui ricevevo raddoppiato quello che gli davo. Anche lui mi era guida, o almeno via". (riflessione di Emil Sinclair, da pag.490 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

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La conoscenza dell'antico dio ABRAXAS costituiva l'essenza delle riflessioni e della lunga ricerca di EMIL per trovare sè stesso. ABRAXAS era "sè stesso", era l'incarnazione dello scopo esistenziale e l'immagine della natura dell'Universo: l'indefinito, l'infinito e l'assoluto.
Il seguente brano, però, racchiude l'essenza della perplessità di EMIL SINCLAIR nei confronti di PISTORIUS, che lo porterà in seguito ad accese discussioni, giungendo al punto da offendere e maltrattare il suo amico:

"Le sue emozioni erano legate a visioni che la terra aveva già avute, e in fondo sapeva dentro di sè che il nuovo dev'essere nuovo e diverso, che deve sgorgare da un terreno fresco anzichè essere attinto da collezioni e biblioteche". (riflessione di Emil Sinclair, da pag.490 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

EMIL comprese così che le rivelazioni di PISTORIUS non provenivano da uno spirito autentico, da un'energia viva, ma egli era semplicemente un pedante, un nostalgico e un romantico; il suo rapporto con le antiche conoscenze e con il culto di ABRAXAS era arido, non produceva germogli per il futuro, era ripiegato su sè stesso, legato ad una congrega occulta della quale assimilava le tradizioni; non possedeva ali per volare. Lo spirito libero di EMIL SINCLAIR avvertì nel profondo una resistenza e un'avversità, proprio perchè iniziava ad avere la sensazione di ricevere quelle nozioni come farebbe uno scolaretto in classe, e quegli insegnamenti elargiti con tanta generosità da PISTORIUS erano, appunto, "insegnamenti", e il suo cuore se li sarebbe ben presto scrollati di dosso come delle limitazioni, indirizzato verso altre mete, imperscrutabili, che affondavano le radici nell'antica consapevolezza, ma solo per poter ideare con più veemenza l'avvenire; un avvenire che non era ancora stato nemmeno sognato.

Per quanto le radici possano essere antiche, le vie devono essere sempre nuove. A questo servono i principi e gli antichi valori: essi non si vogliono fossilizzare in tradizioni, essere ripiegati su sè stessi, ma fungere da trampolino di lancio all'evoluzione, alla trasformazione e al progresso della coscienza. Nel brano seguente le riflessioni di EMIL espongono il  principio assoluto ed essenziale, che è quello dell'uomo che nasce da sè stesso:

"E qui si fece una luce nella mia mente: ognuno ha un suo compito, ma nessuno quello che egli stesso avrebbe voluto scegliere, circoscrivere e amministrare. E' errato aspirare a nuovi dèi, assolutamente errato voler dare qualche cosa al mondo. PER GLI UOMINI ILLUMNATI NON ESISTE NESSUNISSIMO DOVERE, TRANNE UNO: CERCARE SE' STESSI, CONSOLIDARSI IN SE', PROCEDERE PER TENTATIVI PER LA PROPRIA VIA OVUNQUE ESSA CONDUCA. Ciò mi scosse profondamente e questo fu il risultato di queste esperienze: molte volte avevo fantasticato sul mio futuro, avevo sognato ruoli che mi potevano essere destinati, poeta o profeta, o pittore o qualcosa del genere. Niente di tutto ciò. Nè io ero qui per fare il poeta, per predicare o dipingere. Non ero qui per questo. Tutto ciò è secondario. La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di conoscere sè stessi. Uno può finire poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente. Il problema è realizzare il suo proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto e fino in fondo, dentro di sè. Tutto il resto significa soffermarsi, è una mezza misura, è un tentativo di fuga, è il ritorno all'ideale della massa, è adattamento e angoscia di fronte a sè stesso. Terribile e sacra sorse davanti a me la nuova immagine mille volte intuita, forse già espressa, eppure soltanto ora vissuta. Io ero un parto della natura lanciato verso l'ignoto, forse verso qualcosa di nuovo o forse anche verso il nulla, lasciare che si sviluppasse dal profondo, obbedire al mio destino e far mia la sua volontà. Questo era il mio compito, niente altro...Chi realmente non vuole altro che il suo destino, non ha più i suoi pari, ma sta tutto solo e ha intorno a sè soltanto il gelido spazio dell'Universo". (riflessione di Emil Sinclair, da pag.493-494 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988-il maiuscolo per le frasi più importanti è mio)

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In mezzo a tutti i tormenti del suo animo, si aggiunse un altro personaggio dalla funzione catartica: lo studente KNAUER, le cui ossessioni esistenziali erano simili alle sue, emaciato, nevrotico e bisognoso della presenza di EMIL. EMIL stesso gli salvò la vita allorchè egli tentò il suicidio, rivestendo dunque lo stesso ruolo che ebbe DEMIAN nei suoi confronti, quando da bambino lo salvò dalle vessazioni di FRANZ KROMER.

Dopo avere ormai compiuto diciotto anni, EMIL, durante il trasferimento in un'altra non identificata città, incontra di nuovo MAX DEMIAN, riconoscendo la sua voce mentre s'itratteneva con alcuni passanti. DEMIAN dimostrò ad EMIL la sua felicità nel rivederlo; di nuovo il discorso deviò sulla questione del marchio di CAINO, e DEMIAN fece presente ad EMIL che il suo ora si poteva vedere molto meglio di quando lo aveva conosciuto, dicendogli che era grazie a quello che aveva sempre voluto essergli amico. DEMIAN aveva sempre vissuto solo con sua madre ed espresse il desiderio di fargliela conoscere. L'incontro con la madre dell'amico, EVA, fu per EMIL rivelatore: le fattezze androgine della donna assomigliavano incredibilmente all'immagine che lui aveva ritratto su quel foglio, e nel suo inconscio veniva identificata come un'avatar della Grande Madre, una figura divina. Per questo EMIL se ne innamorò. Ma il suo sentimento si svelò essere meschino, perchè privo dello slancio e della sicurezza necessari alla realizzazione di ogni desiderio. Infatti la madre di DEMIAN, gli fece comprendere l'essenza del vero desiderio (o amore), che non consiste nel volere che qualcosa si conceda a noi come se fosse ricevuta in dono, ma nel trascinare quella cosa in modo che sia essa stessa a desiderare ardentemente di unirsi a noi; per rendere il concetto comprensibile EVA raccontò ad EMIL la fiaba del giovane innamorato di una stella, che nel momento della più intensa passione riuscì ad alzarsi in volo per raggiungerla, ma precipitò allorchè un pensiero gli sfiorò la mente: "è impossibile", morendo miseramente sulla spiaggia. Questa fiaba voleva fargli comprendere quanto potere avesse il desiderio e la volontà se solo l'uomo avesse fede in sè stesso fino in fondo. Dopo tutto, l'intero universo è una creazione mentale, una rappresentazione della volontà. Questo ci fa ricordare anche gli insegnamenti dello sciamano DON JUAN nel libro "Il potere del silenzio" di CARLOS CASTANEDA, a pag.8 dell'edizione BUR Rizzoli, dove egli afferma:

"Quel che ti ho mostrato, tutto ciò che ho sottoposto alla tua attenzione, non era che un accorgimento per convincerti che c'è più di quanto appaia a un primo sguardo. Non c'è bisogno che venga qualcuno a insegnarci la magia, perchè in realtà non c'è nulla da imparare: OCCORRE SOLO CHE UN MAESTRO CI CONVINCA DELL'INCALCOLABILE POTERE CHE ABBIAMO SULLA PUNTA DELLE DITA. Che strano paradosso! Ogni guerriero sulla via della conoscenza crede, una volta o l'altra, di star acquisendo cognizioni magiche, ma tutto quello che fa è lasciarsi CONVINCERE del potere nascosto dentro di sè, che riuscirà a raggiungere".

EMIL SINCLAIR frequentò assiduamente la casa di DEMIAN, mentre l'atmosfera si faceva sempre più irreale, onirica, e il protagonista si muoveva attraverso scenari imponenti e inquietanti, con i personaggi che assumevano le fattezze di esseri quasi soprannaturali, alieni, come lo strano mutamento nell'aspetto di DEMIAN ritirato in sè stesso nella sua stanza, quasi rapito da una forza ultraterrena. DEMIAN, inoltre, in quel periodo fece un sogno premonitore sul futuro dell'Europa, presagendo l'avvento della PRIMA GUERRA MONDIALE, la dissoluzione del vecchio mondo, l'avvento di una nuova èra dopo un lungo travaglio di sofferenza e morte. La civiltà, come l'umanità, non è ancora uscita dall'uovo, nonostante cent'anni ci dividano da quel conflitto, e ciò viene espresso in un dialogo dalle parole di DEMIAN rivolte all'amico:

"Noi, gli iniziati (al culto di ABRAXAS), potevamo giustamente sembrare al mondo gente strana e perfino matta e pericolosa. Eravamo risvegliati o sul punto di risvegliarci e i nostri sforzi tendevano a una vita da svegli sempre più perfetta, mentre le aspirazioni degli altri miravano a legare sempre più strettamente le loro opinioni al gregge. Gli ideali e i doveri, la vita e la felicità: anche là c'erano aspirazioni, anche là c'era grandezza, c'era energia. Mentre però, secondo il nostro concetto, noi segnati (dal marchio di CAINO) rappresentavamo la volontà della Natura, l'aspirazione della Natura al nuovo, al singolo, al futuro, gli altri vivevano in una volontà di stasi. Per essi, l'umanità che pure amavano come noi, era qualcosa di compiuto che bisognava conservare e proteggere. PER NOI L'UMANITA' ERA UN LONTANO AVVENIRE VERSO IL QUALE TUTTI S'INCAMMINAVANO E IL CUI ASPETTO NON ERA NOTO A NESSUNO, LE CUI LEGGI NON ERANO SCRITTE IN NESSUN LUOGO". (discorso di Demian, da pag.505 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988-il maiuscolo per le frasi più importanti è mio)

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Traspare da queste parole una chiara accettazione della sofferenza e delle tragedie storiche ed individuali necessarie a scuotere la coscienza dal suo torpore, a innescare il processo di profonda catarsi; perchè ciò possa avvenire è necessario macchiarsi di gravi responsabilità, con la consapevolezza che dal fango nasceranno sempre nuovi mondi, nuovi ordini superiori e nuove visioni che trasformeranno l'Universo e la realtà, è necessario accettare la fama di distruttori. Alla grande tragedia della Prima e della SECONDA GUERRA MONDIALE, sarebbe infatti seguita un'età oscura, corrispondente alla "nigredo" (putrefazione) della Grande Opera alchemica, un'epoca di transizione che, come possiamo notare, non è ancora terminata, come un lungo travaglio; soltanto dopo aver toccato il fondo della disperazione e della dissoluzione, una nuova storia e una nuova realtà potrà vedere gli albori. Siamo agli inizi della GRANDE GUERRA, e DEMIAN confida il suo presagio ad EMIL SINCLAIR:

"Vedi, Sinclair, da questi sogni traggo presentimenti dei quali ti ho già parlato...Caro Sinclair, sperimenteremo ciò di cui abbiamo parlato qualche volta. Il mondo vuole rinnovarsi. Si sente odore di morte. E' più pauroso di quanto non pensassi". (da pag.512 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

Fu così che EMIL e DEMIAN vennero arruolati e partirono al fronte. EMIL riflettè però su come le stragi, la distruzione e le tragedie che seguirono non fossero legate ad obiettivi politici, nazionali o di potere, ma di come, ad un giudizio più profodo, dietro il velo della realtà apparente, questi fossero soltanto dei pretesti per celare la pura necessità di distruggere le fondamenta di un sistema, di un mondo che aveva bisogno di rompere il suo guscio, la sua stabilità, per poter nascere ad una consapevolezza superiore e amplificare la dimensione della sua realtà. La distruzione per la distruzione, per la nascita. Per comprendere questo ci si deve inoltrare in un abisso oscuro, dove non vi sono più certezze, dove la follia, il non-senso, la disperazione imperano; dev'essere attraversato quello che viene definito "il sonno della ragione", un sonno che nella storia può essere lungo molti secoli. Un'idea al cui affacciarsi la mente razionale oppone resistenza, perchè il futuro non può essere visto, non può essere nemmeno immaginato se non quando giunge, e fino ad allora la coscienza hegeliana della "razionalità di tutto ciò che è reale" è cieca e si muove a tentoni.

"Tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale" (Friedrich Hegel - 1770-1831)

Siamo così giunti alla fase conclusiva dell'opera di HERMANN HESSE, in cui EMIL venne trasferito in un ricovero per feriti di guerra, sbattuto da un carro di fieno all'altro, attraversando campi deserti e desolati, con la sensazione di camminare in un sogno, dove si sentivano fragori lontani in mezzo ad atmosfere post-apocalittiche. Venne infine trasportato in una specie di cantina, assieme a molte altre vittime del conflitto, adagiato su un giaciglio di fieno. Mentre era febbricitante e semi-incosciente, tra le nebbie della sua alterazione incontrò di nuovo DEMIAN: adagiato accanto a lui c'era l'amico che dall'infanzia ha accompagnato ogni suo percorso evolutivo, anch'egli ferito e degente nello stesso luogo, il quale si avvicinò a lui già agonizzante per sussurrargli la sua ultima, suprema rivelazione:

"Sinclair...ricordi ancora Franz Kromer? Sta' attento. Io dovrò andarmene. Un giorno avrai forse bisogno di me, di nuovo contro Kromer o altro. Se mi chiamerai, non verrò più così volgarmente a cavallo o col treno. Allora dovrai ascoltare te stesso, e ti accorgerai che nel profondo ci sarò io". (ultime parole di Demian, da pag.520 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988)

Così EMIL SINCLAIR sopravvisse come reduce di guerra, e MAX DEMIAN morì...morì nella realtà esteriore, apparente, per rinascere come fiamma viva dentro di lui. Sì, perchè la chiave di lettura di tutto il "non-romanzo" di HESSE è quella di un percorso tutto interiore, dell'anima che dispiega nel tempo sè stessa, e il cui riflesso si estende nel mondo che ci circonda. In questo quadro ogni evento storico, tangibile, è un evento della coscienza intangibile, e le sue ragioni dimorano ben al di sopra, e molto più in profondità rispetto alle interpretazioni limitate e pragmatiche descritte dal velo della realtà ordinaria:

"Tanto l'obiettivo quanto lo scopo erano del tutto casuali. I sentimenti pù feroci non erano rivolti al nemico, ma la loro opera cruenta era soltanto emanazione dell'Io, dell'anima in dissidio, la quale voleva infuriare ed uccidere, distruggere e morire per poter rinascere. UN GIGANTESCO UCCELLO LOTTAVA PER USCIRE DALL'UOVO, E QUEST'UOVO ERA IL MONDO, E IL MONDO DOVEVA ANDARE IN FRANTUMI". (riflessione di Emil Sinclair, da pag.518 della raccolta "Hesse-romanzi" Newton Compton 1988-il maiuscolo per le frasi più importanti è mio)

Il condottiero di tutto questo lungo travaglio interiore, che è dentro e fuori di noi, è rappresentato dalla più antica divinità del mondo, che nel tempo ha assunto diversi nomi, e che HERMANN HESSE definisce con il suo nome gnostico-mitraico, ABRAXAS, la cui etimologia è occulta. E' la divinità non-generata che accompagna ogni evento universale, che dimora al di là dello spazio e del tempo e immanente allo spazio e al tempo. Questo dio racchiude in sè ogni opposizione, il maschile e il femminile, l'odio e l'amore, la luce e l'oscurità, è un'energia che determina un'indirizzo imprescindibile della storia universale e idividuale concretizzando in essa la propria auto-realizzazione.

FOTO 9: la raccolta "Newton Compton" 1988 da cui sono tratti i brani.

RECENSIONE  (Un'opera senza tempo)

Questo libro non è un "romanzo", non è un'opera filosofica, non è un testo esoterico, ma è tutto questo insieme e molto di più: il suo effetto è totalizzante, poichè non vi è racchiuso il sentimento di una generazione o di un periodo storico, ma l'espressione più profonda e universale del destino dell'uomo. L'autore lascia campo libero al flusso perenne del divenire evitando ogni definizione topografica e ogni riferimento a luoghi e nazionalità dei protagonisti; i nomi delle città vengono indicati con una semplice iniziale, così come quelli delle università; non vi è traccia di date o eventi storici di riferimento. Una vaghezza in tutto simile ad un'opera impressionistica, il cui unico punto di riferimento è l'incommensurabile.

Perciò sarebbe riduttivo racchiudere quest'opera nel quadro degli eventi del primo conflitto mondiale, e alla luce dello spirito a cavallo fra due epoche, in quanto non può essere in alcun modo circoscritta nello spazio e nel tempo. Attraverso questo racconto HERMANN HESSE ci fa comprendere come l'unione con l'Infinito significhi, appunto, ergersi al di là del bene e del male, nel segno dell'archetipo più profondo che traccia ogni destino, incarnato dalla più antica divinità del mondo: ABRAXAS, di cui ci occuperemo in seguito. La chiave di lettura di questo romanzo non sono gli eventi storici e le loro apparenti cause esteriori, ma tutto si svolge a livello interiore e i protagonisti dell'intera vicenda sono proiezioni degli appelli e dei conflitti presenti nella coscienza del protagonista, EMIL SINCLAIR.

La realtà stessa non è reale; infatti i personaggi si muovono in ambientazioni spesso surreali, indefinite: è una rappresentazione della volontà, seguendo lo stesso schema dei poemi epici indiani, come il MAHABARATA o la BHAGAVADGITA, di cui HERMANN HESSE era appassionato: ognuno porta il suo messaggio, ogni evento assume il valore di una prova. La coscienza del protagonista si dibatte inizialmente soffrendo il contrasto tra bene e male, riuscendo a poco a poco, mediante l'aiuto delle guide che incontra nel suo cammino, ad integrare e comprendere le proprie istanze interiori, con l'aiuto del suo stesso DAIMON che lo accompagna manifestandosi attraverso gli insegnamenti prima dell'amico DEMIAN, poi del rettore PISTORIUS e della madre di DEMIAN, EVA.

Ogni evento della sua vita segna un gradino verso la realizzazione del "Sè", dell'entità impersonale che guida verso l'affrancamento dagli elementi psichici legati alla sofferenza, che sono rappresentati da aspirazioni false ed opposte a quelle necessarie alla maturazione della consapevolezza. In questo senso il nemico FRANZ KROMER rappresenta l'immagine archetipica dell'"ombra", come lato oscuro e grezzo della personalità, dove ristagnano gli strascichi delle frustrazioni, delle richieste inappagate, delle paure pregresse, che nesessitano il riconoscimento e l'accettazione della mente cosciente. Soltanto allora, quando cioè saranno emerse dall'oscurità dell'inconscio, e quando l'uomo conoscerà sè stesso, potranno avviare il proprio processo alchemico di trasformazione. Tutto è energia, come una nube può assumere molte forme, e come tale ogni sentimento, ogni passione e ogni manifestazione dell'anima può essere trasformata, così come da una rozza pietra si possono trarre infinite espressioni artistiche; l'importante è comprendere quali sono gli elementi che ne comportano la permanenza in una determinata forma. 

Il racconto infatti segue il filo conduttore della psicoanalisi di GUSTAV JUNG, dove inconscio individuale e collettivo sono strettamente correlati e la crescita personale di ognuno viene considerata nel quadro della maturazione della coscienza collettiva; perciò le cause degli avvenimenti storici, la PRIMA GUERRA MONDIALE, in questo caso, non sono da ricercare in moventi politici, o comunque puramente mondani, esteriori, ma il mondo è il campo di battaglia dove l'anima individuale e collettiva viene purificata dai suoi conflitti interiori. HERMANN HESSE in questo libro ci aiuta a considerare la storia, con le sue tragedie e le sue contraddizioni, da una visuale più alta, più profonda, cercando le cause negli abissi del nostro essere, che non può essere separato dal Tutto. Pertanto l'illuminato non deve cercare di portare il suo contributo al mondo, ma svelando sè stesso, e facendo null'altro, egli cambia il mondo attraverso la rete della coscienza collettiva.

La "discesa agli inferi" di EMIL SINCLAIR è come un viaggio in terra straniera, dove a poco a poco il protagonista viene condotto lungo sentieri sempre più sconosciuti, imprevedibili, così lontani da tutto ciò che aveva in sè stesso ideato. Vi è una segreta ed inconfessabile voluttà nell'abbandono di ogni speranza, nell'afflizione e nella tragedia; quel sentimento che funge da àncora e suggella un intimo appagamento, la consapevolezza di un affrancamento, la cognizione dell'illusorietà della realtà che ci circonda, e il presentimento di una nuova più genuina esistenza nell'abbandono di primordiali illusioni. In poche parole HESSE, tramite i lunghi discorsi di DEMIAN ad EMIL, riassume l'essenza del pensiero magico, basato sulla conoscenza delle aspirazioni autentiche, provenienti dalle radici dell'anima, sulla centralità della volontà indivisa che "trascina" l'universo, come spiegato dalle parole della madre di DEMIAN, EVA: "il desiderio deve avere la forza di diventare certezza dentro di sè, allora non è più trascinato, ma trascina".

Il racconto può essere suddiviso in tre sezioni fondamentali: la percezione della disarmonia del mondo nella fase della fanciullezza e la parallela attrazione verso dimensioni degradate della realtà, fino a macchiarsi di una colpa peraltro inventata da lui stesso, lambendo per la prima volta una rudimentale discesa agli inferi: in questo caso FRANZ KROMER (il nemico d'infanzia) incarna l'ombra stessa di EMIL SINCLAIR, la sua stessa aura lo ha attratto nella sua esistenza; quest'ombra però non riesce definitivamente ad essere superata dopo la salvezza venuta dall'intervento dell'amico DEMIAN; la discesa proseguirà negli anni successivi, quando EMIL decise di abbandonarsi al vizio dell'alcool e delle cattive compagnie, fino a quasi perdere sè stesso; la terza fase riconosce la propria guida interiore (DAIMON) la quale sembra palesarsi attraverso i discorsi di coloro che gli erano amici e vicini. La fase della vera illuminazione l'autore ce la lascia intuire dopo le parole finali di DEMIAN morente accanto a lui, in un ricovero per feriti di guerra.

La vera rinascita di EMIL avverrà allorchè non si lascerà distrarre dalle vicissitudini del mondo, ma ascolterà la voce interiore, trovando l'assoluto in sè stesso; tutto il resto è secondario: ogni forza esercitata all'esterno, ogni conquista, ogni felicità dipende dal grado di sviluppo della capacità di essere in perfetta unione con il proprio mondo interiore. Quello soltanto conta nella vita di un uomo: amare la propria solitudine; tutto il resto è manifestazione, transitorietà, sogno. L'illuminato, cioè colui che cambia realmente il mondo perchè ha il potere di indirizzare la propria energia, non appartiene a nessuna congregazione, è solo nello spazio infinito intorno a lui, nessun aiuto, nessun appoggio gli giunge dal mondo, solo con la propria silenziosa e immensa libertà. Ed è la via più difficile, perchè non vi sono nè premi nè protezioni.

DEMIAN e PISTORIUS, gli amici e guide di EMIL SINCLAIR, appartenevano al culto di ABRAXAS: una divinità primordiale, le cui origini sono conosciute solo da pochi iniziati, raffigurata generalmente come un grande uccello rapace con due serpenti al posto delle gambe, che guida un cocchio con quattro cavalli; la sua effigie si trova istoriata su diverse gemme e amuleti antichi; la sua più remota testimonianza è legata al culto gnostico-mitraico. Nella tradizione gnostica con il nome di ABRAXAS viene indicata la somma entità universale, che l'anima deve raggiungere per conseguire la conciliazione degli opposti, e per superare ogni sua contraddizione; ha connotazione androgina e i suoi emblemi sono l'esagramma, lo I.A.O (la forma greca del trigramma aramaico YHW), e la Trinità (principio universale presente da sempre presso tutti i culti più importanti del mondo).

FOTO 10: l'immagine del dio Abraxas in un amuleto del III secolo d.C.

Nel romanzo questa divinità è raffigurata negli schizzi su foglio di EMIL come un grande uccello con metà corpo immerso in un gigantesco uovo; l'uovo rappresenta il vecchio mondo destinato ad andare in frantumi, al quale seguirà un'oscura epoca di transizione prima dell'alba di una nuova èra; un'epoca oscura che non è ancora terminata. Il futuro non sta scritto in nessun luogo, nè quello individuale, nè quello collettivo, e non risponde quasi mai a ciò che l'individuo, immerso nel suo tempo, progetta nella sua mente; le intenzioni impure dettate da aspirazioni non allineate alle necessità più inconsce e profonde vengono sempre boicottate dal destino,

"ma ciò che la Natura vuole dall'uomo sta scritto in ognuno, in me e in te, in tutti...quando le comunità odierne si sfasceranno ci sarà spazio per queste importanti correnti che sole sono importanti e, naturalmente, possono avere ogni giorno un aspetto diverso". (discorso di Demian, a pag.500 della raccolta "Hermann Hesse-Romanzi, Newton Compton - 1988).

"DEMIAN" è un racconto che scandaglia le profondità della psiche di ognuno, non attraversa passivamente la mente del lettore, le sue pagine sono vibranti, la sua forza è nel potere catartico, che si deposita nel fondo dell'anima...e attende (parafrasando una celebre frase del libro).

Alessia Birri

AFORISMI E BRANI TRATTI DAL LIBRO RIPRODOTTI SULLE IMMAGINI:

FOTO 2:  "La vita di ogni uomo è una via verso sè stesso, il tentativo di una via, l'accenno di un sentiero. Nessun uomo è mai stato interamente sè stesso, eppure ognuno cerca di diventarlo, chi sordamente, chi luminosamente, ognuno come può. Ciascuno si porta dietro fino alla fine i resti della propria nascita, umori e gusci d'uovo d'un mondo primordiale. Certi non diventano mai uomini, rimangono rane, lucertole, formiche. Qualcuno è uomo sopra e pesce sotto. Ma ognuno è un tentativo della Natura verso l'uomo. Tutti noi abbiamo in comune le origini, le madri, tutti proveniamo dallo stesso abisso. Ma ognuno, sviluppandosi dalle profondità si affanna verso la propria mèta. Possiamo capirci l'un l'altro, ma ognuno può capire veramente soltanto sè stesso".

FOTO 3: "Una specie di disincanto falsò e sbiadì i soliti sentimenti e le gioie, il giardino fu senza profumo, il bosco senza attrattive, il mondo mi circondò come una bottega di cose vecchie, scipito e senza più fascino; i libri furono solo carta, la musica solo rumore. Così cadono le foglie intorno all'albero in autunno...esso non ne sa nulla, la pioggia lo bagna, lo colpisce il sole o il gelo, la vita gli si ritrae lentamente in uno spazio minimo e intimo. Esso non muore. Aspetta".

FOTO 4: "Molti sperimentano la morte e la rinascita, che sono il nostro destino, una volta sola nella vita, quando l'infanzia si decompone e lentamente crolla, quando tutte le cose care ci abbandonano e a un tratto sentiamo intorno anoi la solitudine e il gelo di morte dell'Universo. Molti rimangono per sempre aggrappati a questa rupe e dolorosamente attaccati per tutta la vita al passato, che non può tornare, al sogno del paradiso perduto che è fra tutti il più letale".

FOTO 5: "Chi realmente non vuole altro che il suo destino, non ha più i suoi pari, ma sta tutto solo e ha intorno a sè soltanto il gelido spazio dell'Universo".

FOTO 6: L'uccello si sforza di uscire dall'uovo. L'uovo è il mondo. Chi vuol nascere deve distruggere un mondo. L'uccello vola a Dio. Questo dio si chiama Abraxas".

FOTO 7: "E intanto mi venivano in mente quelle parole. Non ricordavo quando erano state pronunciate, ma mi pareva di riudirle. Erano le parole della lotta di Giacobbe con l'angelo di Dio: non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto".

FOTO 8: Caro Sinclair, sperimenteremo ciò di cui abbiamo parlato qualche volta. Il mondo vuole rinnovarsi. Si sente odore di morte. Nulla di nuovo viene senza la morte".

ARTICOLI CORRELATI:

Tesi su "Demian" di Hermann Hesse:
 https://www.900letterario.it/opere-900/demian-herman-hesse/


 Analisi critica su "Demian" di Hermann Hesse:
 https://www.letteratour.it/tesine/hermann-hesse-demian.asp

Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Demian_(romanzo)

 About Demian - articolo in inglese:
https://www.cliffsnotes.com/literature/d/demian/about-demian




2 commenti:

  1. Bell’articolo ~ Complimenti ~ Hermann Hesse grande iniziato ~ Paola Stellare

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    1. Grazie Paola, sei davvero gentile, mi fa molto piacere che sia apprezzato.

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