martedì 9 ottobre 2018

ENKI E NINHURSAG

IL MITO SUMERO DI ENKI E NINHURSAG (2000 a.C. circa) - INTERPRETAZIONE

Teniamo sempre presente che i miti descrivono, attraverso racconti metaforici, quelli che sono i principi fondamentali inerenti all'esistenza stessa. Quello intitolato "ENKI E NINHURSAG" è un classico mito sulla genesi del cosmo, in cui i protagonisti (ENKI e NINHURSAG) simboleggiano l'unione degli opposti, la dualità maschile-femminile, che permette l'esistenza dell'universo e della vita. E' il più antico dei miti riguardanti ENKI, le cui testimonianze scritte risalgono a oltre il 2000 a.C. Il testo qui pubblicato non è integrale, perciò dscriveremo le parti mancanti interpretandone il significato.

In questo mito vengono descritti metaforicamente i processi fisici sui quali si basa l'esistenza. Il poema inizia con la descrizione del luogo paradisiaco in cui vivevano ENKI e NINHURSAG prima che la realtà fosse formata, denominato DILMUN, in cui ogni elemento era chiuso in sè stesso, privo di ogni relazione, in cui non esisteva alcun tipo di aggressività o movimento; questo stato di cose viene così descritto:

"il corvo ferito non gridava, il leone non veniva ucciso, il lupo non afferrava l'agnello, sconosciuto era l'uccisore del cane infanticida, sconosciuto era il grano divorato dal cinghiale".

Ovviamente non si tratta di un luogo fisico, ma di uno stato della coscienza che si deve ancora formare mediante i percorsi esistenziali della molteplicità, lo stato fetale dell'Essere che, incarnandosi successivamente nell'Uomo ed esprimendosi attraverso le forme del cosmo, si auto-realizza nella sua polarità consapevole. Questo "nulla" edenico, in cui i pensieri devono ancora concretizzarsi, venne reso reale da ENKI il quale

"ha causato il flusso delle acque del cuore",

come viene riferito nel testo originale, dove per "acque del cuore" si deve intendere "passione" e "volontà" che permettono ai soggetti di relazionarsi per quel che riguarda la dimensione umana; allo stesso modo agisce l'acqua fisica e materiale per quel che riguarda la dimensione cosmologica e naturale. Così ENKI rese fertile NINHURSAG, la sua consorte (la terra).

ENKI, essendo, in seguito, abbandonato da NINHURSAG, si unì alla figlia avuta da quest'ultima, NINSAR, non riconoscendola a causa della sua somiglianza con la consorte; dall'unione di ENKI e NINSAR venne alla luce NINKURRA: signora della fecondità e dell'attività pastorale. Lasciato solo anche da NINSAR, ENKI si unì a NINKURRA e dalla loro unione nacque il ragno tessitore dei giorni della vita: UTTU. Ma UTTU non si lasciò sedurre a sua volta da ENKI, seguendo l'avvertimento di NINHURSAG che lo consigliò di stare lontano dalle acque e dai luoghi in cui regnava ENKI. Ma c'è un'altra versione del mito secondo la quale ENKI, mangiando delle piante seminate da NINHURSAG, divorò il suo stesso sperma dal quale queste erano germogliate; questo il brano originale:

"Enki, nella palude, nella palude giace disteso, Cosa è questo, cosa è questo. Il suo messaggero Isumud gli risponde, Mio Re, questo è un albero-pianta, gli dice. Lo taglia per lui ed Enki lo mangia".

A questo punto ENKI cadde in uno stato di gravidanza che, non possedendo un utero, gli causò rigonfiamenti terribili in tutte le parti del corpo, facendolo soffrire moltissimo. Una volpe si offerse di portare al suo cospetto NINHURSAG dietro ricompensa, così dicendo:

"Se porto Ninhursag al tuo cospetto, quale sarà la mia ricompensa?"

La dea NINHURSAG, convinta dalla volpe, prese dell'acqua-seme dal corpo di ENKI e ne fece scaturire gli dèi della guarigione: ABU per la mascella, NINSUTU per i denti, DAZIMUA per i fianchi, ESHAGAG per le articolazioni e, in ultimo, NINTI, che corrisponde alla dea della vita ed è identificabile con la stessa NINHURSAG. Tutti questi intrighi vogliono descrivere l'interdipendenza e la circolarità della vita: ENKI ha bisogno della dea NINHURSAG così come la dea-terra NINHURSAG ha bisogno del paredro maschile ENKI per dare vita al cosmo. Inoltre non dobbiamo dimenticare che ENKI era anche dio della guarigione, per cui fino ad oggi, il simbolo del caduceo, suo emblema, è anche lo stemma che viene usato in medicina.

GLI IGIGI COME DIVINITA' INTERMEDIARIE SI LAMENTANO DEL TROPPO LAVORO E INDUCONO ENKI A CREARE L'UOMO CHE NE POTESSE SVOLGERE LE FUNZIONI

Esattamente come narrato nell'HATRAMKHASIS, le lamentele degli dèi IGIGI (o GENI, rappresentazioni simboliche delle facoltà umane ancora "in potenza") vennero riferite ad ENKI dalla dea NAMMA, ed egli decise, perciò, di creare l'uomo per "alleviare la fatica degli dei" e perchè ne svolgesse i compiti. Da ciò si deduce che gli IGIGI, come elementi cosmici "in potenza", si realizzano di riflesso a livello materiale nel "divenire" mediante l'attività e la ragione umana, ed ENKI, come costruttore dell'Universo, ascoltate le lamentele di queste divinità-astrazioni oberate da "troppa fatica", creò così l'Uomo creando sè stesso. In questo caso la "fatica" degli IGIGI si può tradurre come "desiderio di realizzazione" e l'alleviamento della fatica apportato dalla creazione dell'Uomo come la "realizzazione" degli elementi astratti che entra nel divenire.

LA SAGGEZZA DI ENKI RIGUARDO L'IMPIEGO DEGLI ESSERI IMPERFETTI

Le tavolette che riguardano la creazione dei primi esseri umani da parte di ENKI e NINHURSAG, in questo mito, elaborano una descrizione metaforica di come l'intelligenza e la ragione (proprie del dio ENKI) riescano ad integrare e a dare un senso, nel complesso sistema dell'esistenza, anche alle "imperfezioni"; questa parte del mito vuole anche comunicare il concetto che la perfezione stessa sarebbe un'imperfezione, perchè priva di vita e di divenire. Peraltro dobbiamo ricordare che le anormalità, nei tempi antichi e presso i popoli primitivi, venivano considerate segno di poteri straordinari; in alcune mitologie gli esseri fisicamente anormali vengono identificati con la luna.

Nell'ultima parte dell'opera la tavoletta risulta molto danneggiata, perciò di difficile interpretazione; si capisce soltanto che ENKI rimprovera a NINHURSAG di non aver saputo impiegare una delle creature malate (UMUL) come dovuto e come aveva fatto lui nei casi precedenti. NINHURSAG rimprovera a sua volta ENKI di non essersi curato di lei quando un'incendio devastò la sua città ed ella dovette abbandonare il tempio EPUR (tempio di NIPPUR), ed anche suo figlio (il cui nome è andato perso) fu costretto a fuggire. Tutto termina con una riconciliazione fra ENKI e NINHURSAG e con la lode ad ENKI.


FRAMMENTI DELL'OPERA "ENKI E NINHURSAG":

1: ENKI E NINHURSAG NEL PARADISO DEL DILMUN

La terra di Dilmun è un luogo puro, la terra di Dilmun è un luogo pulito,
La terra di Dilmun è un luogo pulito, la terra di Dilmun è un luogo luminoso;
Colui che è solo se stesso giù nel Dilmun,
Il luogo, dopo che Enki si è pulito, quel luogo è luminoso.

 La sua città Beve l'Acqua dell'Abbondanza,
Dilmun Beve l'Acqua dell'Abbondanza,
I suoi pozzi di acqua amara, si sono tramutati in pozzi di acqua buona,
I suoi campi e le sue fattorie producono colture e cereali,
La sua città, ecco che è diventata la casa delle banche e le banchine della terra.

2: IL LAMENTO DEGLI IGIGI E LA DECISIONE DI CREARE L'UOMO CHE LI SOSTITUISSE

In quei giorni, i giorni in cui cielo e terra vennero creati,
In quelle notti, le notti in cui cielo e terra vennero creati,
In quegli anni, gli anni in cui i destini vennero fissati,
quando gli dei Anunna generarono,
quando le dee (madri e figlie) si sposarono,
quando le dee (madri e figlie) abitarono cielo e terra,
quando le dee (madri e figlie) diventarono pregne,
e gli dei dovevano portare il cibo nelle sale da pranzo,
gli dei maggiori sorvegliavano il lavoro, e gli dei minori portavano
il giogo del lavoro.
Lavoravano ai canali della terra di Arali, nella terra e nell’argilla,
ma smisero i lavori per lamentarsi di questa vita.
Quel giorno il creatore, il grande dio dalla grande sapienza,
Enki, nel suo Engur, il luogo delle acque sotterranee che nessun dio conosce,
dormiva nelle sue stanze e fu svegliato
dagli dei che si lamentavano
e si alzò dal suo letto.
La dea Namma, la prima madre che diede nascita agli dei,
portò le lacrime degli dei minori a suo figlio che dormiva,
a colui che giaceva nel suo sonno,
(....)
“Dio Creatore, le tue creature si lamentano,
figlio, alzati dal tuo giaciglio, rivolgi il tuo sguardo, la tua
saggezza,
crea per gli dei un sostituto, così che loro siano liberi dal giogo
del lavoro”

LA CREAZIONE DI ESSERI IMPERFETTI E LA MEDIAZIONE DI ENKI

Ninmah prese l’ argilla delle terre a nord dell’ Abzu,
creò un uomo ma egli non teneva le mani dritte,
Enki vide l’ uomo, egli non teneva le mani dritte, e decretò il suo destino,
e lo mise nel campo del re come servitore.
La seconda creazione fu un uomo che sfuggiva la luce,
Enki vide che l’ uomo rifuggiva la luce,
e decretò il suo destino, ne fece un abile musicista,
lo mise nel campo del re.
Il terzo uomo che fu creato aveva i piedi che non funzionavano,
Enki allora vide che l’ uomo non sapeva usare i piedi,
e lo rese un grande lavoratore dell’ argento lucente.
Il quarto uomo non sapeva trattenere l’ urina,
ed Enki vide che l’ uomo non tratteneva l’ urina,
e lo fece giacere nell’ acqua che scacciò il suo male.
Il quinto era una donna che non poteva partorire,
Enki vide che la donna non poteva partorire,
e ne fece una ancella nella casa della regina.
Il sesto era un essere senza pene ne vagina,
Enki vide che l’ essere non aveva pene ne vagina e ne decretò il
destino,
lo chiamò ‘dono di Nippur’ e
ne fece un attendente per il re.

Enki creò allora una forma che aveva testa e bocca,
e disse a Ninmah:
“versa il seme maschile nell’ utero di una donna”
Ninmah si avvicinò al nuovo nato,
colui che la donna aveva partorito era deludente,
egli era Umul, la sua testa era malata, il suo (…) era malato, gli
occhi e il collo erano malati,
non respirava, i polmoni e gli organi interni erano malati,
con le sue mani malandate e la sua schiena malandata non riusciva a
nutrirsi,
con i piedi e la schiena malati non poteva lavorare, così fu creato.
Enki disse allora a Ninmah:
“Gli esseri che hai creato, ne ho decretato i destini, ho nutrito;
tu ora, degli esseri che creo, decreta i destini e metti da mangiare
nel loro piatto.”
Ninmah guardò ad Umul e si avvicinò,
all’ essere malato parlò ma lui non sapeva parlare,
gli porse del cibo ma lui non riusciva ad afferrarlo,
non sapeva usare attrezzi, non poteva giacere,
non poteva sedersi se in piedi, non sapeva mantenere (?) la casa e
non sapeva nutrirsi
Ninmah disse ad Enki:
“L’ essere che hai creato è vivo e morto, non può badare a se stesso
e non può vivere”

La mia città e la mia casa son distrutte, mio figlio fuggitivo,
io stessa ho dovuto lasciare l’ E.Kur come fuggitiva,
non ho potuto evitare la tua mano!”
Enki rispose a Ninmah:
“Chi può cambiare le parole che hai pronunciato?
La creatura malata (…) libera dalla prigionia (?)
Ninmah, il tuo lavoro (la tua opera) sia (…) promettesti di (…) il
mio lavoro imperfetto, chi può contraddirlo?
L’ essere che ho creato, lascia che io lo abbia indietro,
sia oggi lodata la mia stirpe (?) sia riconosciuta la tua saggezza,
che gli Enkum e i Ninkum
possano stare di fronte a noi e pronunciare le parole della tua
gloria,
sorella mia, tu eroina,
siano scritte (…) canzoni (…)

gli dei che hanno (...) la creatura malata (...) sia costruita una casa.”
Ninmah non potè ribattere al grande signore Enki.
Padre Enki, è giusto lodarti!

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