11 dic 2016
"I problemi sono inevitabili", ma "i problemi sono sempre risolubili": queste sono proprio le massime (prese da me in prestito dal libro di DAVID DEUTSCH) che aprono la porta dell'infinito. I fabbricanti di tristezza e di pessimismo sono sempre al soldo di chi detiene l'egemonia, e sono molti e ben organizzati. Religione e capitalismo sono oggi alleati nel preservare il proprio potere, facendo credere di essere dei traguardi invalicabili, così come la religione attuale ribadisce "non avrai altro dio al di fuori di me", gli alleati del capitalismo affermano che esso non si può mettere in discussione. Entrambe, religione e capitalismo, hanno bisogno della tristezza per sopravvivere: la prima perchè l'uomo, ridotto a gregge, perde la fiducia in sè stesso e nelle proprie potenzialità delegandole ad un'entità invisibile e, ovviamente, ai suoi emissari; l'altro perchè un'umanità felice con un'esistenza serena non avrebbe bisogno di "consumare" per riempire i propri vuoti esistenziali, perchè la sua esistenza si baserebbe sull'"essere" non sull'"avere", come insegna Fromm. A queste due amene istituzioni si aggiunge la psicoanalisi freudiana, che lega l'individuo al suo passato, impedendogli di liberare la mente da elementi negativi e riducendolo a essere puramente meccanico. Le fumanti fabbriche della tristezza, inoltre, ci hanno sempre fatto giudicare positivo un sentimento negativo: quello della SPERANZA, ovvero il più grande mezzo psicologico con cui governanti e religiosi hanno fatto in modo che si delegasse a loro il timone della storia; per andare dove? Da nessuna parte, semplicemente per rimanere arenati nelle sabbie mobili della stagnazione, che fa, ovviamente, comodo ai loro interessi. I fabbricanti di tristezza perseguono tutti un unico obiettivo: costruire barriere mentali che tengano l'uomo lontano dalla conoscenza di sè, delle proprie potenzialità e dell'universo, che sbarrano la porta verso il progresso e L'INFINITO.
"I problemi sono inevitabili", ma "i problemi sono sempre risolubili": queste sono proprio le massime (prese da me in prestito dal libro di DAVID DEUTSCH) che aprono la porta dell'infinito. I fabbricanti di tristezza e di pessimismo sono sempre al soldo di chi detiene l'egemonia, e sono molti e ben organizzati. Religione e capitalismo sono oggi alleati nel preservare il proprio potere, facendo credere di essere dei traguardi invalicabili, così come la religione attuale ribadisce "non avrai altro dio al di fuori di me", gli alleati del capitalismo affermano che esso non si può mettere in discussione. Entrambe, religione e capitalismo, hanno bisogno della tristezza per sopravvivere: la prima perchè l'uomo, ridotto a gregge, perde la fiducia in sè stesso e nelle proprie potenzialità delegandole ad un'entità invisibile e, ovviamente, ai suoi emissari; l'altro perchè un'umanità felice con un'esistenza serena non avrebbe bisogno di "consumare" per riempire i propri vuoti esistenziali, perchè la sua esistenza si baserebbe sull'"essere" non sull'"avere", come insegna Fromm. A queste due amene istituzioni si aggiunge la psicoanalisi freudiana, che lega l'individuo al suo passato, impedendogli di liberare la mente da elementi negativi e riducendolo a essere puramente meccanico. Le fumanti fabbriche della tristezza, inoltre, ci hanno sempre fatto giudicare positivo un sentimento negativo: quello della SPERANZA, ovvero il più grande mezzo psicologico con cui governanti e religiosi hanno fatto in modo che si delegasse a loro il timone della storia; per andare dove? Da nessuna parte, semplicemente per rimanere arenati nelle sabbie mobili della stagnazione, che fa, ovviamente, comodo ai loro interessi. I fabbricanti di tristezza perseguono tutti un unico obiettivo: costruire barriere mentali che tengano l'uomo lontano dalla conoscenza di sè, delle proprie potenzialità e dell'universo, che sbarrano la porta verso il progresso e L'INFINITO.
ALESSIA BIRRI
FOTO: Arnold Bocklin, L'Isola dei morti (V versione), 1886, olio su tavola, Museum der Bildenden Kunste, Lipsia.
FOTO: Arnold Bocklin, L'Isola dei morti (V versione), 1886, olio su tavola, Museum der Bildenden Kunste, Lipsia.
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