mercoledì 10 ottobre 2018

DAL LIBRO "LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE" DI ROGER PENROSE

FOTO: una veduta dei FRATTALI dell'INSIEME DI MADELBROT; purtroppo in questo post non ho potuto riportare i disegni in successione presenti sul libro e numerati nel testo.
 
 
LA NOSTRA CONOSCENZA NON COMPRENDERA' UNA REALTA' "ETERNA", MA "ETERNAMENTE INFINITA". SOLO IL DIVENIRE E' ETERNO.

All'inizio del capitolo "Matematica e realtà", ROGER PENROSE si applica alla spiegazione dell'INSIEME DI MANDELBROT, ovvero l'"insieme di numeri complessi in successione", che, mediante l'elaborazione al computer, portano alla formazione di una struttura ideale composta di FRATTALI: elementi che si ripetono assumendo lo stesso aspetto l'uno dell'altro praticamente all'infinito, ma elaborando ogni volta strutture diverse. Questo esperimento fu condotto per la prima volta, grazie al computer, da BENOIT MADELBROT (nato a Varsavia il 20 novembre 1924, è morto a Cambridge, Massachusetts il 14 ottobre 2010), a cui è stato conferito il premio Wolf per la fisica nel 1993. Secondo PENROSE, questa struttura non sarebbe frutto di pure riflessioni della mente umana, ma avrebbe un'esistenza oggettiva, indipendente dai nostri studi, e sarebbe la conferma di una realtà "eterna" al di là della realtà percepibile, che a sua volta è alla base delle leggi del nostro universo. Assumerebbe perciò il titolo di SCOPERTA. Sarebbe però intuitivamente più giusto definirla come la conferma di una realtà ETERNAMENTE INFINITA, perchè, com'è ovvio, anche la nostra stessa mente si ribellerebbe all'idea di ETERNITA' intesa nel senso di CRISTALLIZZAZIONE o REALTA' ULTIMA. Se facciamo un esperimento mentale, chiudendo gli occhi, e proviamo ad immaginare una realtà "ultima", un "fine", la nostra mente non potrà rimanere incatenata a nessun immaginario, seppur meraviglioso, "fine", ma continuerà a cercare e a cercare ancora perchè non tollera delimitazioni: L'INTELLIGENZA, LA MENTE, LA CONOSCENZA, SONO INFINITE E CREATRICI DI ULTERIORI E SEMPRE NUOVE ENTITA': SOLO IL DIVENIRE E' ETERNO. Così come la matematica non è racchiudibile in assiomi che rappresentino una "soluzione finale", allo stesso modo la mente, l'evoluzione, la conoscenza, non possono conoscere limitazioni. (Alessia Birri)

Ma leggiamo il testo sull'argomento dal libro dello stesso PENROSE, poi riporteremo alcuni aforismi o brani di scienziati e filosofi famosi:

IL PAESE DI TOR BLED NAM (Nota: Tor Bled Nam letto al contrario è lo stesso nome dello scienziato MANDEL BROT, ossia BENOIT MANDELBROT che per la prima volta, nel 1984, con l'aiuto del computer riuscì a visualizzare questa struttura microscopica)

"Immaginiamo di aver compiuto un lungo viaggio verso un mondo molto lontano. Chiameremo questo mondo Tor’ Bled-Nam. La nostra strumentazione ha captato un segnale che ora è ben evidente sullo schermo che abbiamo di fronte. L’immagine si mette a fuoco e osserviamo. Che cosa potrebbe essere? È un insetto dall’aspetto inconsueto? Forse è invece un lago dai riflessi scuri, in cui si immettono tanti ruscelli montani? Oppure potrebbe essere una grande città aliena dalla forma curiosa con strade che si dipartono in diverse direzioni verso piccole città e villaggi poco distanti?
Può essere un’isola – e allora proviamo a cercare qual è il continente più vicino al quale possa essere associata. Possiamo acquistare questa visione più ampia allontanandoci dall'oggetto, ossia, per esempio, riducendo l'ingrandimento del nostro dispositivo di telerilevamento di un fattore lineare di quindici. Ed ecco che appare alla nostra vista l'intero mondo. La nostra isola ci appare come un puntino. I filamenti (corsi d'acqua, strade, ponti?) che si dipartono dall'isola originaria hanno tutti una fine, con l'eccezione di quello che ha origine all'interno della sua fenditura di destra, il quale va a unirsi all'oggetto molto più grande che vediamo rappresentato nella figura 3.2. Quest'oggetto più grande è chiaramente simile all'isola che abbiamo visto in principio, anche se non è esattamente identico. Se ci concentriamo con maggiore attenzione su quella che appare essere la linea di costa di quest'oggetto, vediamo innumerevoli protuberanze dalla forma grosso modo tondeggiante, le quali posseggono a loro volta protuberanze simili. Ogni piccola protuberanza sembra essere attaccata una protuberanza maggiore per mezzo di un piccolo punto di contatto, e si osservano molte verruche su verruche. Man mano che l'immagine si fa più nitida, vediamo miriadi di minuscoli filamenti serpeggianti che si dipartono dalla struttura. I filamenti si biforcano in vari punti e spesso formano meandri irregolari. In certi punti sui filamenti vediamo piccoli grovigli complicati che il nostro dispositivo di telerilevamento, con il suo ingrandimento attuale, non è in grado di risolvere. E' chiaro che l'oggetto non è una vera isola o un continente, nè un paesaggio di alcun genere. Quello che stimao osservaando potrebbe essere dopo tutto un mostruoso coleottero, e il primo oggetto che abbiamo visto era forse un suo piccolo, ancora attaccato ad esso da una sorta di cordone ombelicale. Cerchiamo di esaminare la natura di una delle verruche del nostro organismo misterioso, aumentando l'ingrandimento del nostro dispositivo di rilevamento di un fattore lineare di dieci circa. La verruca stessa ha una forte somiglianza con l'organismo nel suo complesso, tranne che nel suo punto di attacco con l'organismo. Osserviamo che nella figura 3.3 ci sono vari punti in cui si riuniscono 5 filamenti. Questa particolare verruca è forse caratterizzata da una certa "quintuplicità", così come quella in alto da una "triplicità". Di fatto, se dovessimo esaminare la successiva verruca di dimensioni ragionevoli, un po' più giù a sinistra nella fig.3.2, troveremmo in essa una "settuplicità"; e nella successiva una "nonuplicità" e via dicendo. Entrando nella fenditura fra le due regioni più grandi della fig. 3.2, troviamo che le verruche sulla destra sono caratterizzate da numeri dispari, che aumentano ogni volta di due. Guardiamo in profondità in questa fenditura, aumentando l'ingrandimento di un fattore di dieci circa rispetto a quello della fig.3.2. Vediamo numerose altre minuscole verruche e anche molta attività turbinante. a destra riusciamo anche a discernere qualche piccola spirale a forma di coda di cavalluccio di mare, in un'area che designeremo come "la valle dei cavallucci di mare". Qui troveremo, usando un ingrandimento sufficiente, vari anemoni di mare, o regioni dall'aspetto distintamente floreale. Dopotutto, questa potrebbe essere forse una linea di costa esotica: ad esempio una scogliera corallina, pullulante di ogni forma di vita. A un ulteriore ingrandimento, quello che ci era sembrato un fiore potrebbe rivelarsi composto di miriadi di strutture minuscole ma incredibilmente complesse, ognuna con numerosi filamenti e con code di spirale turbinanti. Esaminiamo in modo dettagliato una delle più grandi fra le code di cavallucci di mare, e precisamente quella appena percepibile nella fig.3.4 nel punto indicato con la scritta "Fig.3.5" (la quale è attaccata a una verruca con una 29-plicità!). Con un ulteriore ingrandimento di circa 250 volte ci troviamo di fronte alla spirale raffigurata nella figura 3.5. Troviamo che questa non è una coda ordinaria, ma è composta da mulinelli più complicati avanti e indietro, con innumerevoli piccole spirali e regioni che assomigliano a polpi e a cavallucci di mare. In molti punti la struttura è attaccata solo dove si congiungono due spirali. Esaminiamo uno di questi punti(indicato nella fig.3.5 sotto la scritta "fig.3.6) aumentando il nostro ingrandimento di circa trenta volte. Tò: non distinguiamo in mezzo un oggetto strano ma ora familiare? Un ulteriore ingrandimento di circa sei volte (fig. 3.7) ci rivela una creatura minuscola, ma quasi identica all'interaa struttura che abbiamo esaminato! Se guardiamo più attentamente vediamo che i filamenti che ne emanano sono un po' diversi da quelli della struttura principale, e turbinano attorno estendendosi fino a distanze relativamente molto maggiori. Eppure questa minuscola creatura non sembra differire per nulla dalla sua genitrice, tanto da possedere addirittura a sua volta una prole propria, in posizioni esattamente corrispondenti. Adottando ingrandimenti ancora maggiori, potremmo osservare anche queste creature più piccole. Anche i nipotini assomiglierebbero al progenitore comune, e si può facilmente essere indotti a credere che questa situazione possa proseguire indefinitamente. Possiamo esplorare questo mondo di Tor Bled Nam finchè vogliamo, facendo ricorso a ingrandimenti sempre maggiori. TROVEREMO UNA VARIETA' SENZA FINE: NON CI SONO DUE REGIONI ESATTAMENTE IDENTICHE, EPPURE C'E' UN'ATMOSFERA GENERALE A CUI CI ABITUIAMO BEN PRESTO.

Le creature simili a coleotteri la cui forma ci è ora familiare tornano a emergere a scale sempre più piccole. Ogni volta le strutture filamentose vicine differiscono da quelle che avevamo visto prima, e ci presentano fantastiche nuove scene di incredibile comlicazione. Che cos'è questo strano paese, vario ed estremamente complicato in cui ci siamo imbattuti? Molti lettori saranno senza dubbio già in grado di rispondere a questa domanda, altri no. Questo mondo non è altro che che un elemento di matematica stratta, il cosiddetto INSIEME DI MANDELBROT. Complicato lo è senza dubbio; eppure è generato da una regola di notevole semplicità! Per spiegare in modo appropriato la regola, dovrò prima spiegare cos'è un numero complesso, e sarà bene farlo subito.In seguito avremo bisogno di numeri complessi. Assolutamente fondamentali per la meccanica quantistica, sono perciò basilari per il funzionamento del mondo in cui viviamo....". (dal libro di ROGER PENROSE: "LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE"; capitolo MATEMATICA E RELTA', paragrafo IL PAESE DI TOR BLED NAM, pag.109-110-111-112-113-114-115; purtroppo i disegni elencati in questo teso con dei numeri si possono vedere solo sul libro).

CONSIDERAZIONI:

“Era uno scienziato estremamente originale che con l’invenzione dei frattali ha aperto una nuova branca della matematica con applicazioni in diverse branche della scienza e dell’arte....Per concludere vorrei suggerire che l'aspetto universale dei frattali potrebbero corrispondere al fatto che posso in modo inconscio implicare che la piccola parte dell’universo che noi siamo, è una immagine dell’intero universo, in altre parole che siamo un microcosmo.". (Considerazione del fisico JACQUES MANDELBROJT su BENOIT MANDELBROT, che, peraltro, era suo cugino)

“Scienza e arte: due modi complementari di porsi in relazione con la realtà naturale, analitico il primo, intuitivo il secondo. Considerate agli antipodi l’una dell’altra, talvolta inconciliabili, sono intimamente legate; nel suo sforzo di risolvere tutta la complessità dei fenomeni in poche leggi fondamentali, l’uomo di pensiero è lui stesso un visionario, e non meno di chi, amante del bello, si immerge nella ricchezza delle forme sentendosi parte dell’eterno divenire.” (dal libro "La bellezza dei frattali"-1987, di PEITGEN e RICHTER)
 
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CHE COSA DETERMINA L'INDIVIDUALITA'?

"Che cos'è che dà a una particolare persona la sua identità individuale? Sono, in qualche misura, gli atomi stessi che compongono il suo corpo? La sua identità dipende dalla particolare scelta di elettroni, protoni e altre particelle che compongono quegli atomi? Ci sono almeno due ragioni per cui non può essere così. La prima è che nei materiali che compongono il corpo di qualsiasi persona viva c'è un ricambio continuo. Ciò vale anche per le cellule nel cervello di una persona, nonostante il fatto che dopo la nascita non si producano più nuove cellule cerebrali. La grande maggioranza degli atomi in ogni cellula viva (fra cui le cellule cerebrali) e, di fatto, l'intero materiale che costituisce il nostro corpo, è stata sostituita molte volte dopo la nascita. La seconda ragione deriva dalla fisica quantistica e, per una strana ironia, è a rigore in contraddizione con la prima! Secondo la meccanica quantistica (come vedremo più dettagliatamente nel capitolo 6, p.359), due elettroni presi a piacere devono essere assolutamente identici, e lo stesso vale per due protoni e per due particelle dello stesso tipo particolare. Ciò non significa semplicemente che non è possibile distinguere due particelle dello stesso tipo una dall'altra: l'affermazione significa parecchio di più. Se un elettrone nel cervello di una persona fosse scambiato con un elettrone di un mattone, lo stato del sistema sarebbe esattamente lo stesso stato di prima, e non solo indistinguibile da esso! Lo stesso vale per i protoni e per qualsiasi altro tipo di particella, e per interi atomi, molecole, ecc...Se l'intero contenuto materiale di unaa persona fosse scambiato con particelle corrispondenti presenti nei mattoni della sua casa, allora, in senso forte, non sarebbe accaduto assolutamente nulla. Ciò che distingue una persona dalla sua casa è la CONFIGURAZIONE secondo cui i suoi componenti sono disposti, e non la sua individualità".

DAL LIBRO DI ROGER PENROSE "LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE", capitolo I: "UN COMPUTER PUO' AVERE UNA MENTE?"; paragrafo: "Hardware e software"; pag.49-50.
 
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I CONCETTI MATEMATICI HANNO UNA REALTA' PROPRIA E ATEMPORALE? RIFLESSIONI SUL SISTEMA DI MANDELBROT E I FRATTALI.

"Quanto sono reali gli oggetti del mondo matematico? Da un certo punto di vista pare che in essi non possa esserci niente di reale. Gli oggetti matematici sono solo concetti, essi sono le idealizzazioni mentali dei matematici, spesso prodotte sotto lo stimolo dell'ordine apparente di certi aspetti del mondo che ci circonda, ma sono nondimeno idealizzazioni mentali. Possono essere altro che mere costruzioni arbitrarie della mente umana? Al tempo stesso, questi concetti matematici sembrano avere non di raado una profonda realtà, del tutto sottratta alla volontà di un qualsiasi matematico. E' come se il pensiero umano fosse guidato verso una verità esterna eterna: una verità dotata di una realtà propria, e che è rivelata solo in parte a ciascuno di noi. L'INSIEME DI MANDELBROT costituisce un esempio sorprendente. La sua struttura mirabilmente complessa non fu l'invenzione di una persona, nè fu la creazione di un gruppo di matematici. Lo stesso BENOIT MANDELBROT, il matematico polacco-americano e protagonistaa della TEORIA DEI FRATTALI, CHE FU IL PRIMO A STUDIARE L'INSIEME, non ebbe alcuna vera intuizione dei fantastici sviluppi in essa intrinseci, pur sapendo di essere sulle tracce di qualcosa di molto interessante. In effetti, quando cominciarono a emergere sul monitor le prime immagini, ebbe la sensazione che le costruzioni bizzaarre che stava vedendo fossero il risultato del cattivo funzionamento del computer. Solo in seguito si convinse che si trovavano davvero nell'insieme. Inoltre, i dettagli completi della complessa struttura dell'INSIEME DI MANDELBROT non possono essere compresi appieno da nessun computer. Si ha l'impressione che questa struttura non sia solo un parto della nostra mente, ma che abbia una realtà propria. Qualsiasi matematico o appassionato di computer decida di esaminare l'insieme, vi troverà approssimazioni alla stessa struttura matematica fondamentale. Non importa quale computer venga usato per eseguire i calcoli (purchè il computer funzioni regolarmente), a parte il fatto che differenze nella velocità e nella memoria del computer, e nelle sue capacità di visualizzazione grafica, possono condurre a delle differenze nella quantità di particolari fini che verranno visualizzati e nella velocità con cui tali particolari saranno prodotti. Il computer viene usato essenzialmente nello stesso modo in cui il fisico sperimentale usa l'apparecchiatura sperimentale per esplorare la struttura del mondo fisico. L'INSIEME DI MANDELBROT non è un'invenzione della mente umana: esso fu unaa scoperta.Come il Monte Everest l'INSIEME DI MANDELBROT ha un'esistenza propria! Similmente, il sistemaa stesso dei numeri complessi ha una realtà profonda e atemporale che è del tutto indipendente dalle costruzioni mentali di qualsiasi particolare matematico".

Dal libro "LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE" di ROGER PENROSE; capitolo MATEMATICA E REALTA', pag.133-134-135.
 
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 "Torniamo alla nostra funzione d'onda Ψ (psi). Supponiamo che essa sia in uno stato di quantità di moto. Essa rimarrà felicemente in tale stato di quantità di moto fintanto che la particella non interagirà con qualcos'altro. Questo è ciò che dice l'equazione di Schrodinger. Ogni volta che decideremo di misurare la sua quantità di moto, otterremo sempre la stessa risposta ben definita. Qui non ci sono probabilità. La prevedibilità qui è altrettanto sicura quanto nella teoria classica. Supponiamo però, che in una qualche fase decidiamo di misurare (ossia di ingrandire fino al livello classico) la posizione della particella. Ora ci troviaamo di fronte a una quantità di aampiezze di probabilità, di cui dobbiamo elevare al quadrato i moduli. A questo punto le probabilità abbondano, e c'è una totaale incertezza sul risultato che produrrà la misurazione. Questa incertezza è in accordo col principio di indeterminazione di Heisenberg".

Dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE, pag.223, capitolo MAGIA QUANTISTICA E MISTERO QUANTISTICO.
 
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UNA PARTICELLA PUO' TROVARSI IN DUE LUOGHI SIMULTANEAMENTE?

"Non occorre che le fenditure siano vicine fra loro perchè un fotone possa passare per entrambe simultaneamente. Per vedere che una particella quantistica può trovarsi in due luoghi, per quanto lontani fra loro, consideriamo una situazione sperimentale un po' diversa da quella dell'esperimento delle due fenditure. Come in precedenza, abbiamo una lampada che emette luce monocromatica, un fotone per volta, ma anzichè far passare la luce per un paio di fenditure, facciamola riflettere da uno specchio argentato solo per metà, inclinato a 45° rispetto al raggio. Uno specchio argentato per metà è uno specchio che riflette esattamente metà della luce che incide su di esso, mentre la metà restante attraversa lo specchio. Dopo l'incontro con lo specchio, la funzione d'onda del fotone si divide in due: una parte viene riflessa da un lato mentre l'altra parte continua a propagarsi nella direzione iniziale. La funzione d'onda viene ad avere di nuovo due picchi, come nel caso del fotone emergente dalle due fenditure, ma ora i due picchi sono molto più distanziati fra loro, un picco descrive il fotone riflesso e l'altro il fotone che ha attraversato lo specchio. Inoltre, al passare del tempo, la separazione fra i due picchi aumenta sempre più, crescendo indefinitamente. Immaginiamo che le due porzioni della funzione d'onda evadano nello spazio e che noi attendiamo per un intero anno. Allora i due picchi della funzione d'onda del fotone saranno lontani fra loro di più di un anno-luce. In qualche modo, il fotone è venuto a trovarsi a un tempo in due luoghi, a più di un anno luce di distanza l'uno dall'altro".

Dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE, pag.327, capitolo MAGIA QUANTISTICA E MISTERO QUANTISTICO
 
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IL MISTERO DELLO SPIN QUANTISTICO E SUE IMPLICAZIONI SULLA NON RIPRODUCIBILITA' DELLA COSCIENZA

"La quantità nota, in meccanica quantistica, con il nome di SPIN, è considerata la più quantomeccanica di tutte le quantità fisiche, cosicchè faremo bene a dedicarle un po' di attenzione. Che cos'è lo SPIN? Essenzialmente è una misura della rotazione di una particella. Il termine SPIN suggerisce qualcosa di simile alla rotaazione di una palla da tennis (nel tennis si parla, ad esempio, di "top spin"). Ricordiamo il concetto di MOMENTO ANGOLARE, che, come l'energia e la quantità di moto, si conserva. Il MOMENTO ANGOLARE di un corpo si conserva nel tempo finchè il corpo non è disturbato da forze di attrito o da altre forze. La stessa cosa è, in effetti, lo SPIN della meccanica quantistica, salvo che qui è la rotazione di una singola particella ciò che interessa, non il moto orbitale di miriadi di particelle attorno al loro centro di massa comune (come nel caso della rotazione di una palla da tennis).

LO SPIN E' UNA PROPRIETA' INTRINSECA DELLA PARTICELLA STESSA, OSSIA NON DERIVA DAL MOTO ORBITALE DELLE SUE PARTI ATTORNO A QUALCHE CENTRO.

IL SISTEMA ORIGINALE E' GIA' CAMBIATO DAL MOMENTO CHE VIENE MISURATO, PERCIO' NON SI POTRA' MAI CONOSCERE IL MOTO DI ROTAZIONE ORIGINALE "IN SE'"DELLO SPIN DELLA PARTICELLA.

VETTORE DI STATO: spazio ideale in cui è rappresentato matematicamente il sistema fisico in cui si muove la particella.

Una parte di questa prudenza, o di questi dubbi, circa la realtà fisica dei VETTORI DI STATO sembra scaturire dal fatto che ciò che è misurabile fisicamente è, secondo la teoria, rigorosamente limitato. Consideriamo lo stato di SPIN di un ELETTRONE, come abbiamo visto sopra. Supponiamo che lo stato di SPIN sia A, ma noi non lo sappiamo; in altri termini, non conosciamo la direzione A in cui supponiamo che l'elettrone ruoti. Possiamo determinare questa direzione attraverso la misurazione? NO, NON POSSIAMO. La cosa migliore che possiamo fare è di estrarre un'unità binaria di informazione, ossia la risposta a una singola domanda che ammetta come risposte "sì" e "no". Possiamo scegliere una qualche direzione B nello spazio e misuraare lo SPIN dell'elettrone in questa direzione. Otterremo la risposta "sì" o "no", ma in seguito a questa risposta avremo perso l'informazione sulla direzione originaria dello SPIN. Nel caso di una risposta "sì" sappiamo che lo stato è ora proporzionale a B, e nel caso di una risposta "no" sappiamo che ora è nella direzione opposta a B. Nè nell'uno nè nell'altro caso possiamo sapere quale fosse la direzione A dello stato prima della misurazione, ma possiamo ottenere solo qualche informazione probabilistica su A.
Sembra d'altra parte legittimo pensare che ci fosse qualcosa di completamente OBIETTIVO nella direzione A stessa, nella quale l'elettrone ruotava prima che venisse eseguita la misurazione. Avremmo infatti potuto scegliere di misurare lo SPIN dell'elettrone nella direzione A, e l'elettrone doveva essere preparato a dare sicuramente la risposta "sì" se ci fosse capitato di scoprire la congettura giusta! In qualche modo, l'INFORMAZIONE che l'elettrone deve dare effettivamente questa risposta, E' CONTENUTA NELLO STATO DI SPIN DELL'ELETTRONE STESSO.

L'obiettività, accompagnata alla non misurabilità, dello stato di SPIN di un elettrone illustra un altro fatto importante:

E' IMPOSSIBILE COPIARE UNO STATO QUANTICO LASCIANDO INTATTO LO STATO ORIGINALE!

Supponiamo infatti che si potesse eseguire una tale copia di uno stato di SPIN "A" di un elettrone. Se potessimo farlo una volta, potremmo farlo di nuovo, e poi ancora indefinitamente. Il sistema risultante potrebbe avere un grandissimo momento angolare con una direzione ben definita. Questa direzione, ossia A, potrebbe essere accertata per mezzo di una misurazione macroscopica. Questa situazione violerebbe la fondamentale non misurabilità dello stato di SPIN "A". Si può invece copiare uno STATO QUANTICO , a condizione che siamo disposti a distruggere lo stato dell'originale. Per esempio, potremmo avere un elettrone in uno stato di SPIN "A" sconosciuto e, diciamo, un neutrone in un altro stato di SPIN "Y". E' del tutto legittimo scambiare questi stati, cosicchè ora lo stato del neutrone è A e quello dell'elettrone è Y. Quel che non possiamo fare è duplicare A (a meno che non sapessimo già che cosa è realmente A!)

Facciamoci tornare alla mente la MACCHINA PER IL TELETRASPORTO di cui abbiamo parlato nel capitolo 1 (alle pagine 52-53). questo dipendeva dalla possibilità, in linea di principio, di costruire una copia completa del corpo e del cervello di una persona su un pianeta lontano. E' interessante speculare sulla possibilità che la consapevolezza di una persona possa dipendere da qualche aspetto di uno STATO QUANTICO. Se così fosse, la teoria quantistica ci proibirebbe di eseguire una copia di tale consapevolezza senza distruggere lo stato dell'originale, e in questo modo potrebbe essere risolto il PARADOSSO DEL TELETRASPORTO. Considereremo la possibile pertinenza di effetti quantici per la funzone del cervello negli ultimi due capitoli".

Estratti dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE, pagine 339-340-341-342-343-344-345-346-347-348; capitolo MAGIA QUANTISTICA E MISTERO QUANTISTICO.
 
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IL PARADOSSO DEL GATTO DI SCHRODINGER

"Torniamo infine a un problema che ci ha assillati fin dall'inizio delle nostre descrizioni. Perchè non vediamo sovrapposizioni lineari quantistiche di oggetti alla scala classica, come palle da tennis in due luoghi simultaneamente? Che cosa fa sì che certe disposizioni di atomi costituscano un dispositivo di misurazione, così che appaia subentrare a U il procedimento R? Senza dubbio qualsiasi parte dell'apparecchiatura di misurazione fa parte del mondo fisico, che è formato da quegli stessi componenti quantomeccanici il cui comportamento il nostro dispositivo dovrebbe esplorare. Perchè non trattare l'apparecchiatura di misurazione, assieme al sistema fisico in esame, come un sistema quantico combinato? In questo caso non si avrebbe nessuna misteriosa misurazione esterna. Il sistema combinato dovrebbe semplicemente evolversi secondo U. Ma avviene effettivamente così? L'azione di U sul sistema combinato è completamente deterministica, con nessuno spazio per le incertezze probabilistiche di tipo R implicate nella misurazione o nell'osservazione che il sistema combinato esegue su sè stesso! Qui c'è un evidente contraddizione, resa particolarmente lampante in un famoso esperimento mentale proposto da ERWIN SCHRODINGER (1935) e noto come IL PARADOSSO DEL GATTO DI SCHRODINGER. Immaginiamo un contenitore sigillato, costruito in modo così perfetto che nessuna presenza fisica possa attraversarne le pareti verso l'esterno o verso l'interno. Immaginiamo che all'interno del contenitore ci sia un gatto, e inoltre un dispositivo che possa essere attivato da un qualche evento quantistico. Se l'evento si verifica, il gatto continua a vivere. Nella versione originale di Schrodinger l'evento quantistico era il decadimento di un atomo radioattivo. Vorrei modificare leggermente questa situazione e supporre che il nostro evento quantistico sia l'attivazione di una fotocellula per opera di un fotone: il fotone dev'essere stato emesso da qualche sorgente di luce in uno stato predeterminato, ed essere poi stato riflesso da uno specchio semiargentato. La riflessione del fotone sullo specchio scinde la funzione d'onda del fotone in due parti separate, una delle quali viene riflessa e l'altra trasmessa attraverso lo specchio. La parte riflessa della funzione d'onda viene concentrata sulla fotocellula, cosicchè, se il fotone è registrato dalla fotocellula, ciò significa che è stato riflesso. In questo caso viene liberato il cianuro e il gatto muore. Se la fotocellula non registra il fotone, il fotone è stato trasmesso attraverso la metà dello specchio non argentata sulla parete retrostante e il gatto è salvo. Dal punto di vista, un po' rischioso, di uno spettatore che si trovi all'interno del contenitore, questa sarebbe in effetti una descrizione degli eventi che vi accadono. (Avremmo fatto bene a fornire questo spettatore di opportuni indumenti protettivi!) O si accetta che il fotone sia stato riflesso, in quanto si osserva che la fotocellula lo ha registrato e il gatto è morto, o si accetta che il fotone è stato trasmesso, in quanto si osserva che la fotocellula "non" lo ha registrato e il gatto è vivo. L'una o l'altra delle due cose si verifica realmente: è stato applicato il procedimento R e la possibilità di ciascuno dei due eventi alternativi è del 50 per cento (perchè lo specchio è argentato per metà). Adottiamo ora il punto di vista di un fisico che si trovi fuori del contenitore. Possiamo supporre che egli conosca il vettore di stato iniziale di tutto ciò che si trova nel contenitore da prima che questo venisse chiuso ermeticamente. Non intendo dire che questo vettore potrebbe essere noto in pratica, ma che, nella teoria quantistica non c'è nulla che dica che non possa essere noto al fisico in linea di principio. Secondo l'osservatore esterno, non ha avuto luogo in realtà alcuna misurazione, cosicchè l'intera evoluzione del vettore di stato dovrebbe avere avuto luogo secondo U. Il fotone viene emesso dalla sorgente nel suo stato predeterminato (entrambi gli osservatori sono d'accordo su questo fatto) e la sua funzione d'onda si scinde in due raggi, con un'ampiezza di probabilità diciamo, di "tot" che il fotone sia in ciascuno di essi (cosicchè il modulo quadrato darebbe in effetti una probabilità di 1/2. Poichè tutto ciò che si trova nel contenitore viene trattato dall'osservatore esterno come un singolo sistema quantico, la sovrapposizione lineare fra possibilità alternative dev'essere mantenuta fino alla scala del gatto. C'è un ampiezza di probabilità di "un tot" che la fotocellula registri il fotone, e un'ampiezza dello stesso "tot" che non lo registri.Nello stato devono essere presenti entrambe le possibilità alternative, egualmente pesate come parte di una sovrapposizione lineare quantistica. Secondo l'osservatore esterno il gatto si trova in una sovrapposizione lineare di essere vivo e di essere morto. Crediamo davvero che le cose dovrebbero essere in questi termini? Lo stesso Schrodinger dichiarò chiaramente che non ci credeva. Egli sostenne, in effetti, che la regola U della meccanica quantistica non doveva applicarsi a qualcosa di grande o complesso come un gatto. L'equazione di Schrodinger dev'essersi trovata in qualche intoppo lungo il suo percorso. Ovviamente Schrodinger aveva il diritto di argomentare in questo modo sulla propria equazione, ma questa non è una prerogativa concessa anche a noi! Moltissimi fisici (e probabilmente la maggior parte) sosterrebbero che, al contrario, oggi ci sono un così gran numero di prove sperimentali a favore di U, e nessuna contro, che non abbiamo alcun diritto di abbandonare tale tipo di evoluzione, perfino alla scala di un gatto. Se accettiamo questa nozione, pare che siamo condotti a una visione molto soggettiva della realtà fisica. Per l'osservatore esterno, il gatto si trova effettivamente in una sovrapposizione lineare di essere vivo e di essere morto, e solo quando si aprirà effettivamente il contenitore il vettore di stato del gatto passerà decisamente nell'una o nell'altra possibilità. D'altra parte, per un osservatore (opportunamente protetto) all'interno del contenitore, il vettore di stato del gatto si sarebbe definito molto tempo prima, e la combinazione lineare dell'osservatore (morto+vivo) non ha alcuna pertinenza. Pare che il vettore di stato sia in definitiva TUTTO NELLA MENTE. Ma possiamo davvero adottare una visione così soggettiva del vettore di stato? Supponiamo che l'osservatore esterno abbia fatto qualcosa di molto più complesso che limitarsi semplicemente a guardare dentro il contenitore. Supponiamo che, sulla base della sua conoscenza dello stato iniziale all'interno del contenitore, egli si serva prima di qualche grande computer a sua disposizione per calcolare, usando l'EQUAZIONE DI SCHRODINGER, quale debba essere realmente lo stato all'interno del contenitore, ottenendo la risposta (corretta) "PSI" (lettera greca), dove PSI implica in effetti la sovrapposizione lineare citata sopra di un gatto vivo e di un gatto morto. Supponiamo che egli esegua poi quel particolare esperimento su quei contenuti che distinguono lo stato PSI da qualsiasi cosa ortogonale a PSI. Come si è visto in precedenza, secondo le regole della meccanica quantistica egli può, in linea di principio, eseguire un tale esperimento, anche se in pratica esso sarebbe estremamente difficile. Le possibilità per i due risultati "sì, lo stato è PSI" e "no, lo stato è ortogonale a PSI" avrebbero possibiltà rispettive del 100 per cento e dello 0 per cento. In particolare, c'è una probabilità 0 per lo stato X=morto-vivo, che è ortogonale a PSI. L'impossibilità di X come risultato dell'esperimento può verificarsi solo perchè le due possibilità morto e vivo COESISTONO, e interferiscono fra loro. Lo stesso varrebbe se modificassimo leggermente le lunghezze dei percorsi dei fotoni, o l'entità dell'argentatura, n modo che, in luogo dello stato morto+vivo, avessimo qualche altra combinazione, come morto-(i) vivo ecc...Tutte queste diverse combinazioni avrebbero in linea di principio conseguenze sperimentali distinte! Non è, quindi, neppure solo un fatto di qualche tipo di coesistenza fra morte e vita che potrebbe incidere sul nostro povero gatto. Sono permesse tutte le diverse combinazioni complesse, le quali sono, in linea di principio, tutte indistinguibili l'una dall'altra. Per l'osservatore all'interno del contenitore, però, tutte queste combinazioni sembrano non pertinenti. Il gatto è vivo o è morto. Come possiamo comprendere questo tipo di discrepanza? Presenterò in breve vari punti di vista che sono stati espressi su questo problema e questioni affini, anche se, senza dubbio, non sarò equo nei confronti di tutte!"

Dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE, pag.375-376-378 del capitolo MAGIA QUANTISTICA E MISTERO QUANTISTICO, paragrafo "Il gatto di Schrodinger".

DEFINIZIONI SCIENTIFICHE:

VETTORE DI STATO: descrizione del sistema dinamico in cui si muovono le variabili in cui si possono trovare le particelle quantistiche.

PSI: lettera greca con cui è definita la condizione ancora indefinita della funzione d'onda in cui gli stati sono sovrapposti.

EQUAZIONE DI SCHRODINGER (U): praticamente Schrodinger non considerò più la traiettoria ondulatoria di una particella come qualcosa di fisso, ma come una funzione indeterminata entro un certo spazio non superabile, che parte da 0 (dove l'onda si incrocia all'asse sul quale si evolve la sua spirale) e può raggiungere valori diversi lungo il suo percorso. Pertanto i valori raggiunti dalla particella entro i limiti circoscritti vengono "quantizzati" e descritti come precisi valori energetici; per questo l'equazione di Schrodinger viene definita deterministica in quanto è possibile prevedere la forma della funzione d'onda ad un qualsiasi istante successivo.Nella fisica quantistica l'onda associata ad una particella va intesa come un'onda di probabilità oscillante nel tempo e nello spazio nella quale, ad ampiezza maggiore, corrisponde una maggiore probabilità di trovare la particella. In pratica: quando prima il movimento ondulatorio indeterminato della particella veniva consideraato come un continuo e perciò non quantizzabile, Schrodinger suddivise il movimento a spirale della particella in "pacchetti", in sezioni nelle quali la particella parte dal punto 0 ad un punto massimo non superabile (paragonabile ai movimenti delle corde di una chitarra) e quindi l'energia della particella (ovvero la sua frequenza) diventa determinabile.
 
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RIFLESSIONI SUL MULTIVERSO: In questo brano tratto dal libro di ROGER PENROSE, "LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE", pag.381-382 del capitolo "MAGIA QUANTISTICA E MISTERO QUANTISTICO", l'autore espone le sue considerazioni sull'esistenza di molti universi, che si genererebbero infinitamente ad ogni diversa "scelta" operata da un soggetto qualsiasi nella propria dimensione. Per quel che mi riguarda, sono abbastanza scettica nei confronti di questa teoria: se gli universi si generano in continuazione per compensare le possibilità che si realizzano in un determinato universo, significherebbe che un individuo solo, secondo questa teoria, potrebbe causare lo sdoppiamento dell'intero universo? Senza eliminare a priori la possibilità dell'esistenza di universi paralleli (che in questo caso non sarebbero proprio "paralleli", visto che si condizionano a vicenda) non sarebbe più logico pensare che questi universi infiniti esistano CONTEMPORANEAMENTE al nostro, e che le diverse possibilità si realizzino in universi che già esistono, e NON generati in seguito alle nostre scelte? Ovviamente la mia è una riflessione da profana. Ma leggiamo che cosa ne pensa ROGER PENROSE:

"Un altro punto di vista, anch'esso logico a modo suo, che fornisce però un quadro non meno strano, è quello dei molti universi, proposto per la prima volta pubblicamente da HUGH EVERETT III (1957). Secondo l'interpretazione dei molti universi, R non si verifica mai. L'intera evoluzione del vettore di stato, che è considerato realisticamente, è sempre governata dal procedimento deterministico U. Ciò implica che il povero gatto di SCHRODINGER, come pure l'osservatore protetto all'interno del contenitore, debbano esistere di fatto in una qualche combinazione lineare complessa, col gatto in una qualche sovrapposizione di vita e di morte. Lo stato di morte è però correlato con uno stato della coscienza dell'osservatore dentro il contenitore, e quello di vita è correlato con un altro stato di coscienza dell'osservatore esterno (esso è inoltre correlato, presumibilmente, in parte con la coscienza del gatto e, infine, anche con quella dell'osservatore esterno, quando gli viene rivelata la situazione all'interno del contenitore). La coscienza di ogni osservatore è considerata divisa, cosicchè ora egli esiste due volte, e ognuna delle forme distinte assunte dalla sua coscienza ha un'esperienza diversa (una vede un gatto morto e l'altra un gatto vivo). In effetti, non solo un osservatore, ma l'intero universo in cui vive si scinde in due (o più) a ogni misurazione che egli compie del mondo. Una tale divisione si ripete di continuo, non solo in conseguenza delle misurazioni eseguite dagli osservatori, ma anche dell'ingrandimento macroscopico di eventi quantistici in generale, cosicchè queste ramificazioni dell'universo proliferano sfrenatamente. Ogni possibilità alternativa verrebbe quindi a coesistere con le altre in qualche vasta sovrapposizione. Questo non è certo il più economico dei punti di vista, ma le mie obiezioni ad esso non derivano dalla mancanza di economia. In particolare, non vedo perchè un essere cosciente debba essere consapevole di "una" sola delle alternative in una sovrapposizione lineare. Che cosa, nella coscienza, richiede che non si possa essere consaapevoli di quella stimolante combinazione lineare di un gatto morto e di un gatto vivo? Mi pare che si richiederebbe una teoria della coscienza prima di poter armonizzare la concezione dei molti universi con ciò che si osserva realmente. Io non vedo quale relazione ci sia fra il vettore di stato vero (obiettivo) dell'universo e ciò che noi osserveremmo realmente. Qualcuno ha sostenuto che in questo quadro si possa, in un certo senso, dedurre efficacemente l'illusione di R, ma io non penso che queste affermazioni reggano. Quanto meno, per far funzionare questo sistema occorrono altri ingredienti. A me pare che la concezione dei molti universi introduca una moltitudine di problemi propri, senza affrontare realmente i veri rompicapo della misurazione quantistica".

DEFINIZIONI SCIENTIFICHE PRESENTI IN QUESTO POST:

VETTORE DI STATO: descrizione del sistema dinamico in cui si muovono le variabili in cui si possono trovare le particelle quantistiche.

R: parametro relativo al collasso della funzione d'onda in una determinata condizione nella realtà.

EQUAZIONE DI SCHRODINGER (U): praticamente Schrodinger non considerò più la traiettoria ondulatoria di una particella come qualcosa di fisso, ma come una funzione indeterminata entro un certo spazio non superabile, che parte da 0 (dove l'onda si incrocia all'asse sul quale si evolve la sua spirale) e può raggiungere valori diversi lungo il suo percorso. Pertanto i valori raggiunti dalla particella entro i limiti circoscritti vengono "quantizzati" e descritti come precisi valori energetici; per questo l'equazione di Schrodinger viene definita deterministica in quanto è possibile prevedere la forma della funzione d'onda ad un qualsiasi istante successivo.Nella fisica quantistica l'onda associata ad una particella va intesa come un'onda di probabilità oscillante nel tempo e nello spazio nella quale, ad ampiezza maggiore, corrisponde una maggiore probabilità di trovare la particella. In pratica: quando prima il movimento ondulatorio indeterminato della particella veniva consideraato come un continuo e perciò non quantizzabile, Schrodinger suddivise il movimento a spirale della particella in "pacchetti", in sezioni nelle quali la particella parte dal punto 0 ad un punto massimo non superabile (paragonabile ai movimenti delle corde di una chitarra) e quindi l'energia della particella (ovvero la sua frequenza) diventa determinabile.
 
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IL MISTERO DEL COLLASSO DELLA FUNZIONE D'ONDA IN FISICA QUANTISTICA

Paragrafo dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE (pag.378-379-380, capitolo MAGIA QUANTISTICA E MISTERO QUANTISTICO)

"In primo luogo, ci sono ovvie difficoltà a compiere un esperimento come quello che distingue lo stato Ψ (PSI, lettera greca) da qualsiasi cosa ortogonale a PSI. Non c'è dubbio che un tale esperimento sia impossibile in pratica per l'osservatore esterno. In paarticolare, egli dovrebbe conoscere l'esatto vettore di stato di tutti i contenuti, compreso l'osservatore interno, prima di poter cominciare a calcolare quale sarebbe realmente PSI in un tempo successivo! Noi richiediamo però che questo esperimento sia impossibile in linea di principio, e non solo in pratica, giacchè altrimenti non avremmo alcun diritto di eliminare uno degli stati "vivo" o "morto" della realtà fisica. Il guaio è che la teoria quantistica, così com'è, non fa nulla per tracciare una chiara linea di demarcazione fra misurazioni possibili e impossibili. Forse dovrebbe esserci una tale distinzione netta, ma la teoria, così com'è, non la ammette. Introdurre una tale distinzione significherebbe cambiare la teoria quantistica. In secondo luogo c'è il punto di vista non insolito che le difficoltà sparirebbero se potessimo tener conto in misura adeguata dell'ambiente. Sarebbe, in effetti, impossibile in pratica isolare realmente dal mondo esterno tutto ciò che si trova nel contenitore. Non appena l'ambiente esterno entra in relazione con lo stato all'interno del contenitore, l'osservatore esterno non può più considerare i contenuti come dati semplicemente da un singolo vettore di stato. Perfino il proprio stato diventa correlato con esso in una maniera complicaata. Inoltre, ci sarà un numero enorme di particelle diverse connesse in modo inestricabile, e gli effetti delle diverse combinazioni lineari possibili si diffonderebbero sempre più lontano nell'universo su un gran numero di gradi di libertà. Non c'è alcun modo pratico (per esempio osservando opportuni effetti di interferenza) per distinguere queste sovrapposizioni lineari complesse da semplici possibilità alternative pesate probabilisticamente. Non si tratta neppure necessariamente dell'isolamento dei contenuti rispetto all'esterno. Il gatto stesso implica un gran numero di particelle. Così, la combinazione lineare complessa di un gatto morto e di uno vivo può essere trattata come se fosse semplicemente un miscuglio di probabilità. Io però non trovo affatto soddisfacente questa soluzione. Come nel caso dell'opinione precedente, possiamo chiederci in quale fase si ritenga ufficialmente impossibile ottenere effetti di interferenza, cosicchè si possa dichiarare che i moduli quadrati delle ampiezze di probabilità nella sovrapposizione complessa forniscano una pesatura delle probabilità che il gatto sia vivo o morto. Quand'anche la realtà del mondo diventasse in un certo senso davvero una pesatura delle probabilità per mezzo di numeri reali, in che modo questa situazione si risolverebbe nella realizzazione di una possibilità alternativa a preferenza dell'altra? Io non vedo in che modo la realtà possa mai trasformarsi da una sovrapposizione complessa (o reale) di due possibili alternative nell'una o nell'altra di tali possibilità, semplicemente sulla base dell'evoluzione U. Noi sembriamo dunque risospinti a una visione soggettiva del mondo! AA volte qualcuno adotta la linea che i sistemi complessi non dovrebbero essere descritti in realtà da "stati", bensì da una generalizzazione nota con il nome di MATRICI DENSITA' (Von Neumann 1955). Queste implicano sia probabilità classiche sia ampiezze di probabilità quantistiche. In effetti, si suppone che molti stati quantici diversi presi assieme rappresentino la realtà. Le maatrici densità sono utili, ma non risolvono di per sè i profondi e difficili problemi della misurazione quantistica. Si potrebbe tentare di adottare la linea che l'evoluzione reale sia l'evoluzione deterministica U, e che le probabilità derivino dalle incertezze connesse alla conoscenza di quale sia in realtà lo stato quantico del sistema combinato. Ciò equivarrebbe ad adottare una visione molto classica dell'origine delle probabilità, ossia che esse derivino tutte da incertezze nello stato iniziale. Si potrebbe immaginare che piccole differenze nello stato iniziale possano dare origine a differenze enormi nel corso dell'evoluzione, nello stesso modo in cui può verificarsi il caos nei sistemi classici (per esempio nella previsione del tempo in meteorologia; cfr. il capitolo 5, a pag.229). Tali effetti caotici non si verificano però semplicemente con levoluzione U di per sè, giaacchè essa è lineare; sovrapposizioni lineari indesiderate persistono semplicemente per sempre sotto la U! Per risolvere una tale sovrapposizione nell'uno o nell'altro sviluppo alternativo si richiederebbe qualcosa di non lineare, cosicchè il procedimento U di per sè solo non basta. Per un altro punto di vista, possiamo prendere nota del fatto che, nell'esperimento del gatto di Schrodinger, l'unicaadiscrepanza netta rispetto all'osservazione sembra derivare dal fatto che ci sono osservatori coscienti: uno (o due) all'interno del contenitore e uno all'esterno. Forse le leggi della sovrapposizione lineare quantistica complessa non si applicano alla coscienza! Un modello matematico approssimativo per un tale punto di vista fu proposto da EUGENE P. WIGNER (1961). Questi suggerì che la linearità dell'equazione di Schrodinger potesse venir meno per entità coscienti (o semplicemente viventi), ed essere sostituita da qualche procedimento non lineare in grado di determinare il passaggio alla realtà dell'una o dell'altra possibilità alternativa. Il lettore potrebbe pensare che, dal momento che sto cercando un qualche tipo di ruolo per fenomeni quantistici nel nostro pensiero cosciente (come in effetti è vero), dovrei guardare con simpatia a questa possibilità. In realtà non ne sono per nulla soddisfatto, in quanto mi pare che conduca a una visione della realtà del mondo del tutto sbilenca e inquietante. Gli angoli dell'universo in cui risiedono forme di coscienzaa potrebbero essere lontanissimi fra loro. Secondo questa concezione, solo in quegli angoli le sovrapposizioni lineari quantistiche complesse si risolverebbero nella realizzazione dell'una o dell'altra possibilità alternativa. Tali altri angoli potrebbero apparire a noi uguali al resto dell'universo giacchè tutto ciò che noi, noi stessi, in realtà guardiamo (o in altro modo osserviamo) si risolverebbe, in virtù dei nostri stessi atti di osservazione cosciente, in possibilità alternative realizzate, si fosse o no già tradotto in realtà prima. In ogni caso, questo squilibrio grossolano fornirebbe un'immagine molto insoddisfacente della realtà del mondo, e io per primo la accetterei solo con grande riluttanza. C'è un altro punto di vista, in qualche misura connesso a questo, suggerito da JOHN A. WHEELER (1983), è noto col nome di UNIVERSO PARTECIPATORIO, e porta il ruolo della coscienza a un estremo diverso. Notiamo, per esempio, che l'evoluzione della vita cosciente sul nostro pianeta è dovuta a mutazioni appropriate verificatesi in varie epoche. Si tratta, presumibilmente, di eventi quantistici, i quali dovettero esistere in forma linearmente sovrapposta fino a condurre in ultimo all'evoluzione di un essere cosciente, la cui stessa esistenza dipende dall'essersi realmente verificate le mutazioni giuste. E' la nostra stessa presenza, in questa concezione, a conferire l'esistenza al nostro passato. La circolarità e il paradosso impliciti in questo quadro esercitano una grande attrazione su molti ma, quanto a me, io lo trovo decisamente causa di disagio e, in effetti, assai poco credibile".
 
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IL FLUSSO DEL TEMPO

Estratto dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE; pag.386-387-388-389:

"Nei nostri sentimenti di consapevolezza ha un ruolo centrale la sensazione dello scorrere del tempo. Noi abbiamo l'impressione di muoverci sempre in avanti, da un passato ben definito a un futuro incerto. Il passato è sottratto a ogni possibilità di intervento e noi non possiamo più modificarlo. E' immutabile e, in un certo senso, è fuori di noi. La conoscenza che ne abbiamo al presente proviene dalle nostre registrazioni scritte, dalle tracce mnemoniche nel nostro cervello e da ciò che ne deduciamo, ma noi non abbiamo la tendenza a dubitare della realtà del passato. Il passato è stato una cosa e ora può "essere" solo una cosa. Quel che è stato è stato e non ci si può più far nulla. Il futuro, invece, sembra ancora indeterminato. Potrebbe essere una cosa oppure un'altra. Forse questa scelta è fissata completamente da leggi fisiche, o forse dipende in parte dalle nostre decisioni, o da Dio; ma questa scelta sembra debba ancora essere fatta. Pare che aattuaalmente ci siano solo "potenzialità" circa quella che sarà la realtà del futuro. Mentre noi percepiamo coscientemente il passare del tempo, la parte più immediata di questo futuro vasto e apparentemente indeterminato si realizza continuamente e fa in tal modo il suo ingresso nel passato ormai immodificabile. A volte possiamo avere la sensazione che perfino noi siamo personalmente responsabili di qualcosa che ha influito sulla scelta di quel particolare futuro potenziale che si è realizzato, ed è stato reso permanente nella realtà del passato. Più spesso ci sentiamo spettatori impotenti, forse grati di vederci sollevati da ogni responsabilità, quando, inesorabilmente, l'estensione del passato consolidato avanza in un futuro incerto. La fisica però, a quanto sappiamo, ci narra una storia diversa. Tutte le equazioni della fisica confermate da successi spesso secolari sono simmetriche rispetto al tempo. Esse, cioè, possono essere usate altrettanto bene in una direzione nel tempo quanto nell'altra. Il futuro e il passato sembrano essere fisicamente su un piede di completa parità. Le leggi di NEWTON, le equazioni di HAMILTON, quelle di MAXWELL, la relatività generale di EINSTEIN, l'equazione di DIRAC, l'equazione di SCHRODINGER: tutto questo rimane inalterato se invertiamo la direzione del tempo (se sostituiamo la coordinata "t", che rappresenta il tempo, con "-t"). L'intera meccanica classica, assieme alla parte U (equazione di Schrodinger) della meccanica quantistica, è del tutto reversibile nel tempo. Non sappiamo invece con certezza se la parte R della meccanica quantistica sia effettivamente reversibile nel tempo o no. Questo problema avrà un importanza centrale ai fini delle argomentaazioni che presenterò nel prossimo capitolo. Per il momento mettiamo però da parte il problema riferendoci a quello che potrebbe essere considerato un sapere convenzionale sull'argomento: ossia che, nonostante le prime apparenze, anche il modo di operare di R dev'essere considerato in effetti simmetrico nel tempo. Se accettiamo questo fatto, pare che dovremo cercare altrove per trovare dove le nostre leggi fisiche dicano che deve trovarsi la distinzione tra passato e futuro. Prima di affrontare questo problema, dovremmo considerare un'altra sconcertante discrepanza fra le nostre percezioni del tempo e ciò che la teoria fisica moderna vuole farci credere. Secondo la relatività, non esiste in realtà un "ora" (adesso). La cosa più prossima a un tale concetto che ci sia accessibile è uno "spazio simultaneo" dell'osservatore nello spazio, qual raffigurato nella fig.5.21, a pag.262, il quale dipende però dal moto dell'osservatore! L'"ora" di un osservatore non concorderebbe con l'"ora" di un altro! In relaazione a due eventi spazio-temporali A e B, un osservatore U potrebbe ritenere che B appartenga al passato ormai fissato e che A sia il futuro incerto, mentre per un secondo osservatore V potrebbe essere A ad appartenere al passato già fissato e B al futuro incerto! Non possiamo affermare significativamente che uno dei due eventi A e B rimane incerto se l'altro è definito. Ricordiamo la discussione a pag.263 e la figura 5.22. Due persone passano l'una accanto all'altra in strada; secondo una di esse una flotta spaziale andromedana è già partita per il suo lungo viaggio verso la Terra, mentre per l'altra non è stata ancora presa la decisione se mandare o no una flotta. Come può esserci ancora qualche incertezza sull'esito di tale decisione? Se per una delle persone la decisione è già stata presa, sicuramente non può esserci alcuna incertezza. Il lancio di una flotta spaziale è una inevitabilità. Di fatto nessuna delle due persone può ancora sapere della partenza della flotta spaziale. Esse potranno saperlo solo in seguito, quando osservazioni al telescopio dalla Terra riveleranno che la flotta è effettivamente in viaggio. Allora esse potranno tornare nel ricordo al loro incontro casuale e pervenire alla conclusione che a quel tempo, secondo una di loro la decisione apparteneva ancora ad un futuro incerto, mentre per l'altra apparteneva già al passato certo. C'era, allora, una qualche incertezza sul futuro? Oppure il futuro di entrambe le persone era già fissato? Comincia a farsi strada la sensaazione che se qualcosa è definito, l'intero spazio tempo debba essere in effetti definito! Non può esserci un futuro incerto. L'intero spazio tempo dev'essere fissato, senza alcun margine di incertezza. Questa pare sia stata, in effetti, la conclusione di EINSTEIN. Inoltre, non c'è alcuno scorrere del tempo. C'è solo lo spazio-tempo, senza alcun posto per un futuro il cui ambito viene inesorabilmente violato da un paassato determinato! Il lettore potrebbe chiedersi quale sia in tutto ciò il ruolo delle incertezze o indeterminazioni della meccanica quantistica. Tornerò su questi interrogativi sollevati dalla meccanica quantistica nel prossimo capitolo. Per il momento sarà preferibile pensare nei termini di un quadro esclusivamente classico. Mi pare ci siano gravi discrepanze fra ciò che noi pensiamo coscientemente sul flusso del tempo e ciò che le nostre teorie (mirabilmente esatte) affermano sulla realtà del mondo fisico. Queste discrepanze devono dirci senza dubbio qualcosa di profondo sulla fisica che dev'essere presumibilmente alla base delle nostre percezioni coscienti, supponendo, come lo credo, che ciò che è alla base di queste percezioni possa essere in effetti messo in relazione a un qualche tipo di fisica appropriato. Sembra vero quanto meno che, qualunque, qualunque tipo di fisica stia operando, deve possedere un ingrediente essenzialmente asimmetrico per quanto concerne il tempo, ossia deve fare una distinzione tra passato e futuro. Se le equazioni della fisica non sembrano fare alcuna distinzione tra futuro e passato, e se l'idea stessa del presente si concilia così poco con la relatività, dove dovremo rivolgerci, di grazia, alla ricerca di leggi fisiche in maggior accordo con ciò che sembriamo concepire del mondo? Le cose non sono in realtà così discrepanti come io posso aver dato l'impressione di sottintendere. La nostra comprensione fisica contiene in realtà ingredientiimportanti diversi dalle sole equazioni dell'evoluzione temporale, e alcuni di queste implicano in effetti asimmetrie temporali. Il più importante di questi ingredienti è quello che è noto come la SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA. Cerchiamo ora di farci un'idea del significato di questa legge".
 
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CHE COS'E' L'ENTROPIA?

Dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE, pag.395-396-397-398-399.

"Ma che cos'è esattamente l'ENTROPIA di un sistema fisico? Abbiamo visto che è una qualche sorta sorta di misura del disordine manifesto, ma dal mio uso di espressioni così imprecise come MANIFESTO e DISORDINE si potrebbe ricavare l'impressione che il concetto di ENTROPIA non possa essere in realtà una quantità scientifica ben definita. C'è anche un altro aspetto della seconda legge che sembra indicare un elemento di imprecisione nel concetto di ENTROPIA: è solo nel caso dei cosiddetti SISTEMI IRREVERSIBILI che l'ENTROPIA effettivamente aumenta, anzichè restare semplicemente costante. Che cosa significa "irreversibili"? Se prendiamo in considerazione i moti dettagliati di tutte le particelle, tutti i sistemi sono reversibili! Nella pratica, dovremmo dire che il bicchiere che cade dal tavolo e si rompe, o le azioni di strapazzare un uovo o di sciogliere lo zucchero nel caffè sono altrettanti eventi irreversibili; mentre i rimbalzi di un piccolo numero di particelle l'una sull'altra dovrebbero essere considerati reversibili, come varie situazioni controllate con precisione in cui non ci sia una dissipazione di energia in calore. Fondamentalmente, il termine IRREVERSIBILE si riferisce solo al fatto che non è stato possibile tenere sotto osservazione, nè controllare, tutti i particolari pertinenti delle singole particelle in moto nel sistema. Questi moti incontrollati sono designati come "calore". Pare quindi che l'irreversibilità sia semplicemente qualcosa di carattere pratico. Non siamo in grado nella pratica di "destrapazzare" un uovo strapazzato, anche se questo sarebbe un procedimento perfettamente lecito secondo le leggi della meccanica. Il nostro concetto di ENTROPIA dipende dunque da ciò che è pratico e da ciò che non lo è? Ricordiamo, dal capitolo 5, che il concetto fisico di energia, come pure quelli di quantità di moto e di momento angolare, possono ricevere esatte definizioni matematiche nei termini di posizioni, velocità e masse di particelle, nonchè di forze. Ma come potremmo dare un'esatta definizione matematica della nozione di DISORDINE MANIFESTO, necessaria per rendere il concetto di ENTROPIA matematicamente preciso? Senza dubbio, ciò che è "manifesto" per un osservatore potrebbe non esserlo per un altro. Questo fatto non potrebbe dipendere dalla precisione con cui ciascun osservatore potrebbe essere in grado di misurare il sistema in esame? Un osservatore che disponesse di strumenti di misurazione migliori potrebbe conseguire informazioni molto più dettagliate sui componenti microscopici di un sistema rispetto a un altro osservatore. L'osservatore meglio equipaggiato potrebbe in tal modo venire a conoscenza di una parte maggiore dell'ordine nascosto nel sistema, e perciò troverebbe un livello di ENTROPIA minore rispetto all'altro.Pare inoltre, che nella valutazione di ciò che può sembrare ordine anzichè disordine, possano aver parte giudizi estetici dei vari osservatori. Un artista potrebbe vedere nei framment di vetro del bicchiere rotto un ordine molto più bello che nel brutto bicchiere che in precedenza faceva mostra di sè sull'orlo del tavolo! Nel giudizio di un osservatore dotato di una tale sensibilità artistica l'ENTROPIA sarebbe effettivamente diminuita?

Se teniamo presenti questi problemi di soggettività, è degno di noa che il concetto di ENTROPIA sia utile in generale in descrizioni scientifiche esatte, come certamente è! La ragione di quest'utilità risiede nel fatto che i cambiamenti dall'ordine al disordine in un sistema, nei termini di posizioni dettagliate di posizioni e velocità di particelle, sono grandissimi e, in quasi tutte le circostanze, tali da cancellare completamente qualsiasi differenza ragionevole di punto di vista circa ciò che è o non è ORDINE MANIFESTO alla scala macroscopica. In particolare, il giudizio dell'aartista o dello scienziato sullaa questione se si debba ritenere più ordinato il bicchiere integro o il bicchiere rotto non ha quasi nessuna importanza in relazione alla sua misura dell'ENTROPIA. Il contributo di gran lunga più importante all'ENTROPIA proviene dai moti casuali delle particelle microscopiche che corrispondono al piccolissimo aumento della temperatura, e dalla dispersione dell'acqua quando il bicchiere e l'aacqua colpiscono il suolo. Per poter essere più precisi sul concetto di ENTROPIA torniamo al concetto di SPAZIO DELLE FASI, che abbiamo introdotto nel capitolo 5. Ricordo che lo SPAZIO DELLE FASI di un sistema è uno spazio, normalmente con un numero enorme di dimensioni, ciascuno dei cui punti rappresenta un intero stato fisico in tutti i suoi particolari minuti. Un singolo punto nello SPAZIO DELLE FASI fornisce tutte le coordinate di posizione e di quantità di moto di tutte le singole particelle che costituiscono il sistema fisico in questione. Ciò di cui abbiamo bisogno, per il concetto di ENTROPIA, è un modo di raggruppare assieme tutti gli stati che hanno un aspetto identico dal punto di vista delle loro PROPRIETA' MANIFESTE, CIOE' MACROSCOPICHE. Dobbiamo qundi dividere il nostro SPAZIO DELLE FASI in un certo numero di compartimenti, dove i diversi punti appartenenti a ogni particolare compartimento rappresentano sistemi fisici che, pur essendo diversi nei piccoli particolari delle configurazioni e dei moti delle loro particelle, appaiono nondimeno identici per quanto concerne i caaratteri osservabili al livello macroscopico. Dal punto di vista di ciò che è manifesto, tutti i punti di un singolo compartimento devono essere considerati rappresentanti lo stesso sistema fisico. Una tale divisione dello SPAZIO DELLE FASI in compartimenti viene chiamata LA GRANA GROSSA di questo SPAZIO DELLE FASI.

Ora, alcuni di questi compartimenti risulteranno essere enormemente maggiori di altri. Per esempio, consideriamo lo SPAZIO DELLE FASI di un gas in una scatola. La maggior parte dello SPAZIO DELLE FASI corrisponderà a stati in cui il gas distribuito nella scatola molto uniformemente, con le particelle in movimento in modo caratteristico che fornisce temperatura e pressione uniformi. Questo tipo di movimento caratteristico è, in un certo senso, il più casuale possibile ed è chiamato DISTRIBUZIONE MAXWELLIANA, dal nome di quello stesso JAMES CLERK MAXWELL in cui ci siamo già imbattuti. Quando un gas si trova in un tale stato casuale si dice che è in EQUILIBRIO TERMICO. C'è un volume grandissimo di punti dello SPAZIO DELLE FASI che corrisponde all'EQUILBRIO TERMICO; i punti di questo volume descrivono tutte le diverse disposizioni dettagliate di posizioni e velocità di singole particelle che sono in accordo con l'EQUILIBRIO TERMICO. Questo grande volume è uno dei nostri compartimenti nello SPAZIO DELLE FASI: esso è di gran lunga il più grande di tutti e occupa quasi l'intero SPAZIO DELLE FASI! Consideriamo un altro stato possibile del gas, diciamo quello in cui tutto il gas è raccolto in un angolo della scatola. Anche in questo caso ci saranno molti singoli stati dettagliati diversi, i quali descriveranno tutti il gas raccolto nello stesso modo nell'angolo della scatola. Tutti questi stati sono macroscopicamente indistinguibili l'uno dall'altro, e i punti dello spazio che li rappresentano costituiscono un altro compartimento in questo SPAZIO DELLE FASI. Il volume di questo compartimento risulta essere però enormemente minore di quello degli stati che rappresentano l'equilibrio termico: e minore di un fattore di circa 10 (10-25), se poniamo che la scatola abbia un volume di un metro cubo, contenente, in condizioni di equilibrio, aria a temperatura e pressione atmosferica comuni, e che la regione nell'angolo abbia un volume di un centimetro cubo!

Per cominciare a comprendere questo tipo di discrepanza tra volumi di spazi delle fasi, immaginiamo una situazione semplificata in cui un certo numero di pallini devono essere distribuiti fra varie caselle. Supponiamo che ogni casella o sia vuota o contenga un singolo pallino. I pallini devono rappresentare molecole di gas e le caselle le diverse posizioni nella scatola che le molecole potrebbero occupare. Scegliamo un piccolo sottoinsieme delle caselle come SPECIALI; queste caaselle devono rappresentare le posizioni delle molecole di gas corrispondenti alla regione nell'angolo della scatola. Supponiamo, per presentare un caso ben definito, che siano SPECIALI esattamente un decimo delle caselle, ossia che ci siano "n" caselle speciali e "9n" caselle non speciali. Noi desideriamo distribuire fra le caaselle "m" pallini e trovare quale sia la probabilità che essi si trovino tutti nelle caselle speciali. Se ci fossero solo un pallino e dieci caselle (in modo da avere una casella speciale) questa probabilità sarebbe chiaramente di un decimo. Lo stesso varrebbe se ci fosse un pallino e un numero qualsiasi di 10n caselle (e quindi "n" caselle speciali). Così, per un gas avente un solo atomo, lo speciale compartimento corrispondente al gas raccolto nell'angolo, avrebbe un volume di solo un decimo dell'intero volume dello SPAZIO DELLE FASI".
 
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  LA CALAMITA DEL FUTURO DETERMINA IL PRESENTE

Tratto dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE, pag.389,390,391,392,393,394,395.

Prima di pubblicare il testo del libro, vorrei aggiungere una piccola premessa, per chiarire gli argomenti trattati qui. Perchè il tempo scorre soltanto in avanti? La stessa energia che gli oggetti accumulano durante una caduta, potrebbe essere usata per far indietreggiare gli stessi oggetti, come quando si riavvolge una pellicola, e posizionarli esattamente nello stesso punto da dove sono caduti, eliminando ogni traccia di danno; potrebbe sembrare un'idea assurda, ma questo non violerebbe le leggi della fisica newtoniana, secondo le quali nulla si crea e nulla si distrugge: dove si dirige dunque l'energia accumulata dagli oggetti in caduta libera? Si potrebbe facilmente pensare che per far indietreggiare nel tempo e ricomporre un oggetto infranto dopo una caduta ci vorrebbe una coordinazione di atomi e molecole incredibilmente precisa, si penserebbe: E' UN'ASSURDITA'! Ma gli atomi e le molecole si organizzano secondo una coordinazione incredibilmente precisa anche quando creano una pianta, un animale, un essere umano...praticamente partendo dal nulla, quindi perchè ci meraviglieremmo e penseremmo ad una magia se vedessimo un oggetto indietreggiare nel tempo e ritornare alla sua posizione iniziale, ricomponendo ogni atomo e molecola senza lasciaare tracce di rottura? Come leggeremo alla fine del testo di Penrose, alla base del comportamento delle leggi fisiche si trova, come sempre, una legge che non è fisica, ma MENTALE, un' ASTRAZIONE, un PENSIERO, ovvero il concetto di FUTURO, di progressione degli eventi nel TEMPO, per cui se gli oggetti si comportassero nel modo descritto sopra, subentrerebbe un'evidente situazione di caos. Da qui possiamo dedurre che è il FUTURO che determina il PRESENTE, e non il contrario, non perchè il futuro sia predeterminato, ma perchè le sue evoluzioni esigono che, una volta accaaduti, gli eventi non possano essere reversibili, e perchè in FUTURO, per ragioni che ora non possiamo capire, sarà utile che oggi quel bicchiere caduto dal tavolo si sia rotto. Insomma, leggiamo il testo del libro:

"Immaginiamo un bicchiere d'acqua in equilibrio sul bordo di un tavolo. Se qualcuno lo colpisce inavvertitamente, è probabile che cada a terra, rompendosi in molti pezzi, e l'acqua si spargerà in un area considerevole, per essere forse assorbita da un tappeto o per insinuarsi nelle fessure del legno del pavimento. In questo suo comportamento, il nostro bicchiere d'acqua non ha fatto altro che seguire fedelmente le equazioni della fisica. Per spiegare ciò che accade saranno sufficienti le descrizioni di NEWTON. Consideriamo ora questo quadro nella direzione temporale inversa. Per la reversibilità temporale di queste leggi, l'acqua potrebbe altrettanto bene uscire dal tappeto e dalle fessure del pavimento, entrare in un bicchiere che si sta minuziosamente ricostruendo a partire dai suoi numerosi pezzi sparsi sul pavimento, e il tutto potrebbe saltare dal pavimento esattamente all'altezza del tavolo, per andare a fermarsi in equilibrio sul bordo del tavolo stesso. Tutto questo è in accordo con le leggi di NEWTON, esattamente come la caduta e la rottura del bicchiere! Il lettore potrebbe forse chiedersi da dove proviene l'energia che solleva il bicchiere dal pavimento al tavolo. Questo non è un problema. Non può esserci un problema dell'energia perchè, nella situazione in cui il bicchiere cade dal tavolo, l'energia che esso guadagna dalla caduta deve andare da qualche altra parte. In effetti l'energia del bicchiere che cade si converte in calore. Gli atomi nei frammenti di vetro, nell'acqua, nel tappeto e nelle tavole del pavimento saranno solo un po' più caldi di quanto erano prima (ignorando la possibile perdita di calore dovuta all'evaporazione; ma anche questo fatto è reversibile in linea di principio). Per la conservazione dell'energia, quest'energia termica è esattamente uguale all'energia perduta dal bicchiere d'acqua nel cadere dal tavolo. Quella piccola quantità di energia termica sarebbe dunque esattamente sufficiente a far tornare il bicchiere sul tavolo! E' importante rendersi conto che, quando si considera la conservazione dell'energia, si deve sempre includere l'energia termica. La legge della conservazione dell'energia, tenendo conto dell'energia termica, si chiama PRIMA LEGGE DELLA TERMODINAMICA. Questa legge, essendo una deduzione della meccanica newtoniana, è simmetrica rispetto al tempo. La prima legge non vincola il bicchiere e l'acqua in alcun modo che escluda la possibilità che il bicchiere torni intero, si riempia d'acqua e salti miracolosamente alla sua posizione precedente sul tavolo. La ragione per cui non vediamo mai accadere cose del genere è che il moto termico degli atomi nei frammenti di vetro, nell'acqua, nel pavimento e nel tappeto sarà una vera baraonda, cosicchè la maggior parte degli atomi si muoveranno in tutte le direzioni sbagliate. Per ricomporre il bicchiere dai suoi frammenti e faar tornare in esso tutta l'acqua schizzata via, e per tornare a posarlo delicatamente sul tavolo occorrerebbe una coordinazione innaturalmente precisa dei loro movimenti. E' praticamente una certezza che un moto coordinato con tanta perfezione non si realizzerà! Una tale coordinazione potrebbe aver luogo solo in virtù del colpo di fortuna più inimmaginabile, di un tipo che, se mai dovesse verificarsi, sarebbe definito "magico"! Eppure, nell'altra direzione del tempo, un tale moto coordinato si verifica comunemente. In qualche modo, noi non consideriamo un colpo di fortuna se le particelle si muovono in un modo coordinato, purchè lo facciano "dopo" che si è verificato un qualche mutamento su vasta scala dello stato fisico (qui la frantumazione del bicchiere e lo spandimento dell'acqua), e non "prima" di tale mutamento. Dopo tale evento i moti delle particelle devono essere in effetti altamente coordinati; questi moti sono infatti di natura tale che, se noi dovessimo invertire, in modo esatto, il moto di ogni singolo atomo, il comportamento risultante sarebbe esattamente quello richiesto per ricostruire il bicchiere, riempirlo e riportarlo esattamente nella posizione in cui si trovava prima ai bordi del tavolo. Un movimento altamente coordinato è accettabile e familiare se è considerato un effetto di un mutamento su vasta scala e non la causa di esso. Le parole "causa" ed "effetto" però, eludono la questione dell'assimmetria temporale. Nel nostro linguaggio comune siamo abituati ad applicare questi termini nel senso che la causa deve precedere l'effetto. Se però cerchiamo di capire la differenza fisica esistente fra passato e futuro, dobbiamo fare molta attenzione a non introdurre inconsapevolmente nella discussione le nostre nozioni quotidiane su passato e futuro. Devo avvertire il lettore che è estremamente difficile evitarlo, ma è imperativo che ci proviamo. Dobbiamo sforzarci di usare le parole in modo tale che esse non pregiudichino il problema della distinzione fisica tra passato e futuro. Perciò, quando le circostanze dovessero sembrare appropriate, dovremmo permettere a noi stessi di ACCETTARE LA NOZIONE CHE LE CAUSE DI CERTI EVENTI POSSANO TROVARSI NEL FUTURO E GLI EFFETTI NEL PASSATO! Le equazioni deterministiche della fisica classica (o l'operare di U, ovvero l'equazione di Schrodinger, nella fisica quantistica) non hanno alcuna preferenza per evolversi nella direzione del futuro, ma possono essere usate altrettanto bene per evolversi nel passato.

IL FUTURO DETERMINA IL PASSATO ESATTAMENTE NELLO STESSO MODO IN CUI IL PASSATO DETERMINA IL FUTURO.

Possiamo specificare un qualche stato di un sistema in un qualche modo arbitrario nel futuro, e poi usare questo stato per calcolare come sarebbe dovuto essere nel passato. Se ci è permesso di considerare il passato come causa e il futuro come effetto quando sviluppiamo le equazioni per il sistema nella normale direzione del tempo verso il futuro, allora, quando applichiamo il procedimento egualmente valido di sviluppare le equazioni nella direzione del tempo verso il passato dobbiamo evidentemente considerare il futuro come "causa" e il passato come "effetto".

Nel nostro uso dei termini "causa" ed "effetto" è però in gioco qualcos'altro, che non riguarda in realtà quali degli eventi considerati si trovino nel passato e quali nel futuro. Immaginiamo un universo ipotetico in cui si applichino le stesse equaazioni classiche simmetriche nel tempo del nostro universo, ma per il quale comportamenti del tipo a noi familiare (come quello di bicchieri che si rompono e dell'acqua che ne schizza fuori tutto attorno) coesistano con eventi come i loro inversi temporali. Supponiamo che, assieme alle nostre esperienze più familiari, si diano a volte comportamenti come quelli di bicchieri d'acqua rotti che si ricostruiscano da sè dai loro frammenti, si riempiano misteriosamente grazie a schizzi d'acqua dal pavimento e dal tappeto e poi saltino sul tavolo; supponiamo anche che, a volte, uova strapazzate si strapazzino magicamente, ritornino nel loro guscio e che questo si richiuda perfettamente senza alcuna traccia di rottura; che dallo zucchero sciolto nel caffè si formino zollette, le quali saltino poi spontaneamente dalla tazzina nella nostra mano. Se vivessimo in un mondo in cui tali fatti fossero comuni, ne attribuiremmo senza dubbio le cause non a coincidenze casuali fantasticamente improbabili concernenti il comportamento correlato dei singoli atomi, bensì a un qualche effetto teleologico per cui gli oggetti che si ricompongono tenderebbero a volte a seguire qualche configurazione macroscopica desiderata. "Toh!", diremmo, "sta succedendo di nuovo! Quel guazzabuglio si sta ricomponendo in un altro bicchiere d'acqua!" Senza dubbio adotteremmo l'opinione che gli atomi si comportano in un modo così esatto perchè quello è il modo per produrre il bicchiere d'acqua sul tavolo. Il bicchiere sul tavolo sarebbe la "causa" e la collezione apparentemente casuale di atomi sul pavimento l'"effetto", nonostante il fatto che l'effetto si verifichi ora nel tempo prima della causa. Similmente, il moto minutamente organizzato degli atomi nell'uovo rotto non è la "causa" del salto del tuorlo e dell'albume all'interno del guscio che sta per ricomporsi, bensì l'effetto di questo evento futuro; e la zolletta di zucchero non si ricostituisce e non salta fuori dalla tazzina perchè gli atomi si muovono con una tale straordinaria precisione, BENSI' PER EFFETTO DEL FATTO CHE QUALCUNO, ANCHE SE NEL FUTURO, TERRA' QUELLA ZOLLETTA DI ZUCCHERO IN MANO!

Ovviamente nel nostro mondo non vediamo succedere cose del genere, o piuttosto quel che vediamo è la coesistenza di tali cose con quelle del nostro tipo normale. Se tutto ciò che abbiamo visto fossero stati eventi del tipo "perverso" che ho appena descritto, non avremmo alcun problema. Potremmo limitarci a interscambiare, in tutte le nostre descrizioni, i termini "passato" e "futuro", "prima" e "poi", ecc...Il tempo potrebbe dare l'impressione di scorrere nella direzione inversaa rispetto a quella originale, e quel mondo potrebbe essere descritto come esattamente simile al nostro. Io qui però sto considerando una possibilità diversa, altrettanto coerente quanto le equazioni simmetriche rispetto al tempo della fisica, nella quale possono coesistere la rottura e la ricomposizione di bicchieri. In un tale mondo, non possiamo ritrovare le nostre descrizioni familiari semplicemente rovesciando le nostre convenzioni sulla direzione del corso del tempo. Ovviamente il nostro mondo non è proprio così. Ma perchè non lo è? Per cominciare a capire questo fatto, vi ho chiesto di cercare di immaginare un tale mondo e di chiedervi come potremmo descrivere gli eventi che accadono in esso. Sto chiedendovi di accettare che, in un mondo del genere, descriveremmo sicuramente le grandi configurazioni macroscopiche (come bicchieri d'acqua interi, uova non rotte e una zolletta di zucchero tenuta in una mano) come ciò che fornisce le "caause", i moti dettagliati, e forse finemente correlati, di singoli atomi come "effetti", sia che le cause si trovino nel futuro o nel passato degli effetti. Ecco perchè, nel mondo in cui ci troviamo a vivere, sono le cause a precedere gli effetti; o, per esprimerci in un altro modo, perchè moti esattamente coordinati di particelle si verificano solo dopo qualche mutamento su vasta scala nello staato fisico e non prima di esso. Per conseguire una migliore descrizione fisica di cose del genere, avrò bisogno di introdurre il concetto di ENTROPIA.

Per esprimermi in termini non rigorosi,

L'ENTROPIA DI UN SISTEMA E' UNA MISURA DEL SUO DISORDINE MANIFESTO.

Sarò un po' più preciso su questa nozione in seguito. Così, il bicchiere rotto e l'acqua versata sul pavimento si tyrovano in uno stato di ENTROPIA superiore rispetto al bicchiere intero e pieno d'acqua sul tavolo; l'uovo strapazzato ha un'ENTROPIA maggiore dell'uovo intero e crudo; il caffè zuccherato ha un'ENTROPIA maggiore dello zucchero non scoilto appena immerso nel caffè amaro. Lo stato a bassa entropia sembra possedere, in un qualche modo manifesto, un ordine speciale, e lo stato ad alta ENTROPIA sembra avere un ordine meno speciale. E' importante rendersi conto che, quando ci riferiamo al carattere speciale di uno stato di bassa entropia, stiamo riferendoci in effetti al suo carattere speciale manifesto. In un senso più sottile, infatti, lo stato a ENTROPIA superiore, in queste situazioni, ha un ordine altrettanto speciale rispetto allo stato a ENTROPIA inferiore, a causa della precisissima coordinazione dei moti delle singole particelle. Per esempio, i moti apparentemente casuali delle molecole d'acqua che si sono insinuate fra le tavole del pavimento dopo la rottura del bicchiere sono infatti molto speciali: i moti sono così precisi che, se venissero tutti esattamente "invertiti", si ripristinerebbe lo stato originario a bassa ENTROPIA in cui il bicchiere si trovava integro e pieno d'acqua sul tavolo. E così dev'essere senza dubbio, dato che l'inversione di tutti questi moti corrisponderebbe semplicemente all'inversione della direzione del tempo, secondo cui il bicchiere si ricomporrebbe e salterebbe sul tavolo. Ma un tale moto coordinato di tutte le molecole d'acqua non è il tipo di carattere speciale che abbiamo indicato come "bassa entropia".

L'ENTROPIA SI RIFERISCE AL DISORDINE MANIFESTO.

L'ordine che è presente nella precisa coordinazione dei moti delle particelle non è un ordine manifesto, cosicchè non dà alcun contributo all'abbassamento dell'ENTROPIA di un sistema. Perciò l'ordine presente nelle molecole dell'acqua versata non conta ai nostri fini, e l'ENTROPIA è alta. L'ordine manifesto presente nel bicchiere d'acqua integro ha invece un basso valore di ENTROPIA. Questo è correlato al fatto che un numero relativamente piccolo di disposizioni possibili diverse dei moti delle particelle è compatibile con la configurazione manifesta di un bicchiere intero e pieno d'acqua; mentre esiste un numero enormemente maggiore di moti che sono compatibili con la configurazione manifesta dell'acqua lievemente riscaldata che scorre tra le fessure delle tavole del pavimento.

LA SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA afferma che l'ENTROPIA DI UN SISTEMA ISOLATO AUMENTA CON IL TEMPO, O RIMANE COSTANTE NEL CASO DI UN SISTEMA REVERSIBILE. E' giusto che noi non consideriamo i moti coordinati di particelle come "BASSA ENTROPIA", giacchè in tal caso l'ENTROPIA di un sistema, secondo tale definizione, resterebbe sempre costante. Il concetto di ENTROPIA deve riferirsi solo al disordine manifesto. Per un sistema isolato dal resto dell'universo, l'ENTROPIA totale aumenta, cosicchè, se il sistema prende l'avvio in uno stato caratterizzato da una qualche sorta di organizzazione manifesta, questa organizzazione verrà erosa nel corso del tempo e questi caratteri speciali manifesti si convertiranno in "inutili" moti coordinati di particelle. La SECONDA LEGGE può dare l'impressione di esprimere una visione estremamente pessimistica della realtà, asserendo che esiste un principio fisico sempre attivo e universale secondo il quale l'organizzazione va di continuo necessariamente decadendo. Vedremo in seguito che questa visione pessimistica non è del tutto giustificata!"
 
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L'ENTROPIA OBBEDISCE ALLA SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA: AUMENTA SEMPRE

Il concetto di entropia deriva da un principio della termodinamica che ha a che fare con l'energia. Di solito si riferisce all'idea che tutto nell'universo passi da uno stato di ordine ad uno di disordine, e l'entropia è la misura di questo cambiamento.
La parola "entropia" ha le sue radici nella parola greca che significa "cambiamento dentro, all'interno" oppure "punto di svolta". La parola è stata usata dal fisico tedesco Rudolph Clausius per descrivere una misura del disordine. Un esempio comune di entropia è quello dello scioglimento del ghiaccio in acqua. Il cambiamento che ne risulta, da uno stato che ha una forma ad uno stato "libero, da "ordinato" a "disordinato", aumenta l'entropia. La stessa cosa accade nella vostra camera quando cercate la vostra maglietta preferita nell'armadio.

Estratto dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE, pag.101-402-403-404-405-406.

Questo paragrafo è correlato al precedente che si trova a questo link:
https://plus.google.com/112628118463774814307/posts/R8CAVjcNf9J

I ragionamenti dello scienziato in questo paragrafo, riguardo il comportamento dell'ENTROPIA in termodinamica, sono fondamentali per comprendere l'ENTROPIA UNIVERSALE che sarà esposte successivamente.

"Supponiamo ora, di cominciare con un sistema di una qualche situazione molto speciale, come quella del gas tutto raccolto in un angolo della scatola. Nel momento successivo ilò gas si diffonderà e occuperà rapidamente volumi sempre maggiori. Dopo un po' raggiungerà l'equilibrio termico. Qual'è la nostra immagine di questa situazione nello SPAZIO DELLE FASI? In ogni fase lo stato dettaagliato completo delle posizioni e dei movimenti di tutte le particelle del gas sarebbe descritto da un singolo punto nello SPAZIO DELLE FASI. Mentre il gas si evolve, questo punto si sposta nello SPAZIO DELLE FASI, e il suo percorso descrive l'intera storiaa di tutte le particelle del gas. Il punto si trova inizialmente in una regione molto piccola: la regione che rappresenta la collezione dei possibili stati iniziali per i quali il gas si trova tutto in un particolare angolo della scatola. Quando il gas comincia a diffondersi, il nostro punto mobile entrerà in un volume dello SPAZIO DELLE FASI considerevolmente maggiore, corrispondente agli stati in cui il gas è un po' diffuso nella scatola. Il punto dello SPAZIO DELLE FASI continua a entrare in volumi sempre maaggiori man mano che il gas si diffonde ulteriormente, e ogni nuovo volume è considerevolmente maggiore, di un fattore aassolutamente sbalorditivo, rispetto a tutti quelli in cui il punto si è trovato in precedenza! In ciascun caso, una volta che il punto è entrato nel volume maggiore, non c'è di fatto alcuna possibilità che esso possa trovare alcuno dei volumi precedenti più piccoli. Infine, esso si perde nel massimo volume dello SPAZIO DELLE FASI: quello corrispondente all'equilibrio termico. Questo volume occupa, in pratica, 'intero SPAZIO DELLE FASI. Possiamo essere virtualmente certi che il nostro punto nello SPAZIO DELLE FASI, nei suoi movimenti casuali, non ritroverà in un tempo plausibile nessuno dei volumi minori precedenti.

UNA VOLTA RAAGGIUNTO LO STATO DI EQUILIBRIO TERMICO , QUESTO STATO RIMANE STABILE PER SEMPRE A TUTTI GLI EFFETTI. VEDIAMO COSI' CHE L'ENTROPIA DEL SISTEMA, CHE FORNISCE SEMPLICEMENTE UNA MISURA LOGARITMICA DEL VOLUME DEL COMPARTIMENTO APPROPRIATO NELLO SPAZIO DELLE FASI, AVRA' QUESTA TENDENZA INESORABILE AAD AUMENTARE COL PASSARE DEL TEMPO.

Abbiamo dunque trovato, a quanto pare, una spiegazione per la SECONDA LEGGE! Possiamo infatti supporre che il nostro punto nello SPAZIO DELLE FASI non si muova in alcun modo predeterminato, e se esso prende l'avvio in uno SPAZIO DELLE FASI minuscolo, corrispondente a una piccola ENTROPIA, allora, al passare del tempo, sarà in effetti estremamente probabile che esso si sposti in volumi dello SPAZIO DELLE FASI sempre più grandi, corrispondenti a valori di ENTROPIA gradualmente crescenti. In ciò che ci pare aver dedotto da questo ragionamento c'è però qualcosa di un po' strano, ossia una conclusione asimmetrica in relazione al tempo.

L'ENTROPIA AUMENTA NELLA DIREZIONE POSITIVA DEL TEMPO, E PERCIO' DEVE DIMINUIRE NELLA DIREZIONE DEL TEMPO ROVESCIATA.

Da dove proviene questa asimmetria? Senza dubbio non abbiamo introdotto alcuna legge fisica asimmetrica rispetto al tempo. L'assimetria in relazione al tempo proviene semplicemente dal fatto che il sistema è stato avviato in uno stato molto speciale (ossia a bassa ENTROPIA); dopo aaver avviato in questo modo il sistema, lo abbiamo osservato evolversi nella direzione del FUTURO, e abbiamo trovato che l'ENTROPIA aumenta. Questo aumento dell'ENTROPIA è in effetti in accordo col comportamento dei sistemi nel nostro UNIVERSO REALE. Ma avremmo potuto altrettanto bene applicare il nostro ragionamento nella DIREZIONE INVERSA DEL TEMPO. Anche in questo caso avremmo potuto specificare che il sistema si trovava in un tempo dato in un qualche stato a BASSA ENTROPIA, ma chiederci ora qual'era la sequenza più probabile degli stati che avevano preceduto lo stato citato. Proviaamo il nostro ragionamento in questo senso inverso. Come in precedenza, supponamo che lo stato a BASSA ENTROPIA coincida con tutto il gas raccolto in un angolo dellaa scatola. Il nostro punto nello SPAZIO DELLE FASI si trova ora nella stessa precisa regione da cui aabbiamo preso l'avvia in precedenza. Ora tentiamo però di tracciare la storia A RITROSO. Se immaginiamo che il nostro punto nello SPAZIO DELLE FASI si muova, come in precedenza, in modo piuttosto casuale, nel ricostruirne il moto a RITROSO NEL TEMPO ci attendiamo che raggiunga ben presto lo stesso volume, considerevolmente maggiore, dello SPAZIO DELLE FASI raggiunto nell'esempio esaminato in precedenza, volume corrispondente al gas un po' diffuso nella scatola, ma non in equilibrio termico; e che in seguito passi ad occupare volumi sempre maggiori, finchè, retrocedendo ulteriormente nel tempo, ci attendiamo di trovarlo espanso nel massimo volume possibile, corrispondente all'EQUILIBRIO TERMICO. Ora, pare che abbiamo dedotto che, essendosi trovato il gas, in un tempo dato, tutto raccolto nell'angolo della scatola, il modo più probabile in cui potrebbe esserci arrivato è che abbia preso l'avvio da una condizione di EQUILIBRIO TERMICO e abbia poi incominciato a concentrarsi gradualmente ad un estremo della scatola, raccogliendosi infine nel piccolo volume specificato nell'angolo. Per tutto il tempo l'ENTROPIA sarebbe stata decrescente: da un valore iniziale di alto equilibrio, sarebbe gradualmente diminuita fino a raggiungere il valore molto basso corrispondente al gas concentrato nel piccolo angolo della scatola!

Questo non è ovviamente niente di simile a ciò che accade nel nostro Universo! Di norma l'ENTROPIA non diminuisce in questo modo, bensì AUMENTA. Sapendo che in un tempo dato tutto il gas era raccolto in un angolo della scatola, una situazione anteriore molto più probabile potrebbe essere che il gaas fosse stato mantenuto nell'angolo da un setto separatore, che fu poi rapidamente eliminato. Oppure il gas vi era stato tenuto in uno stato ghiacciato o liquido e fu poi rapidamente riscaldato per farlo passare allo stato aeriforme. In ognuna di queste possibilità alternative, l'ENTROPIA era negli stati precedenti addirittura più bassa. In tale situazione esercitò, come sempre, il suo dominio la SECONDA LEGGE, e l'ENTROPIA ANDO' CRESCENDO PER TUTTO IL TEMPO: IL CHE EQUIVALE A DIRE CHE NELLA DIREZIONE TEMPORALE INVERSA ANDO' DI FATTO DIMINUENDO. Ora vediamo che il nostro ragionamento ci ha condotti a una conclusione del tutto erronea! Esso ci ha detto che il modo più probabile per far raccogliere il gas nell'angolo della scatola sarebbe stato quello quello di partire dall'EQUILIBRIO TERMICO, dopo di che, con la riduzione costante dell'ENTROPIA, il gas si sarebbe raccolto nell'angolo, mentre di fatto, nel nostro mondo reale, questo è un modo di procedere estremamente improbabile. Nel nostro mondo il gas prenderebbe l'avvio da uno stato ancor meno probabile (ossia da uno stato a ENTROPIA INFERIORE), e l'ENTROPIA aumenterebbe costantemente, per il gas raccolto nell'angolo, fino al suo valore massimo. Il nostro atteggiamento sembrava buono quando veniva applicato nella direzione del FUTURO, anche se non altrettanto nella direzione del PASSATO. Per la direzione del futuro prevediamo correttamente che, ogni volta che il gas è inizialmente raccolto nell'angolo, la cosa che ha maggiori probabilità di accadere in futuro è che sarà raggiunto l'EQUILIBRIO TERMICO, e non che apparirà improvvisamente un setto separatore, o che il gas improvvisamente gelerà o diventerà liquido. Tali bizzarre possibilità alternative rappresenterebbero proprio il tipo di comportamento capace di far diminuire l'ENTROPIA in direzione del FUTURO che il nostro ragionamento sullo SPAZIO DELLE FASI sembra correttamente escludere. In direzione del PASSATO, invece, tali bizzarre possibilità sono quelle più probabili, e non ci sembrano affatto bizzarre. Il nostro ragionamento dello SPAZIO DELLE FASI, quando abbiamo tentato di applicarlo nella direzione del tempo inversa, ci ha condotto a una soluzione completamente sbagliata!

E' chiaro che tutto questo suscita dubbi sul ragionamento originario. NON ABBIAMO DEDOTTO LA SECONDA LEGGE. Ciò che tale ragionamento ci ha mostrato in realtà è che, per un dato stato di BASSA ENTROPIA (diciamo per un gas raccolto in un angolo di una scatola), in assenza di ogni altro fattore vincolante ci si dovrebbe attendere un aumento dell'ENTROPIA in entrambe le direzioni a partire dallo stato dato. Il ragionamento non ha funzionato nella direzione del PASSATO proprio perchè c'erano fattori del genere. IN EFFETTI IN PASSATO CI FU QUALCOSA CHE ESERCITO' UNA QUALCHE COSTRIZIONE SUL SISTEMA. QUALCOSA, IN PASSATO, COSTRINSE L'ENTROPIA AD AVERE VALORI BASSI. La tendenza verso un'alta ENTROPIA in futuro non è certo una sorpresa. Gli stati ad alta ENTROPIA sono, in un certo senso, gli stati naturali, che non hanno bisogno di ulteriori spiegazioni, mentre gli stati a BASSA ENTROPIA in passato sono un rompcapo.

CHE COSA COSTRINSE L'ENTROPIA DEL NOSTRO MONDO AD ESSERE COSI' BASSA IN PASSATO?

La frequente presenza di stati in cui l'ENTROPIA è assurdamente bassa è un fatto sorprendente nell'Universo reale in cui viviamo, anche se tali stati sono così comuni e familiari che di solito non tendiamo a considerarli sorprendenti. NOI STESSI SIAMO CONFIGURAZIONI A ENTROPIA RIDICOLMENTE PICCOLA! Il ragionamento esposto sopra mostra che non dovremmo sorprenderci se, da un dato stato a BASSA ENTROPIA, questa risulta essere cresciuta in un tempo successivo. Quel che dovrebbe sorprenderci è il fatto che l'ENTROPIA DIVENTA SEMPRE PIU' PICCOLA, SCENDENDO FINO A VALORI ASSURDAMENTE PICCOLI, MENTRE CI SPINGIAMO NEL SUO ESAME FINO A TEMPI SEMPRE PIU' REMOTI NEL PASSATO".
 
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 L'ORIGINE DELLA BASSA ENTROPIA NELL'UNIVERSO

Dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE, pag.406-407-408-409-410-411-412

"Cercheremo ora di capire da dove venga questa sorprendentemente BASSA ENTROPIA nel mondo reale in cui viviamo. Cominciamo da noi stessi. Se riuscissimo a capire da dove è venuta la nostra BASSA ENTROPIA, dovremmo essere in grado di vedere da dove è venuta la BASSA ENTROPIA nel gas trattenuto da un setto separatore, o nel bicchiere d'acqua sul tavolo, o nell'uovo tenuto sopra la padella, o nella zolletta di zucchero tenuta sopra la tazzina del caffè. In ciascuno di questi casi ne fu responsabile direttamente o indirettamente una persona, o un gruppo di persone (o una gallina). Nel produrre questi altri stati di BASSA ENTROPIA fu utilizzata una piccola parte della BASSA ENTROPIA in noi stessi. Potrebbero inoltre essere stati in gioco altri fattori. Per aspirare il gas nell'angolo della scatola dietro il setto separatore, potrebbe essere stata usata una pompa da vuoto. Se la pompa non fu fatta funzionare a mano, si bruciò forse qualche combustibile fossile (per esempio petrolio) per fornre l'energia a BASSA ENTROPIA necessaria per il suo funzionamento. Forse la pompa fu azionata elettricamente attingendo, in qualche misura, all'energia a BASSA ENTROPIA accumulata nell'uranio usato come combustibile in una centrale nucleare. Tornerò in seguito su queste altre sorgenti di BASSA ENTROPIA, ma prima vorrei considerare la BASSA ENTROPIA in noi stessi.

Qual'è in effetti l'origine della nostra BASSA ENTROPIA? L'organizzazione del nostro corpo proviene dal cibo che mangiamo e dall'ossigeno che respiriamo. Spesso si sente dire che noi traiamo energia dall'assunzione di cibo e ossigeno, ma c'è un chiaro senso in cui una tale asserzione non è in realtà corretta. E' vero che il cibo che consumiamo si combina con l'ossigeno che respriamo, e che da questa combinazione noi traiamo energia. Per la maggior parte però, quest'energia esce di nuovo dal nostro corpo, principalmente sotto forma di calore. Poichè l'energia si conserva, e poichè il contenuto reale di energia del nostro corpo rimane più o meno costante per tutta la nostra vita adulta, non c'è semplicemente alcun bisogno d sommare l'energia che traiamo dal cibo e dall'ossigeno al contenuto di energia del nostro corpo. Noi non abbiamo bisogno di avere in noi stessi più energia di quella che già abbiamo. In realtà noi accresciamo il nostro contenuto di energia quando andiamo sovrappeso, ma questo fatto non è considerato di solito desiderabile! Inoltre, durante la nostra crescita dall'infanzia noi accresciamo considerevolmente il nostro contenuto di energia parallelamente alla costruzione del nostro corpo. Ma non è di questo che dobbiamo occuparci qui. Il problema è in che modo ci manteniamo in vita per tutta la nostra vita normale (principalmente in età adulta). A questo scopo, non abbiamo bisogno di accrescere il nostro contenuto di energia.

Ciò di cui abbiamo bisogno, invece, è di sostituire l'energia che perdiamo di continuo sotto forma di calore. In effetti, quanto più energici siamo tanta più energia perdiamo in questo modo. Ora, tutta quest'energia dev'essere reintegrata. Il calore è la forma di energia più disordinata che esiste; esso è, in altri termini, la forma di energia a ENTROPIA MASSIMA. Noi assumiamo energia in una forma a BASSA ENTROPIA (cibo e ossigeno) e la espelliamo in una forma ad ALTA ENTROPIA (calore, anidride carbonica, escreti). Non abbiamo bisogno di guadagnare energia dal nostro ambiente, giacchè l'energia si conserva, ma lottiamo di continuo contro la SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA. L'ENTROPIA non si conserva, bensì AUMENTA SEMPRE. Per mantenerci in vita, abbiamo bisogno di diminuire costantemente l'ENTROPIA presente in noi stessi. Lo facciamo nutrendoci della combinazione a BASSA ENTROPIA di cibo e ossigeno atmosferico, che si combinano nel nostro corpo, ed espellendo l'energia che avremmo altrimenti guadagnato in una forma ad ALTA ENTROPIA. In questo modo possiamo evitare che l'ENTROPIA NEL NOSTRO CORPO AUMENTI, E POSSIAMO MANTENERE (E ADDIRITTURA AUMENTARE) LA NOSTRA ORGANIZZAZIONE INTERNA (VEDI sCHRODINGER, 1967).

Da dove proviene questa fornitura di BASSA ENTROPIA? Se il cibo che mangiamo è carne (o funghi), anch'esso, come noi, deve aver attinto a un'altra origine esterna di BASSA ENTROPIA che gli abbia fornito e conservato la sua struttura a BASSA ENTROPIA. In questo modo il problema dell'origine della BASSA ENTROPIA ESTERNA viene semplicemente spostato un po' più in là. Supponiamo quindi che noi (o l'animale o il fungo) stiamo consumando una pianta. Noi tutti abbiamo un grandissimo debito di gratitudine, diretto o indiretto, verso le piante verdi per la loro capacità di assumere dall'aria l'anidride carbonica, di separare l'ossigeno dal carbonio e di usare quel carbonio per costruire la propria sostanza. Questo procedimento, la FOTOSINTESI, determina una grande riduzione dell'ENTROPIA. Noi stessi utilizziamo in effetti questa separazione a BASSA ENTROPIA ricombinando semplicemente l'ossigeno e il carbonio nel nostro corpo. In che modo le piante verdi riescono a realizzare questa combinazione magica della riduzione dell'ENTROPIA? Esse ci riescono servendosi della luce solare. La luce proveniente dal sole trasporta energia sulla terra in una forma a ENTROPIA relativamente bassa, ossia sotto forma di fotoni di luce visibile. La Terra, compresi i suoi abitanti, non trattiene questa energia, ma (dopo un po' di tempo) la reirraggia nello spazio. L'energia così dispersa nello spazio è in una forma ad ALTA ENTROPIA, quella del cosiddetto CALORE RADIANTE, ossia sotto forma di fotoni infrarossi. Contrariamente a una credenza diffusa, la Terra (assieme ai suoi abitanti) NON GUADAGNA ENERGIA DAL SOLE! Quel che la Terra fa è di prendere energia in una forma a BASSA ENTROPIA e poi reirraggiarla tutta nello spazio, ma in una forma ad ALTA ENTROPIA. Quel che il Sole fa, quindi, per noi è di fornirci una sorgente enorme di BASSA ENTROPIA. Noi, attraverso la capacità delle piante ci serviamo di una piccola parte di quest'ENTROPIA, convertendola in quelle strutture notevoli e organizzate in modo complesso che siamo noi stessi.

Vediamo da un punto di vista generale in relazione al Sole e alla Terra, che cosa accada all'ENERGIA e all'ENTROPIA. Il Sole emette enrgia sotto forma di FOTONI DI LUCE VISIBILE.Una parte di essi viene assorbita dalla Terra e la loro energia viene reirraggiata sotto forma di FOTONI INFRAROSSI. Ora, la differenza cruciale fra i FOTONI della luce visibile e quelli infrarossi è che i primi hanno una frequenza più alta e hanno perciò singolarmente un'energia maggiore dei secondi. Ricordiamo la FORMULA DI PLANCK "E = hv, la quale ci dice che, quanto maggiore è la frequenza di un fotone, tanto più grande è la sua energia. Poichè i FOTONI DELLA LUCE VISIBILE hanno ciascuno un'energia maggiore di ciascuno di quelli della LUCE INFRAROSSA, i FOTONI DELLA LUCE VISIBILE che raggiungono il nostro pianeta devono essere in numero minore rispetto a quelli della LUCE INFRAROSSA che ne evadono, di modo che l'energia che arriva sulla Terra sia in equilibrio con quella che dalla Terra si disperde nello spazio. L'energia che il nostro pianeta rimanda nello spazio è distribuita su molti più gradi di libertà di quella che esso riceve dal Sole. Avendo l'energia reirraggiata nello spazio un numero molto maggiore di gradi di libertà, è corrispondevolmente maggiore il volume dello SPAZIO DELLE FASI, e l'ENTROPIA è aumentata enormemente. Le piante verdi, che assumono energia in una forma a BASSA ENTROPIA (un numero relativamente piccolo di fotoni della luce visibile) e la reirraggiano in una forma ad ALTA ENTROPIA (un numero relativamente grande di FOTONI INFRAROSSI), sono state in grado di nutrirsi di questa BASSA ENTROPIA e di fornirci di ossigeno e carbonio nella forma separata di cui abbiamo bisogno.

Tutto questo è reso possibile dal fatto che il Sole è una macchia calda in cielo! Il cielo è in uno stato di squilibrio termico: una sua piccola regione, ossia quella occupata dal Sole, presenta una temperatura molto più elevata del resto. Grazie a questa situazone disponiamo della potente sorgente di BASSA ENTROPIA che ci occorre. La Terra riceve energia da quella macchia calda in una forma a BASSA ENTROPIA (pochi fotoni) e la reirraggia nelle regioni fredde in una forma ad ALTA ENTROPIA (molti fotoni). Perchè il Sole è una tale macchia calda? Com'è riuscito a conseguire un tale squilibrio termico, e quindi a fornire uno stato di BASSA ENTROPIA? La risposta è che esso si è formato per contrazione gravitazionale da una distribuzione di gas (principalmente idrogeno) in precedenza uniforme. Nel contrarsi, durante le rpime fasi della sua formazione, si riscaldò e continuò a contrarsi e a diventare sempre più caldo fino a quando, raggiunto un certo livello di temperatura e di pressione, trovò un'altra sorgente di energia oltre a quella della contrazione gravitazionale, ossia le REAZION TERMONUCLEARI: la fusione di nuclei di idrogeno in nuclei di elio con liberazione di energia. Senza reazioni termonucleari il Sole sarebbe diventato molto più caldo e più piccolo di quanto non sia oggi, e infine si sarebbe estinto. Le REAZIONI TERMONUCLEARI hanno in realtà impedito al Sole di diventare troppo caldo, arrestandone la contrazione, e lo hanno stabilizzato a una temperatura che è adatta per noi stessi, permettendogli di continuare a risplendere in cielo molto più a lungo di quanto avrebbe potuto altrimenti.

E' importante rendersi conto che, benchè le REAZIONI TERMONUCLEARI abbiano senza dubbio una grande importanza nel determinare la natura e la quantità dell'energia irraggiata dal Sole, l'elemento cruciale è la GRAVITAZIONE. Di fatto le REAZIONI TERMONUCLEARI danno un contributo altamente significativo al basso livello di ENTROPIA del Sole, ma i problemi posti dall'ENTROPIA della FUSIONE NUCLEARE sono delicati, e una discussione esauriente di questo problema condurrebbe solo a complicare l'argomentazione senza incidere sulle conclusioni finali. In assenza della gravità il Sole non esisterebbe nemmeno! Il Sole risplenderebbe anche senza REAZIONI NUCLEARI, benchè in modo inutile per noi, ma non ci sarebbe nessun Sole nel cielo senza la gravità, che è necessaria per mantenere insieme il suo materiale e per fornire le temperature e pressioni richieste. Senza la gravità, al posto del Sole ci sarebbe un gas freddo e diffuso e non ci sarebbe nessuna macchia calda in cielo! Non mi sono ancora occupato della sorgente della BASSA ENTROPIA presente nei combustibili fossili contenuti nella Terra, ma le considerazioni che si devono fare sono fondamentalmente le stesse. Secondo la teoria convenzionale, tutto il petrolio e il gas naturale presenti nella Terra derivano dalla vita di piante preistoriche. Anche in questo caso la sorgente della BASSA ENTROPIA va vista dunque nella funzione clorofilliana delle piante. Le piante preistoriche ricavarono la loro BASSA ENTROPIA dalla radiazione solare,cosicchè in definitiva risaliamo ancora una volta all'azione gravitazionale che condusse alla formazione del Sole da una nube di gas diffuso. Sull'origine del petrolio contenuto nel sottosuolo terrestre esiste anche però un'interessante teoria alternativa in disaccordo con questa; è la TEORIA DI THOMAS GOLD, il quale contesta la concezione convenzionale, affermando che nella Terra c'è molto più petrolio di quello che avrebbe potuto essere prodotto da piante preistoriche. GOLD ritiene che il petrolio sia rimasto intrappolato nell'interno della terra quando questa si formò, e che da allora abbia continuato a filtrare lentamente verso l'esterno in sacche sotterranee. Secondo la TEORIA DI GOLD, il petrolio sarebbe stato sintetizzato dalla luce del Sole, ma nello spazio, prima ancora della formazione della Terra. Di nuovo, la sorgente ultima del petrolio sarebbe stata comunque il Sole, formatosi grazie all'azione della FORZA GRAVITAZIONALE.

E che cosa si può dire dell'ENERGIA NUCLEARE a BASSA ENTROPIA contenuta nell'ISOTOPO URANIO-235 che è usato nelle centrali nucleari? Quest'energia non provenne in origine dal Sole , anche se potrebbe essere passata benissimo per il Sole in una qualche fase, ma da qualche altra stella, esplosa molti miliardi di anni fa sotto forma di una SUPERNOVA! Il materiale fu prodotto in realtà da molte di tali esplosioni stellari. Il materiale di queste supernove fu espulso nello spazio per opera di immani esplosioni stellari e una parte di esso si raccolse infine (attraverso la mediazione del Sole) per fornire gli elementi pesanti presenti nella Terra, fra cui tutto il suo URANIO-235. Ogni nucleo di uranio, col suo accumulo di energi a BASSA ENTROPIA, ebbe origine nei violenti processi nucleari occorsi in qualche esplosione di SUPERNOVA. Queste esplosioni si verificano per effetto del collasso di stelle di massa troppo grande perchè la pressione termica sia in grado di contrastare efficacemente la contrazione gravitazionale. In conseguenza del collasso e della successiva esplosione rimane un piccolo nucleo, probabilmente nella forma di quella che è nota oggi come una STELLA DI NEUTRONI (torneremo pù avanti su questo argomento). Gran parte di questo maateriale originario della SUPERNOVA, formatasi in origine per contrazione gravitazionale da una nube diffusa di gas, e comprendente ora anche l'URANIO 235, viene disseminato di nuovo nello spazio dalla violenta esplosione. C'è però un grande guadagno in ENTROPIA in conseguenza della CONTRAZIONE GRAVITAZIONALE, grazie al nucleo residuo: LA STELLA DI NEUTRONI. Anche in questo caso la produzione di BASSA ENTROPIA è dunque riconducibile alla GRAVITA', responsabile questa volta della condensazione infine violenta di gas diffuso in una STELLA DI NEUTRONI.

Eccoci dunque pervenuti alla conclusione che il livello notevolmente basso dell'ENTROPIA che osserviamo attorno a noi, e che fornisce questo aspetto estremamente sorprendente della seconda legge della termodinamica, dev'essere attribuito alla produzione di grandi quantità di ENTROPIA attraverso la CONTRAZIONE GRAVITAZIONALE di vaste nubi di gas diffuso a formare stelle. Da dove proviene tutto questo gas diffuso? E' il fatto che questo gas sia inizialmente diffuso a fornirci una quantità enorme di BASSA ENTROPIA. Noi stiamo ancora vivendo su questo accumulo di BASSA ENTROPIA, e contnueremo a farlo ancora per un tempo molto lungo. E' il potenziale che questo gas ha di addensarsi e contrarsi per effetto della forza gravitazionale che ci ha dato la SECONDA LEGGE. Inoltre, questa CONTRAZIONE GRAVITAZIONALE non ha prodotto solo la SECONDA LEGGE, ma qualcosa di molto più preciso e dettagliato della semplice asserzione "L'entropia del mondo ebbe inizio a un livello molto basso". L'ENTROPIA avrebbe potuto esserci data a un livello basso in molti altri modi diversi, ossia agli inizi dell'Universo avrebbe potuto esserci un grande ORDINE MANIFESTO, ma del tutto diverso dall'ordine che conosciamo. Immaginiamo che l'Universo fosse in origine un dodecaedro regolare, come sarebbe piaciuto a Platone, o che avesse avuto una qualche altra improbabile forma geometrica. Questo sarebbe stato in effetti un ORDINE MANIFESTO, ma non del tipo che ci attenderemmo di trovare alle origini dell'Universo reale. Dobbiamo comprendere da dove sia venuto tutto questo gas diffuso, e a questo scopo dovremmo volgerci a considerare le nostre teorie cosmologiche".
 
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L'INIZIO E' VICINO!

La cosmologia e il Big Bang: dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE; pag.412-413-414-415-416-417

"A quanto possiamo desumere dai dati d'osservazione fornitici dai nostri telescopi più potenti (sia telescopi ottici sia radiotelescopi) l'Universo, a una scala molto grande, ci appare piuttosto uniforme; ma, cosa più notevole, è IN ESPANSIONE. Quanto più lontano riusciamo a pingere lo sguardo, tanto più rapidamente le galassie distanti (e gli ancora più remoti Quasar, sembrano recedere da noi. E' come se l'Universo stesso fosse stato creato nel corso di una gigantescaa esplosione, evento designato con l'espressione di BIG BANG, che avrebbe aavuto luogo circa dieci miliardi di anni fa. Un' importante conferma alla uniformità e all'esistenza reale del BIG BANG, è stata fornita dalla cosiddetta RADIAZIONE DI FONDO DEL CORPO NERO. Questa è la radiazione termica, fotoni che si muovono a caso in tutte le direzioni, senza una sorgente discernibile, corrispondente a una temperatura di circa 2,7 gradi assoluti (2,7 K, ossia -270,3°C). Questa potrebbe sembrare una temperatura molto bassa, e in effetti lo è, ma pare che sia il residuo del lampo del BIG BANG stesso! Poichè, a partire dall'epocaa del BIG BANG, l'Universo si è espanso di un fattore enorme, questo globo di fuoco iiziale si è disperso di un fattore assolutamente enorme. Le temperature esistenti all'epoca del BIG BANG furono di gran lunga superiori a qualsiasi temperatura possa presentarsi oggi, ma per effetto di questa espansione la temperatura originaria è scesa al minuscolo valore che ha oggi la RADIAZIONE DI FONDO DEL CORPO NERO. La presenza di questa radiazione nelle microonde fu predetta nel 1984 dal fisico e astronomo russo-amercano GEORGE GAMOW sulla base del quadro oggi standerd del BIG BANG. Essa fu osservata per la prima volta (aaccidentalmente) nel 1965 da PENZIAS e WILSON. Dovrei affrontare un problema che spesso incuriosisce la gente. Se le galassie lontane stanno allontanandosi tutte da noi, ciò non significa forse che noi occupiamo una qualche posizione centrale molto speciale? No, non è così! Noi vedremmo la stessa recessione delle galassie lontane in qualsiasi luogo ci trovassimo nell'Universo. L'espansione è uniforme su vasta scala e non esiste una qualche particolare posizione privilegiata rispetto ad altre. Per dare un'idea di questa situazione si fa spesso ricorso all'esempio di un palloncino che viene gonfiato. Supponiamo che sul palloncino siano disegnati dei pallini o delle piccole spirali per rappresentare le diverse galassie, e supponiamo che la superficie bidimensionale del pallone stesso rappresenti l'intero Universo tridimensionale. E' chiaro che un ipotetico osservatore che si trovasse su un qualsiasi di tali piccole spirali sul palloncino, vedrebbe allontanarsi tutte le altre spirali. Nessun punto sulla superficie in espansione del palloncino offrirebbe un punto di osservazione privilegiato rispetto a qualsiasi altro. Similmente, dal punto di osservazione in ciascuna galassia dell'Universo, tutte le altre galassie appaiono recedere ugualmente in tutte le direzioni.

Il nostro palloncino in espansione fornisce un'illustrazione molto buona di uno dei tre modelli standard dell'Universo di FRIEDMAN-ROBERTSON-WALKER (FRW), ossia il modello FRW spazialmente chiuso a curvatura positiva. Negli altri due modelli di FRW (a curvatura nulla o curvatura negativa), l'Universo si espande nello stesso modo, ma anzichè aversi un Universo spazialmente fiito, come indica la superficie del palloncino, si ha un Universo INFINITO con un numero infinito di galassie. In quello più facilmente comprensibile di questi due modelli infiniti, la geometria spaziale è EUCLIDEA, ossia ha curvatura nulla. Si immagini che l'intero Universo spaziale sia rappresentato da un comune piano, dove le galassie vengono rappresentate per mezzo di una distribuzione di punti. All'evolversi dell'Universo nel tempo, queste galassie si allontanano l'una dall'altra in modo uniforme. Consideriamo questa recessione in termini spazio-temporali. Abbamo allora un diverso piano euclideo per ogni momento di tempo, e tutti questi piani sono immaginati come accumulati uno sopra l'altro, cosicchè possiamo avere simultaneamente un'immagine dell'intero spazo-tempo. Le galassie sono rappresentate ora come curve (le linee orarie delle storie delle galassie) e queste cirve si allontanano l'una dall'altra in dierezione del FUTURO. Ancora una volta, non c'è alcuna galassia particolare che abbia una linea oraria privilegiata. Per il modello FRW restante, quello a CURVATURA NEGATIVA, la geometria spaziale è la GEOMETRIA NON EUCLIDEA di LOBACEVSKIJ quale fu descritta nel capitolo 5 e illustrata dalla stampa di ESCHER raffigurata nella figura 5.2, a pag.208. Per la descrizione dello spazio tempo abbiamo bisogno solo di uno di questi spazi di LOBACEVSKIJ per ogni istante di tempo, e accumuleremo tutte queste immagini istantanee una sopra l'altra per avere unaa visione complessiva dell'intero spazio-tempo. Anche in questo caso le linee orarie delle galassie sono curve che si allontanano l'una dall'altra, nella direzione del FUTURO, e nessuna galassia è privilegiata. Ovviamente, in tutte queste descrizioni abbiamo soppresso una delle tre dimensioni dello spaazio, per dare uno spazio tempo a tre dimensioni più facilmente visualizzabile di quanto non sarebbe riuscita un'immagine completa dello spazio-tempo quadridimensionale. Anche così riesce difficile visualizzare lo spazio-tempo a curvatura positiva senza eliminare ancora un'altra dimensione spaziale! Facciamolo dunque e rappresentiamo l'Universo spaziale chiuso a curvatura positiva per mezzo di una circonferenza unidimensionale. anzichè per mezzo della superficie sferica bidimensionale del palloncino. All'espandersi dell'Universo cresce la grandezza di questa circonferenza, e noi possiamo rappresentare lo spazio-tempo accumulando queste circonferenze, una circonferenza per ogni istante di tempo, una sopra l'altra, ottenendo una sorta di cono curvo. Ora, dalle equazioni della RELATIVITA' GENERALE di EINSTEIN segue che quest'universo a curvatura positiva non può continuare a espandersi per sempre. Dopo aver raggiunto una fase di massima espansione, esso collasserà su sè stesso, fino a raggiungere di nuovo dimensioni nulle, in una sorta di BIG BANG alla rovescia. Questo rovescio del BIG BANG viene chiamato talvolta BIG CRUNCH. I modelli di universo infinito FRW a curvatura negativa e a curvatura nulla non invertono in questo modo la loro espansione. Anzichè raggiungere un BIG CRUNCH finale, continuano a espandersi per sempre.

Questo vale almeno per la RELATIVITA' GENERALE STANDARD, in cui la cosiddetta COSTANTE COSMOLOGICA è posta uguale a zero. Con opportuni valori non nulli di questa COSTANTE COSMOLOGICA, è possibile avere modelli di Universo spazialmente infiniti che ricollassano in un BIG CRUNCH, o modelli finiti a curvatura positiva che si espandono indefinitamente. La presenza di una COSTANTE COSMOLOGICA non nulla complicherebbe leggermente la discussione, ma non in un modo significativo ai nostri fini. Per semplicità, supporrò che la COSTANTE COSMOLOGICA sia zero. Mentre scrivo si sa, sulla base di dati di osservazione, che la COSTANTE COSMOLOGICA è molto piccola, e oggi i dati concordano con l'ipotesi che possa essere nulla. Per ulteriori informaazioni sui modelli cosmologici vedi RINDLER, 1977. Purtroppo i dati d'osservazione non sono ancora abbastanza precisi per farci propendere decisamente per l'uno o l'altro dei modelli cosmologici proposti (nè per determinare se la presenza di una piccola costante cosmologica potrebbe avere o no un effetto complessivo significante. In considerazione di ciò, i dati sembrerebbero indicare che l'Universo aabbia una CURVATURA SPAZIALE NEGATIVA (con la geometria di LOBACEVSKJI su vasta scala) e che continuerà a espandersi indefinitamente. Questa conclusione si fonda in gran parte su osservazioni della quantità di materia reale che sembra essere presente nell'Universo in forma visibile. Potrebbero esserci però grandi quantità di materia invisibile diffuse in tutto lo spazio, nel qual caso l'Universo potrebbe avere CURVATURA POSITIVA, e potrebbe infine collassare in un BIG CRUNCH, anche se solo in un intervallo di tempo molto maggiore dei circa dieci miliardi di anni di esistenza dell'Universo. Perchè questo collasso sia possibile dovrebbe esistere una quantità di materia oltre trenta volte maggiore di quella osservabile con i telescopi, la quale dovrebbe permeare lo spazio in questa forma invisibile: la cosiddetta MATERIA OSCURA. C'è qualche attendibile prova indiretta del fatto che una quantità rilevante di MATERIA OSCURA esista davvero, ma essa sia in quantità sufficiente per chiudere l'Universo (o renderlo spazialmente piano) e farlo ricollassare, è una questione destinata per ora a restare aperta".
 
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IL GLOBO DI FUOCO PRIMORDIALE

"Torniamo alla nostra ricerca dell'origine della SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA. L'abbiamo cercata a ritroso nel tempo fino a ricondurla alla presenza di gas diffuso da cui si sono condensate le stelle. Che cos'è questo gas? Da dove è venuto? Esso è principalmente IDROGENO, ma c'è anche un 23 per cento circa (in massa) di ELIO e piccole quantità di altri materiali. Secondo la TEORIA STANDARD, questo gas fu prodotto dall'esplosione che creò l'Universo: il BIG BANG. E' però importante che non pensiamo al BIG BANG come a una comune esplosione del tipo a noi familiare, in cui viene espulsa della materia da un qualche punto centrale in uno spazio preesistente. Qui lo spazio stesso è creato dall'esplosione, e non c'è, o non c'era, alcun punto centrale! La situazione è forse visualizzabile più facilmente nel caso dello SPAZIO A CURVATURA POSITIVA. Consideriamo di nuovo la figura 7.11 o il palloncino gonfiato della figura 7.8. Non c'è uno spazio vuoto preesistente in cui venga proiettato il materiale prodotto dall'esplosione. Lo spazio stesso, ossia la superficie del palloncino, viene all'essere in conseguenza dell'esplosione. Dobbiamo renderci conto che le nostre immagini, nel caso a CURVATURA POSITIVA, si sono servite di uno spazio-ambiente, lo SPAZIO EUCLIDEO in cui si trova il palloncino, o lo spazio tridimensionale in cui è raffigurato lo SPAZIO-TEMPO della figura 7.11, solo per facilitare la visualizzazione, e che non si devono intendere questi spazi-ambienti come dotati di una realtà fisica. Lo spazio all'interno o all'esterno del palloncino deve solo aiutarci a visualizzare la superficie del palloncino stesso. E' la sola superficie del palloncino a rappresentare lo spazio fisico dell'Universo. Ora ci rendiamo conto che non c'è alcun punto centrale da cui emana il materiale proveniente dal BIG BANG. Il punto che sembraa trovarsi al centro del palloncino non fa parte dell'Universo, ma è semplicemente un ausilio per la nostra visualizzazione del modello. Il materiale proiettato intorno dal BIG BANG è semplicemente diffuso in modo uniforme nell'intero universo spaziale!

La situazione è la stessa, anche se forse un po' più difficile da visualizzare, per gli altri due modelli standard. Il materiale non fu mai concentrato in nessun punto nello spazio. Esso riempiva uniformemente tutto lo spazio, fin dal primissimo istante! Questo quadro è alla base della TEORIA DEL BIG BANG CALDO, nota come IL MODELLO STANDARD. In questa teoria l'Universo, qualche istante dopo la sua creazione, era estremamente caldo: IL GLOBO DI FUOCO PRIMORDIALE. Sono stati eseguiti calcoli dettagliati sulla natura e la produzione dei componenti iniziali di questo GLOBO DI FUOCO (che era l'intero universo). Può sembrare strano che si possano eseguire attendibilmente dei calcoli per descrivere uno stato dell'Universo così differente dalla notra epoca attuale. La fisica su cui tali calcoli si fondano non è però oggetto di controversia, purchè non vogliamo sapere che cosa sia accaduto prima del primo decimillesimo di secondo dopo la creazione! Da quel momento, un decimillesimo di secondo dopo la creazione, fino a tre minuti dopo, il comportamento dell'Universo è stato calcolato con grande abbondanza di particolari (cfr. Weinberg, 1977) e, cosa degna di nota, le notre teorie fisiche ben fondate, derivate dalla conoscenza sperimentale di un Universo oggi in uno stato mlto diverso, sono del tutto adeguaate allo scopo. Le mplicazioni finali di questi calcoli sono che nell'Universo c'erano allora molti FOTONI (cioè luce), ELETTRONI e PROTONI (i due componenti dell'IDROGENO), qualche particella α (nuclei di ELIO), un numero ancora minore di DEUTONI (i nuclei del DEUTERIO, un isotopo pesante dell'IDROGENO), e tracce di altri tipi di nuclei, con forse anche un gran numero di particelle invisibili come i NEUTRINI, di cui sarebbe stremamente difficile rilevare la presenza; tutte queste particelle erano impegnate a diffondersi uniformemente nellintero Universo. I componenti materiali (principalmente PROTONI e ELETTRONI)dovettero combinarsi a produrre il gas da cui si sono formate le stelle (in gran parte IDROGENO) circa 10 miliardi di aanni dopo il BIG BANG.

Le stelle, però, non si formarono subito. Dopo un ulteriore periodo di espansione e di raffreddamento del gas, occorse la concentrazione del gas stesso in certe regioni perchè effetti gravitazionali locali potessero cominciare a contrastare il moto generale in espansione. Qui ci imbattiamo nel problema irrisolto e controverso di come si siano formate le galassie, di quali irregolarità iniziali dovettero essersi verificate perchè la formazione delle galassie diventasse possibile. Non voglio però addentrarmi qui in una discussione di questo problema. Limitiamoci ad accettare la presenza di qualche sorta di irregolarità nellaa distribuzione iniziale del gas, e che in qualche modo abbia avuto inizio il giusto tipo di concentrazioni gravitazionali locali, così che potessero formarsi le galassie, con le centinaia di miliardi di stelle che le compongono! Abbiamo così identificato la provenienza del GAS DIFFUSO. Esso ebbe origine da quel GLOBO DI FUOCO PRIMORDIALE che fu il BIG BANG stesso. Il fatto che questo gas si sia distribuito in modo notevolmente uniforme in tutto lo spazio è ciò che ci ha dato la SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA, nellaa forma dettagliata in cui essa ci è pervenuta, una volta resosi disponibile il procedimento della concentrazione gravitazionale che innescò il processo dell'aumento dell'ENTROPIA. Quanto uniformemente è distribuito il materiale nell'Universo attuale? Abbiamo notato che le stelle sono riunite in galassie. Queste sono riunite a loro volta in AMMASSI DI GALASSIE, e gli ammassi nei cosiddetti SUPERAMMASSI. C'è perfino qualche prova che questi SUPERAMMASSI siano raccolti in raggruppamenti ancora maggiori chiamati COMPLESSI DI SUPERAMMASSI. E' però importante notare che tutta questa irregolarità e questi raggruppamenti non sono altro che piccole increspature rispetto all'imponente uniformità della struttura dell'Universo nel suo complesso. Quanto più a ritroso nel tempo si riesce a spingere lo sguardo, e quanto maggiore è la paarte dell'Universo che si riesce ad osservare, tanto più l'Universo ci appare uniforme.

La RADIAZIONE DI FONDO DEL CORPO NERO fornisce la prova più impressionante in questo senso. Essa ci dice, in particolare, che quando l'Universo aveva solo un milione di anni, e un raggio che era aumentato a circa 10(23) miliardi di chilometri, una distanza da noi che oggi abbraccerebbe circa 10(10) galassie, esso e tutti i suoi materiali erano uniformi a meno di una parte su centomila (cfr. Davies et al.,1987). L'Universo, nonostante le sue origini violente, fu in effetti molto uniforme ai suoi inizi. Fu dunque il GLOBO DI FUOCO PRIMORDIALE a diffondere questo gas in modo così uniforme in tutto lo spazio. E' qui che la nostra ricerca ci ha condotti".

Dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE, pag.418-419-420
 
 
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IL BIG BANG SPIEGA LA SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA

"La nostra ricerca è così giunta al suo termine? Il fatto misterioso che l'ENTROPIAA nel nostro Universo abbiaa avuto inizo a livelli così bassi (fatto da cui deriva la SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA) può essere spiegato dalla sola circostanza che l'Universo ha avuto inizio con una grand esplosione? Un po' di riflessione suggerisce che in quest'idea si cela un paradosso. Questa non può essere certamente la risposta giusta. Ricordiamo che il globo di fuoco primordiale fu uno STATO TERMICO: un gas caldissimo in uno stato di equilibrio termico n espansione. Ricordiamo, inoltre, che l'espressione EQUILIBRIO TERMICO si riferisce a uno stato di massima ENTROPIA. Con questa stessa espressione descriviamo lo stato di massima ENTROPIA di un gas in una scatola. La SECONDA LEGGE TERMODINAMICA richiede però che l'ENTROPIA nel nostro universo, nel suo stato iniziale, fosse a una sorta di minimo, non a un massimo!! Dovè l'errore? La nostra risposta "standard" sarebbe grosso modo la seguente:

E' vero, all'inizio il GLOBO DI FUOCO era effettivamente in equilibrio termico, ma l'Universo a quell'epocaa era molto piccolo. Il GLOBO DI FUOCO rappresentava lo stato di massima ENTROPIA possibile per un Universo di dimensioni tanto piccole, ma quell'ENTROPIA era piccola rispetto a quella consentita per un Universo delle dimensioni attuali. Nel corso dell'espansione, l'ENTROPIA massima consentita aumentava con le dimensioni dell'Universo, ma l'ENTROPIA reale nell'Universo rimase molto indietro rispetto al massimo consentito. La SECONDA LEGGE TERMODINAMICA ha origine in conseguenza del fatto che l'ENTROPIA reale tende sempre a raggiungere questo massimo consentito.

Un po' di riflessione ci dice però che questa non può essere la spiegaazione giusta. Se così fosse, nel caso di un modello di universo (spazialmente chiuso) che infine invertisse la sua espansione per concludere la sua esistenza in un BIG CRUNCH tornerebbe ad applicarsi in definitiva lo stesso ragionamento, nella direzione del tempo inversa. Una volta che l'Universo avesse infine raggiunto dimensioni minuscole, ci sarebbe ancora un livello massimo modesto ai valori possibili dell'ENTROPIA. Lo stesso vincolo che servì a darci una piccola ENTROPIA nelle primissime fasi dell'Universo in espansione dovrebbe applicaarsi di nuovo nelle fasi finali dell'Universo in contrazione.

Fu una condizione vincolata di BASSA ENTROPIA all'inizio del tempo a darci la SECONDA LEGGE TERMODINAMICA, SECONDO CUI L'ENTROPIA DELL'UNIVERSO AUMENTA COL TEMPO.

Se quesa stessa condizione di BASSA ENTROPIA si applicasse anche alla fine del tempo, dovremmo imbatterci in un grosso conflitto con la SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA! Ovviamente può darsi benissimo che il nostro Universo non sia destinato a subire il supremo collasso gravitazionale. Forse noi viviamo in un Universo con CURVATURA SPAAZIALE COMPLESSIVA NULLA (EUCLIDEO) o con CURVATURA SPAZIALE NEGATIVA (LOBACEVKIJ). O forse viviamo in un Universo a CURVATURA POSITIVAA destinato ad annientarsi in un BIG CRUNCH, ma tale collasso finale avverrà in un tempo così lontano che noi, nella nostra epoca, non siamo in grado di discernere alcuna violazione della SECONDA LEGGE TERMODINAMICA. Anche se, in questa prospettiva, l'intera ENTROPIA dell'Universo dovrebbe infine invertire il suo corso e diminuire fino a un piccolo valore, e la SECONDA LEGGE TERMODINAMICA, quale la intendiamo oggi, sarebbe infine grossolanamente violata. Di fatto ci sono ottime ragioni per ritenere dubbio che, in un Universo in contrazione, possa mai verificarsi una tale inversione dell'ENTROPIA. Alcune fra le più efficaci di queste ragioni hanno a che fare con quegli oggetti misteriosi che sono noti come BUCHI NERI. In un BUCO NERO abbiamo un'immagine in miniatura del possibile collasso finale dell'Universo; se l'ENTROPIA è destinata quindi a invertirsi in un Universo in contrazione, dovrebbero verificarsi grossolane violazioni della SECONDA LEGGE TERMODINAMICA anche in prossimità di un BUCO NERO. Ci sono però, buoni motivi per credere che, nel caso dei BUCHI NERI, la SECONDA LEGGE TERMODINAMICA non venga violata. La teoria dei BUCHI NERI fornirà un contributo importante alla nostra discussione dell'ENTROPIA, cosicchè sarà necessario per noi considerare questi strani oggetti con una certa precisione".

Dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE, pag.420-421-422
 

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I BUCHI NERI

"Consideriamo innanzitutto quale sarà, secondo la teoria, la sorte finale del nostro SOLE. Il SOLE esiste da circa 5 miliardi di anni. Fra altri 5-6 miliardi di anni comincerà a espandersi, gonfiandosi inesorabilmente fino a quando la sua superficie raggiungerà press'a poco l'orbita della TERRA. Esso sarà diventato allora un tipo di stella noto come GIGANTE ROSSA. Molte GIGANTI ROSSE sono state osservate in cielo, e due fra quelle più note sono ALDEBARAN nella costellazione del TORO e BETELGEUSE in ORIONE. Per tutto il tempo che la superficie del SOLE andrà espandendosi, nel suo nucleo ci sarà una piccola concentrazione di materia eccezionalmente densa, la quale andrà crescendo costantemente. Questo nucleo denso avrà la natura di una stella NANA BIANCA. Le NANE BIANCHE, quando esistono a sè, sono vere stelle il cui maateriale è concentrato fino a raggiungere una densità estremamente elevaata, tanto che una pallina da ping pong riempita del loro materiale peserebbe varie tonnellate! Queste stelle sono state osservate in cielo in numero considerevole: forse il 10 per cento delle stelle luminose della nostra GAALASSIA sono NANE BIANCHE. La NANA BIANCA più famosa è la compagna di SIRIO, la cui densità paurosamente elevata fornì un grande rompicapo agli astronomi degli inizi del secolo. In seguito, però, questa stessa stella fornì una meravigliosa conferma della teoria fisica espressa in origine da FOWLER, attorno al 1926, secondo cui alcune stelle potrebbero avere effettivamente una densità così grande, e non poter contrarsi ulteriormente grazie alla PRESSIONE DI DEGENERAZIONE DEGLI ELETTRONI: in altri termini, sarebbe il PRINCIPIO QUANTOMECCANICO DI ESCLUSIONE di PAULI, applicato agli ELETTRONI, a impedire alla stella un ulteriore collasso gravitazionale.

Ogni GIGANTE ROSSA avrà nella sua regione centrale una NANA BIANCA, la quale raccoglierà di continuo materiali dal corpo principale della stella. La GIGANTE ROSSA sarà consumata completamente da questo nucleo parassitico, e resterà infine una vera NANA BIANCA, delle dimensioni approssimative della TERRA. Il nostro SOLE dovrebbe esistere come una GIGANTE ROSSA per "solo" qualche miliardo di anni, dopo di che, nella sua ultima forma visibile, persisterà per qualche altro miliardo di anni come una brace di NANA BIANCA che si va lentamente raffreddando, diventando infine totalmente invisibile nella forma di una NANA NERA. Non tutte le stelle condivideranno la sorte del SOLE. Il destino di alcune sarà considerevolmente più violento, e la loro sorte sarà segnata dal cosiddetto LIMITE DI CHANDRASCKHAR: il massimo valore possibile per la massa di una NANA BIANCA. Secondo un calcolo eseguito nel 1929 da SUBRAHMANYAN CHANDRASCKHAR, le NANE BIANCHE non possono avere una massa di più di 1,2 masse solari. Quando fece questo calcolo, CHANDRASCKHAR era un ragazzo indiano che, dopo essersi diplomato all'Università di Madras, si recava in Inghilterra per conseguirvi il dottorato di ricerca. Il calcolo fu ripetuto indipendentemente, attorno al 1930, anche dal fisico russo LEV LANDAU. Il valore moderno, un po' più raffinato, per il limite di CHANDRASCKHAR è di circa

1,4 M

dove M è la massa del SOLE, cioè M=una massa solare. Si noti che il limite di CHANDRASCKHAR non è molto maggiore della massa del SOLE, mentre si conoscono molte stelle comuni la cui massa è considerevolmente maggiore di questo valore. Quale sarebbe la sorte ultima di una stella, per esempio, di massa 2M? Anche in questo caso, secondo la teoria stabilita, la stella dovrebbe gonfiarsi diventando una GIGANTE ROSSA, e il suo nucleo formato da una NANA BIANCA dovrebbe acquistare lentamente massa, esattamente come prima. In una qualche fase critica, però, il nucleo raggiungerà il limite di CHANDRASCKHAR, il PRINCIPIO DI ESCLUSIONE DI PAULI sarà insufficiente a sotenerlo contro le pressioni enormi indotte dalla gravitazione. A questo punto, o attorno ad esso, il nucleo subirà un collasso catastrofico, che produrrà temperature e pressioni enormemente maggiori. Saranno allora innescate volente reazioni nucleari, e dal nucleo sarà liberata una quantità grandssima di energia sotto forme di NEUTRINI. Questi riscalderanno le regioni esterne della stella che stavano collassando verso l'interno e ne conseguirà un'immensa esplosione. La stella è diventata una SUPERNOVA! Qual'è la sorte del nucleo, che sta ancora contraendosi? La teoria ci dice che esso raggiungerà densità enormemente maggiori di quelle preoccupanti già conseguite all'interno di una NANA BIANCA. Il nucleo potrà stabilizzarsi nella forma di una STELLA DI NEUTRONI, dove ora a contrastare un ulteriore collasso è la PRESSIONE DI DEGENERAZIONE DEI NEUTRONI, ossia il PRINCIPIO DI ESCUSIONE DI PAULI applicato ai NEUTRONI. La densità sarebbe ora tale che la nostra pallina da ping pong contenente materiale di una STELLA DI NEUTRONI peserebbe quanto il pianetino HERMES, o forse quanto il satellite di MARTE, DEIMOS. Questo è il tipo di densità che si trova all'interno dello stesso nucleo atomico! Una STELLA DI NEUTRONI è come un gigantesco nucleo atomico del raggio di forse dieci chilometri, una misura estremamente piccola rispetto alle grandezze astronomiche! Qui troviamo però un nuovo limite, analogo a quello di CHANDRASCKHAR, noto come il LIMITE DI LANDAU-OPPENHEIMER-VOLKOV, il cui valore moderno riveduto è di circa

2,5 M

al di sopra del quale una STELLA DI NEUTRONI non può mantenersi stabile. Che cosa accade a questo nucleo collassante se la massa della stella originaria è tanto grande da superare perfino questo limite? Si conoscono molte stelle di massa compesa, per esempio, fra 10 e 100 M. Sembra molto improbabile che esse possano espellere invariabilmente nello spazio tanta massa che il nucleo risultante si trovi necassariamente al di sotto di questo limite delle STELLE DI NEUTRONI. Ci si attende, allora, che si formi un BUCO NERO. Che cos'è un BUCO NERO? E' una regione dello spazio, o dello SPAZIO-TEMPO, entro la quale il campo gravitazionale è diventato tanto intenso che neppure la luce più sfuggirne. Ricordiamo che è un'implicazione dei principi della relatività che la velocità della luce sia la velocità limite: nessun oggetto materiale e nessun segnale può superare la velocità locale della luce. Perciò, se da un BUCO NERO non può evadere la luce, NULLA PUO' EVADERNE. Il lettore ha forse familiarità col concetto di VELOCITA' DI FUGA. Questa è la velocità che un oggetto deve raggiungere per sottrarsi all'attrazione gravitazionale di un corpo celeste. Supponiamo che questo corpo fosse la TERRA: la velocità di fuga della TERRA è di circa 40.000 km/h. Una pietra scagliata dalla TERRA verso l'alto con una velocità superiore a questo valore non ricadrebbe più sulla TERRA ma si allontanerebbe nello spazio, supponendo di poter ignorare gli effetti della resistenza dell'aria. Se viene lanciata con una velocità inferiore a questa, ricadrà al suolo. Non è quindi vero che tutto ciò che sale deve scendere; un oggetto ritorna sulla TERRA solo se viene lanciato a una velocità inferiore alla VELOCITA' DI FUGA. Per GIOVE la VELOCITA' DI FUGA è di circa 220.000 km/h; per il SOLE è di circa 2.200.000 km/h. Nell'ipotesi che la massa del SOLE fosse concentrata in una sfera di raggio pari a solo un quarto del suo raggio presente, otterremmo una VELOCITA' DI FUGA doppia rispetto al valore reale; e se il SOLE fosse ancora più concentrato, per esempio in una sfera di raggio pari a un centesimo del suo raggio presente, la VELOCITA' DI FUGA sarebbe diec volte maggiore di quella reale. Possiamo immaginare che, per un corpo di massa sufficientemente grande e sufficientemente concentrata, la VELOCITA' DI FUGA potrebbe superare perfino la VELOCITA' DELLA LUCE! Quando accade ciò, abbiamo un BUCO NERO. La figura 7.13 presenta un diagramma dello SPAZIO-TEMPO in cui è illustrato il collasso di un corpo a formare un BUCO NERO(io suppongo qui che il collasso preceda in un modo che conservi ragionevolmente bene la simmetria sferica, e sopprimo una delle dimensioni spaziali. Nella figura sono rappresentati i coni della RELATIVITA' GENERALE nel capitolo 5, i limiti assoluti che si pongono al moto di un oggetto materiale o di un segnale. Si noti che, avvicinandosi al centro, i coni cominciano a inclinarsi verso l'interno e che l'inclinazione diventa tanto più pronunciata quanto più centrali sono.

C'è una distanza critica dal centro, nota come RAGGIO DI SCHWARZSCHILD, alla quale i limiti esterni dei coni diventano verticali nel diagramma. A questa distanza, la luce che deve seguire i coni di luce, riesce solo a librarsi sopra il corpo collassato, e tutta la sua immensa velocità verso l'esterno è sufficiente solo a controbilanciare l'enorme attrazione gravitazionale. La superficie tridimensionale nello SPAZIO-TEMPO tracciaata, in corrispondenza del RAGGIO DI SCHWARZSCHILD, da questa luce sospesa (ossia l'intera storia della luce) è nota come l'ORIZZONTE DEGLI EVENTI ASSOLUTO del BUCO NERO. Tutto ciò che si trova all'interno dell'ORIZZONTE DEGLI EVENTI è nell'impossibilità di evadere dal BUCO NERO e perfino di comunicare con il mondo esterno. Possiamo rendercene conto dall'inclinazione dei coni di luce, e dal fatto fondamentale che tutti i moti e segnali sono costretti a propagarsi all'interno di questi coni, o sulla loro superficie. Per un BUCO NERO formato dal collasso di una stella di poche masse solari, il raggio dell'ORIZZONTE DEGLI EVENTI sarebbe di alcuni chilometri. Ci si attende che BUCHI NERI molto maggiori si trovino al centro delle GALASSIE. La nostra GALASSIA della VIA LATTEA potrebbe benissimo avere al suo centro un BUCO NERO di un milione di masse solari circa, il quale potrebbe avere un raggio di qualche milione di chilometri. Il corpo materiale che collassa a formare il BUCO NERO finirà col trovarsi totalmente all'interno dell'ORIZZONTE DEGLI EVENTI, e sarà quindi nell'impossibilità di comunicare con l'esterno. Considereremo fa breve la sorte probabile di questo corpo. Per il momento ci intyeressa solo la geometria dello SPAZIO-TEMPO creata dal suo collasso: una geometria dello SPAZIO-TEMPO che ha implicazioni profondamente curiose.

Immaginiamo un astronauta coraggioso (o avventato) B, il quale decida di avventurarsi all'interno di un grande BUCO NERO, mentre il suo compagno più timoroso (o prudente?), A, rimane al sicuro fuori dell'ORIZZONTE DEGLI EVENTI.Supponiamo che A tenti di mantenere sotto osservazione B il più a lungo possibile. Che cosa vede A? Dalla figura 7.13 si può stabilire che A non potrà mai vedere la parte della storia di B (cioè della linea oraria di B, che si trova all'interno dell'ORIZZONTE DEGLI EVENTI, mentre la parte all'esterno di tale orizzonte risulterà infine tutta visibile, anche se egl riuscirà a vedere le azioni di B immediatamente precedenti il suo passaggio dell'orizzonte solo dopo periodi di attesa sempre più lunghi. Supponiamo che B attraversi l'ORIZZONTE DEGLI EVENTI quando il suo orologio segna le 12. A non potrà mai osservare tale evento, ma riuscirà a vedere successivamente l'orologio di B che segna le 11,30, 11,45, 11,52, 11,56, 11,58, 11,59, 11,59 e mezzo, 11,59 e tre quarti, 11,59 sette ottavi, ecc...a intervalli grosso modo uguali, dal suo punto di vista. In linea di principio, B resterà sempre visibile ad A e gli apparirà sempre sospeso al di sopra dell'orizzonte, col suo orologio che si avvicinerà sempre più (e sempre più lentamente) all'ora fatale delle 12, senza però mai raggiungerla. In realtà però, l'immagine di B percepita da A diventerebbe rapidamente troppo debole per continuare ad essere discernibile, in quanto la luce proveniente dalla piccola porzione della linea oraria di B appena all'esterno dell'ORIZZONTE DEGLI EVENTI deve bastare per l'intera parte restante del tempo sperimentato da A. In effetti B finirà con lo svanire dalla vista di A, e lo stesso vale per l'intero corpo originario che collassa trasformandosi in un BUCO NERO. Tutto ciò che Ariuscirà a vedere sarà in effetti soltanto un BUCO NERO! Che cosa si può dire sulla sorta del povero B? Quale sarà la sua esperienza? Innanzitutto va sottolineato che nel momento in cui varcherà l'orizzonte non succederà niente di notevole per lui. B osserva il suo orologio e vede che segna successivamente le 11,57, 11,58, 11,59, 12,00, 12, 01, 12,02, 12,03...I minuti passano regolarmente e attorno alle 12 pare che non ci sia niente di particolarmente strano. Egli guarda verso A, e constata che A rimane in vista per tutto il tempo. Può osservare anche l'orologio di A, e gli pare che segni il tempo in modo regolare. Se B non si rendesse conto, per mezzo del calcolo che aquest'ora deve avere attraversato l'ORIZZONTE DEGLI EVENTI, non avrebbe alcun modo per saperlo. L'orizzonte è stato insidioso all'estremo. Una volta che B lo ha attraversato, non c'è più scampo per lui. Egli si renderà infine conto che il suo Universo locale sta collassando intorno a lui, e anch'egli sarà destinato fra breve a subire il suo BIG CRUNCH privato!

O forse non poi tanto privato. Tutta la materia del cospo collassato che forma il BUCO NERO condividerà, in un certo senso, lo stesso crunch con lui. In effetti, se l'Universo all'esterno del BUCO NERO è spazialmente chiuso, di modo che anche tutta la materia esterna è definita impegnata in un collasso universale ci si deve attendere che anche quel collasso finirà per identificarsi con il crunch privato di B. Nonostante la sorte sgradevole di B, non ci attendiamo che la fisica locale che egli esperimenta fino a quel punto debba essere in disaccordo con la fisica che siamo giunti a capire. In particolare, non ci attendiamo che egli sperimenti delle violazioni locali della SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA, e tanto meno una completa inversione del comportamento crescente dell'ENTROPIA. La SECONDA LEGGE TERMODINAMICA dominerà tanto all'interno quanto altrove. L'ENTROPIA in prossimità di B, sta ancora crescendo fino al momento del suo crunch finale. Per capire in che modo l'ENTROPIA in un BIG CRUNCH (privato o universale) possa essere enormemente alta, mentre l'ENTROPIA del BIG BANG doveva essere molto più bassa, dovremmo immergerci un po' più in profondità nella geometria dello SPAZIO-TEMPO di un BUCO NERO. Prima, però, il lettore dovrebbe dare un'occhiata anche alla figura 7.14, la quale raffigura l'ipotetica inversione temporale di un BUCO NERO, ossia un BUCO BIANCO. I BUCHI BIANCHI probabilmente non esistono in natura, ma la loro possibilità teorica avrà un significato considerevole per noi".

P.S: per capire meglio il testo è necessario vedere le figure riportate sul libro, a cui il testo si riferisce; per problemi con la macchina fotografica non posso farle al momento, ma saranno pubblicate al più presto.

Dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE, pag.422, 423, 424, 425, 426, 427, 428, 429.

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LA STRUTTURA DELLE SINGOLARITA' DELLO SPAZIO-TEMPO

"Ricordiamo dal capitolo 5 (pag.267) che la curvatura dello spazio si manifesta come una sorta di EFFETTO DI MAREA. Una superficie sferica composta da particelle in caduta libera nel campo gravitazionale di un qualche corpo di grande massa sarebbe dilatata in una direzione (lungo la verticale diretta verso il corpo gravitante) e compressa nelle direzioni perpendicolari a questa. Questa DISTORSIONE DI MAREA aumenta quanto più ci si avvicina al corpo gravitante, variando in proporzione inversa al cubo della distanza da esso. Un tale EFFETTO DI MAREA crescente sarebbe percepito dall'astronauta B nella sua caduta dentro il CORPO NERO. Per un CORPO NERO di poche masse solari, questo EFFETTO DI MAREA sarebbe grandissimo: troppo grande perchè l'astronauta potesse sopravvivere a un avvicinamento a breve distanza dal BUCO NERO, per non parlare di attraversarne l'ORIZZONTE DEGLI EVENTI. Nel caso di BUCHI NERI più grandi, l'entità dell'EFFETTO DI MAREA all'ORIZZONTE DEGLI EVENTI sarebbe in realtà minore. Per il BUCO NERO di milioni di masse solari che molti astronomi credono possa risiedere al centro della nostra GALASSIA DELLA VIA LATTEA, l'EFFETTO DI MAREA sarebbe abbastanza piccolo all'attraversamento dell'ORIZZONTE DEGLI EVENTI, anche se sarebbe probabilmente abbastanza forte da essere avvertibile come una sensazione di disagio fisico. Questo EFFETTO DI MAREA non rimarrebbe però piccolo per molto tempo durante la caduta dell'astronauta verso l'interno, diventando rapidamente infinito in capo a pochi secondi. Non solo il corpo del povero astronauta sarebbe fatto a pezzi dalla FORZA DI MAREA rapidamente crescente, ma ciò avverrebbe, in rapida successione, anche per e molecole del suo stesso corpo, per i loro atomi componenti, i loro nuclei, e infine, perfino tutte le paarticelle subatomiche! E' così che il CRUNCH opera la suprema distruzione!

Non solo tutta la materia viene distrutta in questo modo, ma perfino lo SPAZIO TEMPO trova qui la sua fine! Una tale catastrofe ultima viene designata come una SINGOLARITA' SPAAZIOTEMPORALE. Il lettore potrebbe chiedersi come sappiamo che tali catastrofi debbano verificarsi, e in quali circostanze lo SPAZIO-TEMPO sia destinato a subire questa sorte. Queste sono conclusioni che si deducono dalle equazioni classiche della RELATIVITA' GENERALE, in ogni circostanza in cui si forma un BUCO NERO. Il modello originario dei BUCHI NERI di OPPENHEIMER e SNYDER (1939) presentava un comportamento di questo genere. Per molti anni, però, gli astrofisici hanno cullato la speranza che questo singolare comportamento fosse una conseguenza accidentale delle speciali simmetrie che si dovevano postulare per tale modello. Forse, in situazioni asimmetriche realistiche la materia collassante poteva muoversi in vortici in qualche modo complicati, riuscendo quindi a sfuggire di nuovo verso l'esterno. Queste speranze furono però infrante quando divennero disponibili altri tipi generali di ragionamento matematico, che fornirono i cosiddetti TEOREMI DELLA SINGOLARITA' (cfr. PENROSE, 1965; HAWKING e PENROSE, 1970). Questi teoremi stabilirono all'interno delle teoria classica della RELATIVITA' GENERALE, con sorgenti materiali abbastanza grandi, che SINGOLARITA' SPAZIOTEMPORALI sono inevitabili in condizioni di COLLASSO GRAVITAZIONALE. Similmente, usando la direzione inversa del tempo, ci appare inevitabile una corrispondente SINGOLARITA' SPAZIOTEMPORALE iniziale, che ora rappresenta il BIG BANG, in ogni universo in espansione (in modo appropriato. Qui, anzichè rappresentare la distruzione ultima di tutta la materia e dello SPAZIO-TEMPO, la SINGOLARITA' rappresenta la creazione di SPAZIO-TEMPO e MATERIA. Si potrebbe avere l'impressione che fra questi due tipi di SINGOLARITA' (il tipo iniziale, in cui si creano SPAZIO-TEMPO e MATERIA, e il tipo finale, in cui SPAZIO-TEMPO e MATERIA vengono distrutti) ci sia un'esatta simmetria temporale. Fra queste due situazioni c'è in effetti un'importante analogia, ma quando le esaminiamo nei particolari, troviamo che non sono esatte inversioni temporali una dell'altra. E' importante per noi capire le differenze geometriche esistenti fra loro, poichè esse contengoo la chiave dell'origine della SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA.

Torniamo alle esperienze del nostro astronauta B votato al sacrificio di sè. Egli si imbatte in FORZE DI MAREA che aumentano rapidamente fino ad assumere valori infiniti. Cadendo in uno spazio vuoto, egli esperimenta gli effetti distorcenti, pur senza modificazione del volume, prodotti dal tipo di tensore di curvatura dello SPAZIO-TEMPO noto come TENSORE DI RIEMANN-CHRISTOFFEL, che ho denotato con WEYL. La parte restante del TENSORE DI CURVATURA contratto, da me denotato come RICCI, è nulla nello spazio vuoto. Può darsi che in qualche fase B si imbatta di fatto in materia, ma anche in questo caso (dopo tutto è costituito lui stesso da materia) noi troviamo in generale che la misura di WEYL è molto maggiore di quella di RICCI. Ci attendiamo di trovare, in effetti, che la curvatura nei pressi di una SINGOLARITA' FINALE sia dominata completamente dal TENSORE WEYL. Questo tensore, in generale, va all'infinito:

WEYL = 8 (infinito)

anche se potrebbe farlo in modo oscillatorio. Pare che questa sia la situazione generica nel caso di una SINGOLARITA' SPAZIO-TEMPORALE. Un tale comportamento è associato a una SINGOLARITA' con ALTA ENTROPIA. La situazione appare del tutto diversa nel caso del BIG BANG. I MODELLI STANDARD del BIG BANG sono forniti dai tipi di SPAZIO-TEMPO altamente simmetrici di FRIEDMANN-ROBERTSON-WALKER che abbiamo considerato in precedenza. Ora è del tutto assente l'effetto di DISTORSIONE DI MAREA fornito dal TENSORE WEYL. C'è, invece, un'accelerazione simmetrica verso l'interno agente su qualsiasi superficie sferica di particelle. Questo è l'effetto del TENSORE RICCI, piuttosto che del WEYL. In qualsiasi modello FRW, vale sempre l'equazione tensoriale

WEYL = 0.

Mn mano che ci approssimiamo alla SINGOLARITA' INIZIALE, troviamo che, anzichè WEYL, è RICCI a diventare infinito, cosicchè è RICCI, e non WEYL, a dominare nei pressi della SINGOLARITA' INIZIALE. Abbiamo perciò una singolarità con BASSA ENTROPIA. Se esaminiamo la SINGOLARITA' DEL BIG CRUNCH nei modelli FRW collassanti in modo esatto, troviamo ora al CRUNCH FINALE che WEYL=0, mentre RICCI va all'infinito. Questa è però una situazione molto speciale e non è ciò che si attende per un modello pienamente realistico in cui si tenga conto dell'aggregazione gravitazionale. Al passare del tempo, il materiale, in origine sotto forma di un gas diffuso, si aggregherà a formare GALASSIE di stelle. A tempo debito un gran numero di queste stelle si contrarrà per effetto della gravitazione in NANE BIANCHE, in STELLE DI NEUTRONI e in BUCHI NERI, e qualche enorme BUCO NERO potrebbe ben essere presente al centro delle GALASSIE. L'ammassamento, specialmente nel caso dei BUCHI NERI, rappresenta un aumento enorme dell'ENTROPIA. Potrebbe essere sconcertante, a tutta prima, che gli stati di aggregazione di materia rappresentino un ALTA ENTROPIA e gli stati di distribuzione uniforme una BASSA ENTROPIA, se ricordiamo che, nel nostro esempio del gas in una scatola, gli stati di concentrazione (come quando il gas era tutto raccolto in un angolo della scatola) erano stati di BASSA ENTROPIA, mentre lo stato uniforme dell'EQUILIBRIO TERMICO era uno stato di ALTA ENTROPIA. Quando si tiene conto della GRAVITA' si ha un'inversione di questo stato di cose, a causa della natura universalmente attrattiva del CAMPO GRAVITAZIONALE. La concentrazione diventa sempre più pronunciata col passare del tempo e, alla fine, molti BUCHI NERI si fondono assieme, e le loro singolarità si uniscono nella complicatissima SINGOLARITA' FINALE del BIG CRUNCH. La SINGOLARITA' FINALE non assomiglia affatto al BIG CRUNCH idealizzato dal modello FRW collassante, col suo vincolo WEYL=0. Man mano che si realizzano concentrazioni sempre maggiori, il TENSORE DI WEYL tende a crescere sempre più, e in generale, in ogni SINGOLARITA' FINALE, si ha WEYL = 8 (infinito).

Ora vediamo come un Universo ricollassato possa non avere necessariamente una PICCOLA ENTROPA. Il basso livello dell'ENTROPIA al BIG BANG (che ci diede la SECONDA LEGGE TERMODINAMICA) non fu quindi semplicemmente una conseguenza delle piccole dimensioni dell'Universo al tempo del BIG BANG! Se dovessimo eseguire un'inversione temporale dell'immagine del BIG CRUNCH che abbiamo ottenuto sopra, otterremmo un BIG BANG con un ENTROPIA enormemente alta, da cui non potrebbe derivare una SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA! Per una qualche ragione, l'Universo si creò in uno stato molto speciale (di BASSA ENTROPIA), e gli fu imposto qualcosa di simile al vincolo WEYL=0 dei modelli FRW. Se non fosse stato per un vincolo di questa natura, sarebbe stata molto più probabile una situazione in cui tanto la SINGOLARITA' INIZIALE quanto quella FINALE fossero del tipo ad ALTA ENTROPIA WEYL = 8 (infinito). In un tale universo probabile non ci sarebbe stata, di fatto, una SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA!"

Dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE; pag.429-430-431-432-433-434.
 
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LE PECULIARI CONDIZIONI DEL BIG BANG

"Cerchiamo di capire quanto sia stata vincolante una condizione come la WEYL=0 al BIG BANG. Per semplicità (come nel caso esaminato sopra) supporremo che l'Universo sia chiuso. Per poter fare qualche calcolo ben definito supporremo, inoltre, che il numero B dei BARIONI - cioè il numero dei PROTONI e NEUTRONI presi assieme, nell'Universo sia grosso modo

B=10,80 (numero con 80 zeri).

Non c'è alcuna particolare ragione per adottare questo numero, a parte il fatto che, in base ai dati dell'osservazione, B dev'essere almeno così grande; una volta EDDINGTON affermò di avere calcolaato B esattamente, ottenendo una cifra che era vicina al valore adottato sopra! Oggi nessuno sembra più credere a quel calcolo particolare, ma pare che il valore 10,80 (10 seguito da 80 zeri) sia accettato. Se B fosse maggiore di questa cifra (e forse, in realtà, B=8 infinito), otterremmo risultati numerici aancora più sorprendenti di quello, straordinario, a cui giungeremo fraa un minuto! Cerchiamo di immaginare lo SPAZIO DELLE FASI (cfr.pag.232) dell'intero Universo! Ogni punto in questo SPAZIO DELLE FASI rappresenta un diverso modo possibile in cui l'Universo avrebbe potuto iniziaare la sua esistenza. Dobbiamo immaginare l'Architetto che, armato di uno spillo, si accinge a situarlo in quaalche punto nello SPAZIO DELLE FASI. A ogni diversa posizione dello spillo corrisponde un numero differente. Ora, la precisione che si richiede alla mira dell'Architetto dipende dall'ENTROPIA dell'Universo che dev'essere creato. Sarebbe relativamente facile produrre un Universo ad alta ENTROPIA, giacchè in questo caso ci sarebbe un grande spazio disponibile in cui piantare lo spillo. Ricordiamo che l'ENTROPIA è proporzionale al logaritmo del volume dello SPAZIO DELLE FASI interessato. Ma per dare origine all'Universo in uno stato di bassa ENTROPIA, in modo che possa esistere in effetti una SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA, l'Architetto deve mirare a un volume dello SPAZIO DELLE FASI molto più piccolo. Quanto dovrebbe essere piccola questa regione per risultarne un Universo molto simile aa quello in cui noi ci troviamo a vivere? Per rispondere a questa domanda dobbiamo considerare innanzitutto una formula notevolissima, dovuta a JACOB BEKENSTEIN (1972) e a STEPHEN HAWKING (1975), la quale ci dice quale debba essere l'ENTROPIA di un BUCO NERO. Consideriamo un BUCO NERO, e supponiamo che la superficie del suo ORIZZONTE DEGLI EVENTI abbia l'area A. La formula di BEKENSTEIN-HAWKING per l'ENTROPIA del BUCO NERO è allora:

Sbh=a/4.(kc3/gh),

dove k è la COSTANTE DI BOLTZMANN, c la VELOCITA' DELLA LUCE, G la COSTANTE GRAVITAZIONALE DI NEWTON e h la COSTANTE DI PLANCK divisa per 2(pi greco). La parte essenziale di questaa formula è A/4. La parte fra parentesi è formata semplicemente dalle costanti fisiche appropriate. Così l'ENTROPIA di un BUCO NERO è proporzionale all'areaa dellaa sua superficie. Per un BUCO NERO sfericamente simmetrico, l'area della superficie risulta essere proporzionale al quaadrato della massa del BUCO NERO:

A = m(al quadrato) x 8 (pgreco) (G2/c4).

Combinando questa formula con quella di BEKENSTEIN-HAWKING, troviamo che l'ENTROPIA di un BUCO NERO è proporzionale al quadrato della sua massa:

Sbh = m (al quadrato) x 2 (p greco) (kG/h).

Così l'ENTROPIA PER MAASSA UNITARIA (Sbh/m) di un BUCO NERO è proporzionale alla sua massa, e cresce quindi sempre più per BUCHI NERI sempre maggiori. Perciò, per una data quaantità di massa, o, cosa equivalente, per la FORMULA DI EINSTEIN E=mc2, per unaa data quantità di energia, si consegue la massima ENTROPIA quando il materiale è collassato tutto in un BUCO NERO. Inoltre, due BUCHI NERI guadagnano enormemente in ENTROPIA quando si inghiottono reciprocamente producendo un singolo BUCO NERO! I grandi BUCHI NERI, come quelli che si trovano probabilmente nel centro delle galassie, forniranno quantità assolutamente straordinarie di ENTROPIA, di gran lunga maggiori rispetto a ogni altro genere di ENTROPIA in cui ci si può imbattere in altri tipi di situazione fisica. In realtà occorre aggiungere una breve precisazione all'aaffermazione che si consegue la massima ENTROPIA quando tutta la massa è concentrata in un BUCO NERO. L'analisi compiuta da HAWKING della TERMODINAMICA DEI BUCHI NERI mostra che a un BUCO NERO dovrebbe essere associata anche unaa temperatura non nullaa. Un implicazione di questo fatto è con tutta la MASSA-ENERGIA può essere contenuta all'interno del BUCO NERO, nel massimo stato di ENTROPIA; l'ENTROPIA massima viene infatti conseguita da un BUCO NERO in equilibrio con un BAGNO TERMICO DI RADIAZIONE. Laa temperatura di questa radiaazione è in realtà molto piccola per un BUCO NERO di qualsiasi grandezza ragionevole. Per esempio, per un BUCO NERO di una massa solare, questa temperatura saarebbe di circa 10-7K, la quale è un po' minore della temperatura più bassa che sia stata misuraata fino a oggi in qualsiasi laboratorio, e considerevolmente minore della temperatura di 2,7K dello SPAZIO INTERGALATTICO. Per BUCHI NERI più grandi, la temperatura di HAWKING è ancora minore! La TEMPERATURA DI HAWKING diventerebbe significativa per la nostra discussione solo se: a) esistessero nel nostro universo BUCHI NERI molto più piccoli, chiamati MINI BUCHI NERI; o b) se l'Universo non subisse il COLLAASSO GRAVITAZIONALE prima del TEMPO DI EVAPORAZIONE DI HAWKING: il tempo in cui il BUCO NERO evaporerebbe completamente. Per quanto concerne a), potrebbero prodursi mini BUCHI NERI solo in un BIG BANG opportunamente caotico. Tali MINI BUCHI NERI non possono essere molto numerosi nel nostro Universo reale, altrimenti i loro effetti saarebbero già stati osservati; inoltre, secondo il punto di vista che sto esponendo qui, dovrebbero essere del tutto assenti. Quanto a b), per un BUCO NERO DI MASSA SOLARE il TEMPO DI EVAPORAZIONE DI HAWKING dovrebbe essere circa 10,54 (10+54 zeri) volte l'età attuale dell'Universo, e per BUCHI NERI più grandi dovrebbe essere considerevolmente maggiore. Non pare che questi effetti dovrebbero modificare sostanzialmente le argomentazioni esposte sopra. Per farsi un'idea dell'immensità dell'ENTROPIA di un BUCO NERO, consideriamo ciò che in precedenza si pensava fornisse il massimo contributo all'ENTROPIA dell'Universo, ossia la RADIAZIONE DI FONDO DEL CORPO NERO di 2,7K. Gli astrofisici erano rimasti colpiti dalle qualità enormi di ENTROPIA contenute in questa radiazione, le quali sono immensamente superiori ai valori di ENTROPIA ordinari in cui ci si imbatte in altri processi (per esempio nel SOLE). L'ENTROPIA della RADIAZIONE DI FONDO è prossima a 10,8 (10+8 zeri) FOTONI per ogni BARIONE. Così, esistendo 10,80 (10+80 zeri) BARIONI in tutto, dovremmo avere un'ENTROPIA totale di

10,88 (cifra corrispondente a 10 seguito da 88 zeri)

per l'ENTROPIA nella RADIAZIONE DI FONDO nell'Universo. In effetti, se non fosse per i BUCHI NERI, questo valore rappresenterebbe l'ENTROPIA totale dell'Universo, giacchè l'ENTROPIA nella RADIAZIONE DI FONDO è così grande da rendere irrilevante quella esistente in tutti gli altri processi. L'ENTROPIA per BARIONE nel SOLE, per esempo, è dell'ordine dell'unità. D'altro canto, al livello dei BUCHI NERI, l'ENTROPIA della RADIAZIONE DI FONDO è del tutto irrilevante. La formula di BEKENSTEIN-HAWKING ci dice infatti che l'ENTROPIA per BARIONE, in un BUCO NERO DI MASSA SOLARE, è di circa 10,20 (10+20 zeri), in unità naturali, cosicchè, se l'Universo fosse formato esclusivamente di BUCHI NERI DI MASSA TOTALE, il valore totale dell'ENTROPIA sarebbe stato molto maggiore di quello dato sopra, ossia di

10,100 (10 seguito da 100 zeri).

Ovviamente l'Universo non è costruito in questo modo, ma questa cifra comincia a dirci quanto debba essere considerata piccola l'ENTROPIA nella RADIAZIONE DI FONDO quando si cominciano a prendere in considerazione gli effetti incessanti della GRAVITA'. Tentiamo di essere un po' più realistici. Anzichè popolare per intero le nostre GALASSIE di BUCHI NERI, immaginiamo che siano formate principalmente da stelle comuni, circa 10,11 ciascuna, e che ogni GALASSIA abbia al suo centro un BUCO NERO di un milione (10,6) di masse solari (come potrebbe essere ragionevole per la nostra GALASSIA della VIA LATTEA). I calcoli dimostrano che l'ENTROPIA per BARIONE sarebbe ora effettivamente un po' maggiore del valore precedente, già immenso; ora avremmo cioè 10,21 (10+21 zeri), per un valore totale dell'ENTROPIA, in unità naturali, di

10, 101 (10 seguito da 101 zeri).

Possiamo prevedere che, dopo un tempo molto lungo, una frazione importante delle GALASSIE sarà stata inghiottita dai BUCHI NERI al loro centro. Quando ciò sarà accaduto, l'ENTROPIA per BARIONE sarà di 10,31 (10+31 zeri), e avremo un totale mostruoso di

10,111 (10 seguito da 111 zeri).

Noi stiamo però considerando un Universo chiuso, destinato perciò infine a collassare nel BIG CRUNCH; e non è irragionevole stimare l'ENTROPIA del CRUNCH FINALE usando la formula di BEKENSTEIN-HAWKING, come se l'intero Universo avesse formato un BUCO NERO. Otterremmo in questo caso un'ENTROPIA per BARIONE di 10,43 (10+43 zeri), e il totale assolutamente prodigioso per il BIG BANG totale sarebbe di

10,123 (10 seguito da 123 zeri).

Questa cifra ci darebbe una stima del volume totale V dello SPAZIO DELLE FASI disponibile all'Architetto, giacchè quest'ENTROPIA rappresenterebbe il logaritmo del volume della parte di gran lunga maggiore. Poichè 10,123 (10+123 zeri) è il logaritmo del volume, il volume dev'essere l'esponenziale di 10,123, ossia

V = 10,10123 (10 seguito da diecimilacentoventitrè zeri),

in unità naturali! Alcuni attenti lettori potrebbero pensare che avrei dovuto usare invece la cifra e,10,123, ma per numeri di questa grandezza la "e" e il dieci sono sostanzialmente intercambiabili. Quant'era grande il volume originario dello SPAZIO DELLE FASI W che l'Architetto doveva avere in mente per fornire un Universo compatibile con la SECONDA LEGGE TERMODINAMICA e con quello che osserviamo oggi? Non importa molto se scegliamo il valore

W = 10,10101 o W = 10,1088 (i numeri dopo il dieci indicano il numero di zeri che segue)

dato, rispettivamente, dai BUCHI NERI GALAATTICI o dalla RADIAZIONE DI FONDO A MICROONDE, o un valore molto più piccolo e di fatto più appriopriato, che dev'essere stato il valore reali al BIG BANG. Nell'un modo come nell'altro, il rapporto di V a W sarà molto prossimo a

V/W = 10,10.123 (10 seguito da 10.123 zeri).

E' una quantità straordinaria. Non si potrebbe neppure scrivere il numero per esteso nella comune notazione decimale: sarebbe infatti un 1 seguito da 10.123 zeri! Anche se potessimo scrivere uno 0 su ciascun PROTONE e su ciascun NEUTRONE separati nel nostro Universo (e per buona misura potremmo prendere anche tutte le altre particelle) resteremmo ben lontani dal poter scrivere la cifra richiesta. La precisione necessaria per mettere l'Universo sul suo corso risulta non essere quindi in alcun modo inferiore a tutta la straordinaria precisione a cui siamo già abituati nelle superbe equazioni dinamiche di NEWTON di MAXWELL e di EINSTEIN che governano ogni momento il comportamento di tutte le cose. Ma perchè il BIG BANG fu organizzato con tanta precisione, mentre ci si deve attendere che il BIG CRUNCH (o le SINGOLARITA' NEI BUCHI NERI) siano totalmente caotici? Pare che questo interrogativo possa essere formulato nei termini del comportamento della parte di WEYL della curvatura dello SPAZIO-TEMPO in SINGOLARITA' SPAZIO TEMPORALI. Quel che sembra dobbiamo trovare è che in SINGOLARITA' SPAZIO TEMPORALI INIZIALI, ma non in SINGOLARITA' FINALI, c'è un vincolo

WEYL = 0

o qualcosa di molto simile, e questo fatto sembra essere ciò che confina la scelta dell'Architetto a questa piccolissima regione dello SPAZIO DELLE FASI. Ho chiaamato IPOTESI DELLA CURVATURA DI WEYL l'assunto che questo vincolo si applichi a ogni SINGOLARITA' SPAZIO-TEMPORALE INIZIALE (ma non FINALE). Così, a quanto pare, abbiamo bisogno di capire perchè debba applicarsi l'ipotesi di una tale AASIMMETRIA TEMPORAALE per dover comprendere quale sia l'origine della SECONDA LEGGE DELLA TERMODINAMICA. Come possiamo conseguire una comprensione più avanzata dell'origine della SECONDA LEGGE TERMODINAMICA? Pare che siamo venuti a trovarci in un vicolo cieco. Abbiamo bisogno di capire perchè le SINGOLARITA' SPAZIO-TEMPORALI abbiano le strutture che sembrano avere; ma le SINGOLARITA' SPAZIO-TEMPORALI sono regioni in cui la comprensione della fisica ha raaggiunto i suoi limiti. L'impasse costituita dall'esistenza di SINGOLARITAA' SPAZIO-TEMPORALI viene talvolta paragonata a un'altra impasse: quella in cui si trovarono i fisici dell'inizio del Novecento in relazione alla stabilità degli atomi. In ciascun caso, la teoria classica ben stabilita si era imbattuta nella soluzione "infinito", e si era in tal modo dimostrata inadeguata al suo compito. Il singolare comportamento del COLLASSO ELETTROMAGNETICO DEGLI ATOMI fu scongiurato dalla TEORIA QUANTISTICA; e similmente dovrebbe essere la teoria quantistica a fornire una teoria finita in luogo delle SINGOLARITA' SPAZIO-TEMPORALI INFINITE della TEORIA CLASSICA nel COLLASSO GRAAVITAZIONALE di stelle. Ma non potrà essere una TEORIA QUANTISTICA ordinaria. Dovrà essere una TEORIA QUANTISTICA della struttura stessa dello SPAZIO-TEMPO. Una tale teoria, se esistesse, dovrebbe chiamarsi GRAVITA' QUANTISTICA. L'inesistenzaa, a tutt'oggi, di una tale teoria non è dovuta all'aassenza di sforzi, di perizia o di ingegnosità da parte dei fisici. Molti scienziati di primo rango si sono applicati alla costruzione di una tale teoria, ma senza successo. Questo è il vicolo cieco in cui siamo infine venuti a trovarci nei nostri tentativi di comprendere la direzionalità e il flusso del tempo.

Il lettore potrà chiedersi a questo punto che cosa abbiamo ricavato da questo viaggio. Nel nostro tentativo di capire perchè il TEMPO sembri scorrere solo in una direzione e non nell'altra, abbiamo dovuto viaggiare fino agli estremi stessi del TEMPO, là dove si sono dissolte perfino le nozioni di SPAZIO. Che cosa abbiamo imparato da tutto questo? Abbiamo imparato che le nostre teorie non sono ancora adeguate a fornirci risposte, ma di quale utilità è questa conclusione nei nostri tentativi di capire la mente? Nonostante la mancanza di una teoria adeguata, io credo che siano lezioni importanti che dobbiamo imparare dal nostro viaaggio. A questo punto dobbiamo invertire il cammino per tornare a casa. Il nostro viaggio di ritorno sarà più speculativo di quello di andata ma, secondo me, non c'è altra via ragionevole per tornare indietro!"

Dal libro LA MENTE NUOVA DELL'IMPERATORE di ROGER PENROSE; pag. 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441, 442.
 
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