8 ott 2014
"Osiride
era un mitico re dio degli abitatori del Nilo ; sovrano benefico
indusse i suoi selvaggi sudditi a vivere in pace, a non sbranarsi a
vicenda, ad abbandonare l'avventurosa vita nomade. A questo fine insegnò
loro a lavorare la terra, a coltivare la vite e ad ottenere il vino, e
l'orzo da cui trarre la birra. Mostrò loro come forgiare i metalli e le
armi per difendersi dalle belve, li invogliò a vivere in comunità, a
fondare città. Iside, la sorella sposa, per parte sua, guariva le loro
malattie, scacciava gli spiriti maligni con arti magiche ; fondò la
famiglia, insegnò agli uomini a fare il pane e alle donne tutte le arti
muliebri, la tessitura, il ricamo. Insomma, inventarono la civiltà.
L'Egitto si trovò così nell'Età dell'Oro. Compagno e amico di Osiride
era Thot, dio delle scienze, cui spettò il compito di insegnare agli
Egizi a leggere e scrivere. Non contento di ciò, Osiride volle portare
la sua benefica missione anche nel resto del mondo e, durante la sua
assenza, lasciò la reggenza del trono a Iside. Ma ecco il fratello Seth,
escluso dal trono in quanto figlio cadetto, tramare subito per
usurparglielo : la vigile Iside riesce a stroncare ogni manovra. Osiride
tornò dal viaggio, felicemente concluso, in compagnia di Thot e di
Anubi ( dio dei morti ). Il perfido Seth, l'esatto opposto di Osiride,
ordisce un orribile inganno : dà una grande festa in onore del fratello e
durante il banchetto mostra agli invitati un magnifico scrigno
finemente istoriato e tempestato di gemme e, scherzando, proclama che ne
farà dono a chi, entrandovi, lo occuperà esattamente con il proprio
corpo (l'aveva fatto costruire su misura per Osiride, che aveva una
statura gigantesca). Ognuno dei commensali, ammirato per la preziosità
dell'opera e desideroso di averla, ci si provò, ma risultava sempre
troppo piccolo. Alla fine fu la volta del re, la cui statura si attagliò
a pennello. Seth, fulmineo, con i suoi complici rinserrò il coperchio,
lo sigillò con piombo fuso e gettò lo scrigno nel Nilo. Gli dei
atterriti presero forme di animali per sfuggire a una simile sorte.
Iside, disperata, si strappò le vesti e con l'aiuto di Thot riuscì a
fuggire e partì alla ricerca della salma dello sposo per dargli almeno
degna sepoltura. Era scortata da sette velenosissimi scorpioni,
terribile guardia del corpo. Giunse esausta alla città di Pa-sin ; ma
lacera e sfinita com'era, non trovò ospitalità ( forse a causa del poco
raccomandabile seguito ). Una donna le chiuse ostentatamente la porta in
faccia. I sette scorpioni si consultarono tra loro sul modo di
vendicare l'affronto alla dea, e ad uno a uno, avvicinandosi al loro
capo, Tefen, iniettarono nella sua coda tutto il proprio veleno. Tefen,
introdottosi nella casa della poco cortese signora, trovato il suo
bambino, lo punse. La potenza del veleno era tale che la casa prese
fuoco. Frattanto una misericordiosa e umile contadina, Taha, impietosita
da quel volto impietrito dal dolore, accolse Iside, spontaneamente ;
l'altra, che si chiamava Usa, non trovò una sola goccia d'acqua per
spegnere l'incendio e disperata, col bambino morente fra le braccia,
vagava in cerca di aiuto, ma nessuno le rispondeva. Fu Iside che ebbe
pietà di lei : impartì al veleno l'ordine di non agire e il bimbo guarì
subito, mentre una pioggia miracolosa spegneva l'incendio. L'ira del
cielo s'era placata ; Usa, pentita, capì di trovarsi di fronte ad un
essere soprannaturale e offrì doni a Iside, implorandone il perdono.
Iside riprese il vagabondare tra le infinite insidie che gli spiriti
maligni, al servizio di Seth, cospargevano sulla sua via. Presso Tanis,
da alcuni bimbi, seppe che la cassa, sul filo della corrente di quel
ramo del Nilo, aveva raggiunto il mare aperto. Disperata, camminò e
camminò e giunse a Biblo. Proprio qui era approdata la tragica bara,
tempo prima, tra i rami di un cespuglio che, al contatto col corpo
divino, s'era trasformato in una splendida acacia che rinserrò lo
scrigno nel proprio tronco. Un giorno il re di Biblo, vedendo lo
stupendo albero, ordinò che lo si tagliasse per farne una colonna del
suo palazzo. Iside, giunta in città, tutte le notti si trasformava in
rondine e svolazzava intorno alla colonna, lanciando strida strazianti,
ma nessuno le faceva caso. Alla fine decise di agire: si sedette presso
la fonte, e quando le ancelle della regina vennero ad attingere acqua,
prese a conversare, poi a pettinarle, a offrire divini profumi, con loro
grande gioia. Anche la regina volle conoscere la straniera che, in
brevissimo tempo, entrò nelle sue grazie e fu nominata governante del
principino. Ogni notte, preso il suo aspetto di rondine, non cessava il
suo pianto. La regina, una sera, volendo sincerarsi che il bambino
dormisse, entrò nella sua camera e trovò uno spettacolo raccapricciante :
la culla del figlioletto era circondata da alte fiamme e, a piè del
letto, sette minacciosi scorpioni facevano la guardia. Atterrita, urlò,
accorsero le guardie, accorse il re e la stessa Iside, al cui cenno le
fiamme si spensero d'incanto. La dea svelò il proprio essere e
rimproverò la regina ; riconoscente per l'ospitalità aveva deciso di
rendere il principe immortale, e, per questa ragione, ogni notte lo
immergeva nelle fiamme purificatrici. Ma purtroppo ora l'incanto era
rotto. La regina ne fu profondamente rattristata e il re, onorato d'aver
dato ricetto a una dea, le offrì tutto ciò che lei volesse. Iside,
naturalmente, chiese la grande colonna e lei stessa ne trasse lo scrigno
e riempì il tronco di profumi, lo avvolse in aulenti bende e lo lasciò
al re e al suo popolo come suo ricordo e preziosa reliquia. Ripresa la
via del ritorno scortata da due figli del re, non seppe resistere a
lungo : ordinò alla carovana di fermarsi e aprì la cassa. All'apparire
del volto del marito le sue urla di dolore riempirono l'aria di un tale
spavento che uno dei figli del re uscì di senno. Peggiore sorte toccò
all'altro : Iside s'era chinata lacrimando sul caro viso, e l'ignaro
ragazzo l'osservava incuriosito ; la dea, accortasene, gli lanciò una
tale occhiata che il poveretto cadde fulminato. Rimasta sola, Iside
tentò di tutto, usò invano tutte le possibile formule magiche per
richiamare in vita lo sposo ; e, trasformatasi in falco, e agitando su
di lui le ali per cercare di ridargli il soffio della vita,
miracolosamente rimase fecondata. Giunta in Egitto, nascose la bara in
un luogo romito presso Buto, tra le inestricabili paludi del Delta che
la proteggevano dai pericoli. Ma per caso Seth, andando una notte a
caccia al chiaro di luna, la trovò. Apertala e vista la salma del
fratello, in preda al più scatenato furore la fece a brani, tagliandola
in quattordici parti che sparpagliò per tutto l'Egitto. L'infelice
Iside, al nuovo scempio, ricominciò la pietosa ricerca dei macabri resti
e dopo immense fatiche riuscì a ricomporli ( tranne il membro virile
divorato da un ossirinco, una specie di storione del Nilo). Sui luoghi
ove i resti furono trovati, sorsero cappelle e poi templi ai quali si
compivano pellegrinaggi chiamati " della ricerca di Osiride ".
Ricomposto il corpo, Iside chiamò a sé la diletta sorella Neftis (
incolpevole sposa del malvagio Seth ), Thot e Anubi. E con la scienza
ereditata da Osiride, tutti insieme si prodigarono per rendere a Osiride
la vita. Anubi imbalsamò il corpo e confezionò così la prima mummia,
che fu fasciata e ricoperta di talismani. Sui muri del sepolcro, ad
Abido, furono incise le formule magiche di rito. Accanto al sarcofago fu
posta una statua del tutto somigliante al defunto. Osiride così
resuscitò, ma no poté regnare più su questa terra e divenne re del "
Sito che è oltre l'Orizzonte occidentale ", che trasformò da luogo cupo e
triste in una landa ubertosa e ricca di messi. Compiuto il rito della
sepoltura, Iside tornò a nascondersi nelle paludi per proteggere se
stessa e soprattutto il nascituro dalle vendette di Seth. Quando Horo
nacque, la madre lo protesse con tutto l'amore, invocò su de lui l'aiuto
di tutti gli dei, poi gli insegnò la scienza, l'educò nel culto del
padre. Horo crebbe " come il sole nascente, il suo occhio destro era il
sole, quello sinistro la luna " ed egli stesso era un grande luminoso
falco che solcava i cieli. E quando fu abbastanza grande, Osiride tornò
una volta sulla terra per farne un soldato. Allora Horo, radunati tutti i
fedeli del re tradito, partì alla ricerca di Seth per vendicare il
padre. La tremenda battaglia durò tre giorni e tre notti ; Seth e i suoi
si trasformarono nei più terribili e imprendibili animali per cercare
di sfuggire alla sconfitta : Horo mutilò Seth, ma questi si trasformò in
un enorme maiale nero e ingoiò l'occhio sinistro di Horo : la luna
cessò così di splendere, l'umanità era attonita. Alla fine Seth stava
per soccombere, quando Iside cominciò ad intromettersi, a supplicare il
figlio perché il massacro avesse termine : dopo tutto, Seth era suo
fratello e marito della diletta sorella Neftis. Horo, in uno scatto
d'ira, taglio la testa alla madre. Thot la guarì subito ponendole, al
posto della sua, una testa di mucca. La battaglia riprese e durò
all'infinito senza vincitori né vinti. S'intromise allora
autoritariamente Thot, che guarì Seth ma gli impose di restituire
l'occhio a Horo. La luna tornò a risplendere. Intervennero allora anche
gli altri dei e posero la questione al giudizio di Thot. Fu un processo
fiume che durò ottant'anni. Seth accusò Horo di non essere figlio di
Osiride, essendo nato troppo tempo dopo la morte del vantato padre. Horo
controbatté tacciando Seth di malafede ; e alla fine il Divino
Tribunale sentenziò che Horo avesse il regno del Basso Egitto e Seth
quello dell'Alto Egitto. Il tutto, secondo Manetone, sarebbe avvenuto
13.500 anni prima di Menes".
IL MIO COMMENTO:
Era prassi comune delle antiche civiltà la divinizzazione di personaggi straordinari (come anche l'architetto e medico Imhotep), che, dopo la loro morte, venivano associati a fenomeni rigenerativi e vitali della natura, come Osiride: re antidiluviano realmente esistito, la cui memoria, persa nella notte dei tempi, viene racchiusa nei simboli e nella ben conosciuta leggenda, il cui profondo significato, legato a fatti reali, viene tramandato nei millenni segretamente tramite il legamonismo iniziatico. Che gli antichi egizi fossero gli eredi di una civiltà che affonda le radici in periodi inimmaginabili lo dimostra il fatto che gli egizi stessi avevano perso memoria dell'origine della propria cultura, tranne, ovviamente, coloro che conservavano e si tramandavano segretamente le chiavi dell'antica conoscenza: i casati reali e i sacerdoti iniziati, uno dei quali fu Manetone, in epoca tolemaica, che scrisse in greco la storia dell'Egitto facendo risalire l'origine della civiltà e cultura egizia addirittura a 35.000 anni fa, nell'epoca nota come quella "degli dèi". Menetone divise infatti la storia egizia in tre periodi: quello degli dèi, dei semidei e degli uomini. Non esiste motivo alcuno per cui non dobbiamo aver fiducia in ciò che un'importante sacerdote egizio si è premurato di tramandarci, trascrivendo antichi testi perduti dei quali potè usufruire per la stesura della sua opera. L'antichità volutamente nascosta della civiltà egizia la si può evincere benissimo anche solo dal fatto che fu la più progredita di ogni altra al mondo, civilmente e culturalmente, perciò potremmo dunque immaginare, se risalisse appena all'epoca del re Menes, che il percorso fu fatto al contrario, partendo dal vertice per poi discendere, visto che anche le grandi piramidi (le prime) non furono mai uguagliate. Questo spiega il filo rosso comune che lega le leggende di tutte le civiltà antiche del mondo e la condivisione di simbologie che accomunano tutti i continenti. Non vi è, infatti, altro dio al di fuori dell'uomo che ha trovato se stesso attraverso la conoscenza e diventa utile universalmente, innalzandosi sopra i suoi simili: questa era la funzione primordiale del re, ovvero "il migliore" degli uomini, che assumeva, pertanto, il diritto di governare e di essere obbedito, ovvero "riconosciuto" dalla popolazione. L'Uomo-dio specchio non deforme ma perfetto dell'universo: Osiride, il faraone, il cui potere non era in funzione di interessi egoistici, ma per il bene dell'umanità. (Alessia Birri)
IL MIO COMMENTO:
Era prassi comune delle antiche civiltà la divinizzazione di personaggi straordinari (come anche l'architetto e medico Imhotep), che, dopo la loro morte, venivano associati a fenomeni rigenerativi e vitali della natura, come Osiride: re antidiluviano realmente esistito, la cui memoria, persa nella notte dei tempi, viene racchiusa nei simboli e nella ben conosciuta leggenda, il cui profondo significato, legato a fatti reali, viene tramandato nei millenni segretamente tramite il legamonismo iniziatico. Che gli antichi egizi fossero gli eredi di una civiltà che affonda le radici in periodi inimmaginabili lo dimostra il fatto che gli egizi stessi avevano perso memoria dell'origine della propria cultura, tranne, ovviamente, coloro che conservavano e si tramandavano segretamente le chiavi dell'antica conoscenza: i casati reali e i sacerdoti iniziati, uno dei quali fu Manetone, in epoca tolemaica, che scrisse in greco la storia dell'Egitto facendo risalire l'origine della civiltà e cultura egizia addirittura a 35.000 anni fa, nell'epoca nota come quella "degli dèi". Menetone divise infatti la storia egizia in tre periodi: quello degli dèi, dei semidei e degli uomini. Non esiste motivo alcuno per cui non dobbiamo aver fiducia in ciò che un'importante sacerdote egizio si è premurato di tramandarci, trascrivendo antichi testi perduti dei quali potè usufruire per la stesura della sua opera. L'antichità volutamente nascosta della civiltà egizia la si può evincere benissimo anche solo dal fatto che fu la più progredita di ogni altra al mondo, civilmente e culturalmente, perciò potremmo dunque immaginare, se risalisse appena all'epoca del re Menes, che il percorso fu fatto al contrario, partendo dal vertice per poi discendere, visto che anche le grandi piramidi (le prime) non furono mai uguagliate. Questo spiega il filo rosso comune che lega le leggende di tutte le civiltà antiche del mondo e la condivisione di simbologie che accomunano tutti i continenti. Non vi è, infatti, altro dio al di fuori dell'uomo che ha trovato se stesso attraverso la conoscenza e diventa utile universalmente, innalzandosi sopra i suoi simili: questa era la funzione primordiale del re, ovvero "il migliore" degli uomini, che assumeva, pertanto, il diritto di governare e di essere obbedito, ovvero "riconosciuto" dalla popolazione. L'Uomo-dio specchio non deforme ma perfetto dell'universo: Osiride, il faraone, il cui potere non era in funzione di interessi egoistici, ma per il bene dell'umanità. (Alessia Birri)
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