lunedì 12 novembre 2018

PROGRESSO E CONDIVISIONE (di Stephen Hawking)


15 mar 2018



 (da un Intervista all'Huffington Post) - testo in italiano - inglese

"Se le macchine producono tutto ciò di cui abbiamo bisogno, il benessere dipenderà dal modo in cui le cose vengono distribuite. Tutti possono godersi una vita di lusso se la ricchezza prodotta dalle macchine è condivisa, altrimenti la maggior parte delle persone può restare miseramente povera con la tecnologia che guida l'ineguaglianza sempre crescente."

"If machines produce everything we need, the outcome will depend on how things are distributed. Everyone can enjoy a life of luxurious leisure if the machine-produced wealth is shared, or most people can end up miserably poor if the machine-owners successfully lobby against wealth redistribution. So far, the trend seems to be toward the second option, with technology driving ever-increasing inequality."

Queste affermazioni di STEPHEN HAWKING pubblicate sull'HUFFINGTON POST l'8 ottobre 2015, dovrebbero illuminare le grette menti di tutti coloro che "pensano" che i problemi dell'umanità e del suo futuro siano il progresso e le nuove tecnologie, chiamando in causa "la tutela dei posti di lavoro", accampando ogni scusa per attentare al libero pensiero su Internet, accusando il progresso tecnologico del degrado ambientale, mentre la realtà semplice e accessibile anche alla mente di un bambino è questa:

punto 1°: lo sviluppo delle tecnologie dovrebbe permettere all'umanità di affrancarsi dal giogo del lavoro, permettendo a masse sempre più numerose di usufruire del tempo libero per il progresso delle proprie potenzialità e la realizzazione delle proprie aspirazioni; pensiamo a come potrebbe essere accellerata l'evoluzione universale in seguito a queste nuove condizioni; ma finchè le nuove tecnologie saranno al servizio di profitti privati, ovviamente i loro benefici non si potranno realizzare. Ricordiamo sempre: il lavoro non è un valore, è uno strumento, un mezzo, e in quanto tale lo scopo del progresso è l'emancipazione dal suo giogo; il fatto che nella società moderna il lavoro sia stato letteralmente idolatrato la dice lunga sulla condizione di asservimento al profitto di pochi (i più furbi) della maggior parte della popolazione.

Punto 2°: la nascita di Internet rimarrà nella storia come la prima grande opportunità di interconnessione delle coscienze fra tutti i cittadini del mondo, uno strumento olistico, uno spartiacque, il primo passo verso la democratizzazione e la condivisione del pensiero, che viene affrancato dal controllo di gruppi elitari e di regime. Gli intellettuali accademici hanno sempre denigrato ed accusato Internet delle più disparate turpitudini, terrorizzati dal fatto di non avere più il monopolio del pensiero, diffondendo nei mass media tutte le loro più turpi profezie di sventura. Il cittadino pensante e responsabile ha il DOVERE di usare la Rete per la diffusione del proprio pensiero e per il risveglio delle coscienze, mentre per il mediocre Internet non è altro che un mezzo come un'altro per riempire il suo vuoto esistenziale.

Punto 3°: accusare lo sviluppo della tecnologia del degrado ambientale è la somma delle fandonie, perchè se non ci fosse il consumismo e se la ricerca fosse libera e non controllata dal profitto privato, già da tempo ci saremmo liberati dall'energia dei combustibili fossili ed inquinanti, avvantaggiando la ricerca sull'energia pulita; ma non credo che gli sceicchi dell'Arabia Saudita sarebbero molto d'accordo! Allo stesso modo se la produzione di beni corrispondesse alle reali necessità delle popolazioni, e non fosse legata al consumismo e alla crescita assumendo lo stesso comportamento delle particelle tumorali, il pianeta di certo ringrazierebbe e tutti potremmo vivere in un ambiente sano in armonia con la Natura.

Dulcis in fundo: la collettivizzazione dei mezzi di produzione, l'uguaglianza sociale e l'equa distribuzione delle risorse saranno i presupposti fondamentali per la sopravvivenza dell'umanità. Non siamo in troppi, non abbiamo superato il limite del progresso, non siamo una specie fondamentalmente egoista, abbiamo una malattia: il capitalismo.

Alessia Birri
 
 
 
 

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